Cacciari: «Insensato aumentare le spese militari senza una difesa comune Ue»
«Questo aumento è soltanto un simbolo di fedeltà al padrone, cioè alla Nato, e quindi agli Stati Uniti. Solo gli imperi aumentano costantemente gli armamenti e infatti lo fanno Usa, Russia e Cina». Parla Massimo Cacciari
Massimo Cacciari spiega che l’aumento delle spese militari fine al due per cento del Pil «è pura insensatezza», rifugge «il pacifismo astratto di chi dice che non si debba mai spendere per le armi a prescindere» e spiega che «ci vuole una politica estera comune europea, veramente unita e forte, che poi si doti giustamente di una politica di sicurezza chiara».
Cosa pensa del piano del governo per aumentare le spese militari?
È pura insensatezza. Dal punto di vista logico prima ancora che politico, etico o culturale. È del tutto evidente che un aumento di questa dimensione è ininfluente se manca una politica di sicurezza e di difesa militare europea. È pesante per noi e al tempo stesso insignificante in mancanza di una strategia comune.
In che modo potremmo arrivare a questo obiettivo?
Se si aumentano le spese militari, si decide razionalmente a livello europeo e ogni stato contribuisce a finanziare il progetto di una difesa comune. Questo sì che sarebbe sensato. Ma un aumento di un paese o di un altro per qualcosa di cui non si capisce nulla non ha senso.
I pacifisti si oppongono a qualsiasi tipo di aumento delle spese militari o di invio di armi a Kiev: è d’accordo?
La mia posizione non ha niente a che vedere con il pacifismo astratto di chi dice che non si debba mai spendere per le armi a prescindere. Si tratta tuttavia di spendere bene e di non buttare soldi a vanvera. Il progetto di una difesa comune europea è fallito all’inizio della storia comunitaria e ora che senso ha parlarne se non in senso utopistico visto che soltanto pochi anni fa un paese ha bombardato per conto proprio Libia e durante altre crisi ognuno è andato per conto suo?
Chi dovrebbe assumersi l’onere di parlare a nome dell’Europa?
Nessuno potrebbe farlo. Oggi siamo di fronte allo scandalo che l’Europa non conta nulla in questa tragica crisi e Russia e Ucraina si riuniscono attorno al tavolo del presidente turco Erdogan. Ma siamo seri? Come fate voi della stampa non scandalizzarvi per questo? Quello che sta accadendo è incredibile.
L’aumento delle spese militari tuttavia è richiesto dalla Nato e l’Italia ha preso l’impegno già da anni. Dovremmo quindi tornare indietro?
Questo aumento è soltanto un simbolo di fedeltà al padrone, cioè alla Nato, e quindi agli Stati Uniti. Solo gli imperi aumentano costantemente le spese militari e infatti lo fanno Stati Uniti, Russia e Cina. Se l’Europa fosse un impero potrebbe giustamente aumentarle. Ma la Nato è semplicemente un'organizzazione di difesa militare, non fa politica.
Cosa dovrebbe fare dunque il governo?
Che spendano per lo stato sociale, per gli asili, per il sostegno alle famiglie, per il diritto allo studio, per la sanità. Mi sembra che siano tutti impazziti. Ci vuole una politica estera comune europea, veramente unita e forte, che poi si doti giustamente di una politica di sicurezza chiara. Non sono un antimilitarista ma finché non si arriva a questo punto ogni spesa è buttata via.
Come usciranno da questa crisi gli imperi che ha citato?
C’è un rafforzamento radicale dell’egemonia americana sulle politiche europee e questo è un effetto evidente della crisi. Bisogna vedere come si evolve la situazione ma certamente ora da un punto di vista economico gli Usa non ci stanno rimettendo nulla. Questo lato politico potrebbe tuttavia essere ampiamente compensato in negativo da un consolidamento dei rapporti tra Russia e Cina.
A proposito di Cina, la stanno tirando tutti per la giacchetta: pensa che mollerà l’alleato russo?
Non c’è mai stata una vera alleanza tra Russia e Cina. Magari si determinerà ora per compensare il rafforzamento americano sullo scacchiere europeo, ma Pechino cercherà finché può di stare a guardare come all’epoca del Vietnam. Aspetta di capire se i due vincitori della seconda guerra mondiale, cioè Stati Uniti e Russia, continueranno a indebolirsi reciprocamente. Certo non può stare a guardare da posizioni neutrali come fosse la Svizzera.
E la Russia?
L’avanzamento russo si è fermato perché non siamo più ai tempi della seconda guerra mondiale. Oggi c’è un’opinione pubblica mondiale che influisce e ormai il grande non può più fare il bullo con il piccolo come una volta. Questo è evidente già dalla guerra del Vietnam, quando agli Stati Uniti bastava gettare la bomba atomica su Hanoi e avrebbero vinto la guerra in cinque minuti. Ma non l’hanno fatto. Non potevano farlo.
Perché allora iniziare una guerra come questa?
O è stato un errore folle di Putin, sulla base di un intelligence sciagurata che gli ha raccontato che sarebbero arrivati a Kiev come arrivarono a Praga o a Budapest; oppure qualcuno gli può aver fatto credere che dell’Ucraina non sarebbe importato a nessuno. In ogni caso, Putin ha preso un abbaglio evidente.
E ora?
Ora i russi sono impantanati. Il punto è quanto durerà questo stallo prima che succeda qualcosa di irreversibile. In una situazione così drammatica l’errore può sempre capitare e quindi dobbiamo arrivare a una tregua.
Su che basi?
Credo che in Russia ci siano larghi settori dello stato maggiore favorevoli a che questa guerra finisca presto. Chi può, Cina o Turchia che sia, medi tra russi e americani e si trovi un accordo. La linea della trattativa è di una semplicità elementare, se si vuole. Può darsi che da parte americana ci sia la volontà di andare avanti con la guerra all’infinito così da indebolire la Russia, ma l’accordo è a portata di mano.
Cioè?
Riconoscimento dell’autonomia di Donbass e Crimea, che sono aree praticamente già russe, e sovranità del resto dell’Ucraina che poi deciderà in autonomia se avvicinarsi alla Nato e all’Ue.