Il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, in un incontro del 23 giugno in presenza delle società importatrici di gas, ha rassicurato sulla possibilità di riempire al 90% gli stoccaggi italiani di gas, entro fine anno, così da poter stare tranquilli nel prossimo inverno, anche con il taglio del 50% delle forniture russe di gas. Insomma, mentre il ministro decide di non alzare il livello di allarme, il suo omologo tedesco si preoccupa, e annuncia che ci potranno essere razionamenti in Germania.

Ma possiamo veramente stare tranquilli? I numeri non sembrerebbero dare tutta questa tranquillità, e le stesse cifre citate da Cingolani non sembrano essere sempre corrette.

Premesso che in queste pagine il 22 giugno scorso si è dimostrato che il taglio effettivo delle forniture russe di gas è per il momento del 10%, e non del 50% ( con la conseguenza che ancora non sentiamo il peso di un eventuale blocco dell’export russo di gas), Cingolani però si dimentica di considerare la possibilità che le forniture russe di gas, attualmente pari a 34 milioni di metri cubi al giorno ( come indicato da fonti dell’Eni), potrebbero cessare da un giorno all’altro, ipotesi tutt’altro che remota, tanto più che i politici russi dimostrano di impazzire ogni giorno di più, come dimostra l’affer-mazione clamorosa di un deputato russo, Yevgeny Fedorov, che ha proposto di ritirare il riconoscimento russo dell’indipendenza della Lituania, con la conseguenza che i russi ( se questo dovesse avvenire) potrebbero ritenersi nel diritto di annettersi anche questa repubblica baltica, il tutto per garantirsi un corridoio per Kaliningrad.

Ma veniamo ai numeri, e ai meccanismi concreti degli stoccaggi di gas in Italia per capire se veramente possiamo stare tranquilli. Considerato che l’Eni ha fatto sapere di essere in grado di sostituire le forniture russe nel corso del 2022 solo per il 50%, e nella misura del 100% solo a fine 2024, c’è da chiedersi se effettivamente il nostro paese è in grado di cavarsela in caso di blocco del flusso di gas dalla Russia.

In primo luogo va considerato che negli ultimi anni l’Italia ha un consumo annuo di 70- 75 miliardi di metri cubi, come risulta dal Bollettino statistico annuale dell’Opec del 2021 ( l’ultimo disponibile), di cui il 95% è importato. Nel 2021 ha importato dalla Russia 29 mld di metri cubi, e quindi il 50% dovrebbe significare un importo che si aggira intorno ai 15 mld di metri cubi l’anno.

Per stare tranquilli, bisognerebbe avere quindi 15- 25 mld di metri cubi, visto che nel 2023 il gas russo potrà essere sostituito solo al 80%.

Ma le cose non stanno così.

In Italia lo stoccaggio del gas, per finalità commerciali e strategiche, è gestito prevalentemente da una società del gruppo Snam, ossia la Stogit. Come fanno sapere fonti della Snam, la Stogit dispone di 9 siti per il deposito del gas, che sono costituiti da vecchi giacimenti italiani, oggi esauriti, che avendo svolto per milioni di anni la funzione di contenimento del gas naturale, fino alla scoperta del giacimento, possono altrettanto bene continuare a svolgere la funzione di deposito.

Ai 9 siti della Stogit, se ne aggiungono altri 4, gestiti da altri operatori italiani. La capacità complessiva di questi siti di stoccaggio è di 17,5 miliardi di metri cubi del gas, di cui 4,5 mld sono destinati alle cosiddette riserve strategiche. Stogit ( Snam) mette a disposizione le proprie infrastrutture di stoccaggio, gestite in regime di concessione, agli operatori che acquistano e vendono gas, che vengono attribuite attraverso aste, che possono essere su base settimanale o mensile.

Gli operatori di gas riempiono i depositi commerciali in estate, quando la domanda è minore, e prelevano il gas dai siti di stoccaggio nella stagione più fredda, che presenta ritmi di consumo 3/ 4 volte superiori.

Con le riserve strategiche ( se al 100%), pari a 4,5 mld di metri cubi di gas, si ha la possibilità di coprire appena il 7- 8% del consumo annuale dell’Italia. In pratica circa un mese di consumo. Va però tenuto conto che dalla Snam fanno sapere che gli stoccaggi complessivi italiani ( strategici e commerciali) sono pieni al 55% ( quindi, circa 10 mld di metri cubi, dato confermato dal Ministro Cingolani), che rappresenta un terzo del flusso di gas della Russia che ha avuto luogo nel 2021, e due terzi dei 15 miliardi di metri cubi di gas russo, che rappresentano quel 50% della fornitura russa che ancora in questo inverno 2022 non siamo in grado di sostituire con i nuovi acquisiti di gas previsti dai contratti sottoscritti dall’Italia negli ultimi mesi ( Algeria, Angola, Congo, Egitto, Qatar). Insomma, per ora, nella peggiore delle situazioni, mancherebbero all’appello in questo inverno almeno 5 mld di metri cubi, e anche se le riserve arrivassero al 100%, considerato che nel 2023 il grado di sostituzione delle importazioni russe di gas sarebbe al 80%, ci troveremmo comunque in una situazione di elevato rischio ( basterebbe una momentanea interruzione di un gasdotto, o un ritardo nell’arrivo delle navi che portano il gas, per dover razionare le forniture).

In conclusione non si capisce perché, per motivi prudenziali, non si dichiari, come in Germania, uno stato di allarme. Questa ed altre domande non è stato però possibile porle al Ministero della Transizione Ecologica ( Mite), visto che chi scrive ha provato per 2 giorni a contattare direttamente, ed anche indirettamente tramite altri uffici, l’ufficio stampa del Mite, senza però riuscire a parlare con nessun addetto stampa.

Non resta che sperare che in caso di emergenza, ossia di taglio delle forniture di gas dalla Russia, il Mite sia più reattivo del proprio ufficio stampa.