L’altro ieri, 4 novembre, era l’anniversario della Vittoria. E la Commissione contenziosa del Senato doveva riunirsi in camera di consiglio per pronunciarsi sui ben 771 ricorsi presentati da ex senatori per il taglio dei loro vitalizi deliberati dal Consiglio di presidenza di PalazzoMadama, con effetto dal primo gennaio scorso.Così non è stato per un colpo di scena dell’ultima ora. La riunione non si è tenuta per il semplice fatto che la vicepresidente della Commissione, la grillina Elvira Lucia Evangelista, si è dimessa. E non si è negata il piacere di dire il perché.

La Notizia ha raccolto le motivazioni della vicepresidente pentastellata.

Lei ha precisato che la questione non riguarda il merito. No, piuttosto il clima che si è determinato in seno alla Commissione in seguito alle rivelazioni che la stessa Notizia e il Fatto Quotidiano avevano pubblicato grazie all’ausilio di una misteriosa gola profonda. La pietra dello scandalo, per il vero, lascia perplessi. Tra i ricorrenti c’era anche Francesco Nitto Palma, capo di gabinetto della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, il quale da tempo conosce due componenti della predetta Commissione. E precisamente il presidente Giacomo Caliendo, senatore di Forza Italia, e Cesare Martellino, ex magistrato. Tutto qui. A ogni buon conto, allo scopo di stemperare ogni polemica, Nitto Palma ha ritirato il ricorso. Comunque, tanto per essere chiari, non è affatto detto che un’eventuale vittoria dei ricorrenti si estenda anche a quest’ultimo.

A questo punto, non restava altro che confermare la camera di consiglio e decidere sui ricorsi. E invece no. La vicepresidente Evangelista ha sibillinamente dichiarato che alla luce di quanto pubblicato dai giornali nei giorni scorsi «il nostro Collegio non mi è parso più equidistante dagli interessi in gioco». Insomma, uno stato d’animo, il suo, una sensazione tipicamente femminile. E nulla più.

Se non avesse prevalso il predetto stato d’animo, la Evangelista, per sua stessa ammissione, sarebbe probabilmente entrata in camera di consiglio e avrebbe votato in dissenso «rispetto ad un eventuale annullamento della delibera». Voce dal sen fuggita.

Ed ecco la vera motivazione.

Si dimette e scappa con il pallone perché – quando si dice il fiuto di Sherlock Holmes – ha sentore che la Commissione a maggioranza è seriamente intenzionata ad annullare la delibera che ha tagliato i vitalizi.

Se non è rivelazione di segreto d’ufficio, beh poco ci manca.

Rimasta in minoranza, la vicepresidente si abbandona all’ostruzionismo. Perché a seguito delle sue dimissioni, dovrà subentrare nella Commissione uno dei due membri supplenti a discrezione della presidente del Senato. E così tutto dovrà ricominciare daccapo.

Dall’udienza pubblica, con un esercito di avvocati pronti a dire la loro. Campa cavallo.

Ma non è finita qui. Non poteva mancare una perla da Stato etico. Questa: a sommesso avviso della sullodata vicepresidente grillina «l’affidamento dei privati soccombe sempre rispetto ad esigenze pubbliche».

Il divino Hegel la promuoverebbe a pieni voti, ma i padri della nostra Costituzione repubblicana sul punto avrebbero parecchio da ridire. E la boccerebbero inesorabilmente.

A riprova poi che tutti i salmi finiscono in gloria, ecco il suo modesto suggerimento alla Casellati: «Per sgombrare il campo da ogni possibile strumentalizzazione, prenderei in considerazione l’idea di rivedere la composizione della Commissione». Si presume finché non sarà nominata una Commissione che in tutto e per tutto dia pienamente ragione alla nostra imperdibile cocca pentastellata. Che, per finire in bellezza, rovescia come un calzino la consolidata giurisprudenza della Coste costituzionale. Perché ha l’ardire di sostenere che la delibera sul taglio dei vitalizi rispetterebbe i principi della proporzionalità, della prevedibilità e della ragionevolezza.

La senatrice Evangelista è un avvocato. Ma, in questo caso, minaccia di apparire il classico avvocato delle cause perse.