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Renzi Meloni premier
«Ci sono dati che di fatto vi faranno pensare. Hanno arrestato i miei genitori con un provvedimento subito annullato, hanno sequestrato i telefoni dei miei amici non indagati, hanno cambiato nomi nei documenti ufficiali per indagare sulle persone a me vicine, hanno scritto il falso in centinaia di articoli, hanno pubblicato lettere privatissime tra me e mio padre, mi hanno fotografato negli autogrill e mentre uscivo dal bagno di un aereo, hanno controllato e pubblicato tutte le voci del mio estratto conto, hanno violato la Costituzione per controllare i mie messaggi di Whatsapp …» e per far tutto ciò «hanno coinvolto strutture dei servizi di intelligence non solo italiani».
A scrivere le cose che avete appena letto è stato Matteo Renzi ex presidente del Consiglio dei ministri ed attuale senatore e a commettere una lunga serie di reati nei suoi confronti sarebbero stati magistrati, appartenenti alle forze dell’ordine, pubblici funzionari. Sullo sfondo si intravedono alcuni politici ma giocano la partita solo di rimessa dal momento che il pallone è sempre in possesso di forze oscure (ma non tanto) che operano all’interno dello Stato. Non sono mai, (ma proprio mai), stato “renziano” ma mano che la matassa si dipana mi pare evidente che le accuse mosse contro il senatore fiorentino saranno difficilmente sostenibili in un giusto processo. Sarà il tempo a farci capire meglio le cose ma è certo che nel suo libro Renzi, fa intravedere con chiarezza la febbrile attività di un sistema inquirente che opera nel “cuore” dello Stato e conta sul sostegno attivo di parte importante degli organi di informazione di massa. Nel libro si delinea un tentativo di “linciaggio” mediatico contro un uomo che ha ricoperto e ricopre incarichi di primissimo piano, dei suoi familiari e dei suoi amici personali e politici.
Una trama che ha come colonna sonora il lugubre rumore di manette e un continuo agitar del “cappio”. Gli “associati” pur avendo giurato fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione, non avrebbero esitato un attimo a violare le leggi di cui avrebbero dovuto essere custodi mettendo così in pericolo la libertà e la sicurezza dei cittadini e la legittimità dello Stato.
Ci troviamo in presenza di un libro inquietante perché, dopo la lettura, è impossibile non domandarsi cosa potrebbe succedere ( anzi, cosa succede) a un normale cittadino che dovesse capitare nel mirino di coloro che detengono il potere reale in Italia viste le cose successe ad un ex capo del governo della Repubblica che dispone intanto dell’immunità parlamentare e quindi di amicizie, denaro e che forse potrebbe contare su un circuito di potere alternativo rispetto a quello che ha tentato di fargli scacco matto. In qualche modo, penso di sapere quello che succede alle tantissime persone che capitano dentro il tritacarne kafkiano che è la “giustizia” in Italia e per come riesco da oltre quarant’anni cerco di raccontare le loro storie, in particolare di coloro che abitano in una terra a zero democrazia come la Calabria. Parlo dei superstiti delle tante tempeste giudiziarie che hanno sconvolto molte vite di innocenti segnandoli per sempre.
Se potessi vorrei invitare il senatore Renzi in Calabria. Potrei fargli conoscere “casi” rispetto ai quali quanto successo a Lui è acqua fresca. Avrei una sola difficoltà: non potrei farlo parlare con i morti di crepacuore per non aver avuto giustizia. Morti che si aggiungono ad altri morti per mano mafiosa. In mezzo un popolo che deve abbassare la testa agli uni e agli altri e ci vuole molto coraggio ad alzare la testa.
Nel libro di Renzi non mi sembra che costoro abbiano avuto spazio. Comprendo perfettamente che l’autore non avrebbe potuto conoscere i singoli casi ma il segretario nazionale del Partito democratico, anche bendandosi gli occhi, avrebbe potuto e dovuto conoscere la particolare situazione della Calabria: le somme spese dallo Stato per ingiusta detenzione, la pesca con le reti a strascico in cui restano impigliati soprattutto gli innocenti, le sfilate in manette di persone successivamente assolte, le intercettazioni telefoniche di massa, la “vendetta” praticata con gli strumenti della giustizia, la paura che terrorizza la gente obbligandoli al silenzio sia rispetto ad una certa antimafia che alla mafia.
Evidentemente gli è sfuggita o i suoi amici calabresi non hanno avuto interesse a fargliela conoscere e questo lo porta a commettere altri errori. Per esempio Egli spara ad alzo zero e con molta precisione sui magistrati che hanno indagato Lui, i suoi genitori e i suoi amici ma il problema non è il nome del giudice. Si chiami Creazzo, Gratteri, Davigo o Di Matteo. I nomi sono passati e passano ma le storture restano, quindi Il problema vero è che la classe politica complice una legge elettorale truffa e una dirigenza golpista - non è davvero legittimata dal consenso, per cui alcuni magistrati si sono sentiti autorizzati a operare fuori e contro le leggi e la Costituzione. Costoro sono intoccabili, non pagano per i loro errori, impongono il silenzio stampa sulle loro stesse vittime, trovano complicità e protezione negli altri poteri dello Stato.
A questo punto Renzi deve scegliere se comportarsi da Nume offeso che cova una sua personale vendetta per “l’onta ricevuta”, oppure vuole essere un leader che, capace di autocritica rispetto alla sua stessa esperienza politica e governativa, intende battersi per il rispetto della Costituzione. In quest’ultimo caso gli rinnovo l’invito: “scenda” in Calabria ma non cerchi sempre le stesse persone e solo così potrà scoprire di ' che lacrime gronda e di che sangue' lo scettro dei detentori del potere.