Beppe Grillo ci ricasca. E come all’inizio della sua esperienza politica prova a dettare la linea non solo ai suoi seguaci ma anche all’informazione.

Così, il rifondatore del Movimento 5 Stelle, smanioso di tenere sotto controllo l’intero processo di mutazione genetica della sua creatura, pubblica un post sul suo Blog intitolato L’etica dell’informazione. Di etico, in realtà, a spulciare tra le parole vergate dal garante pentastellato c’è ben poco.

Evidente, invece, è il vademecum, se non l’editto, di Beppe sul sistema di comunicazione. Il senso del messaggio, riassunto all’osso, è: se volete ospiti del M5S in studio dovete fare come dico io. E come dice Grllo? Così: «Chiediamo che i nostri portavoce, ospiti in trasmissioni televisive, siano messi in condizione di poter esprimere i propri concetti senza interruzioni di sorta per il tempo che il conduttore vorrà loro concedere, e con uguali regole per il diritto di replica, che dovrà sempre essere accordato». Giusto, sacrosanto. Ma non finisce qui: «Chiediamo, inoltre, che i nostri portavoce siano inquadrati in modalità singola, senza stacchi sugli altri ospiti presenti o sulle calzature indossate, affinché l’attenzione possa giustamente focalizzarsi sui concetti da loro espressi».

In un solo istante Grillo si improvvisa giornalista, regista, cameraman e chissà che altro. Detta le condizioni per avere i suoi parlamentari in televisione. Come fossero suoi, davvero. Sembra esser tornati all’epoca in cui per avere un grillino in studio bisognava garantire l’assenza di contraddittori politici. Un giornalista al massimo e nessun esponente di altri partiti. Insomma, Grillo ci ricasca. Ma l’errore è il nostro che glielo abbiamo sempre permesso.