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Gentile direttore, leggo sul suo giornale un articolo dal bizzarro titolo “Selvaggia Lucarelli e il vizio di confondere la difesa dell’imputato con la difesa del reato”. Segue una lunga lista di casi di avvocati minacciati e insultati per aver difeso assassini e stupratori. A questa lunga lista, appunto, viene associato un mio tweet che nulla ha a che fare con l’argomento trattato. Il tweet era: “Liliane Murekatete, moglie di Soumahoro, si è affidata a Lorenzo Borrè, ex avvocato di Priebke. Qualcuno dovrebbe spiegarle che anche tra gli avvocati griffati c’era qualcosa di meglio, a livello di comunicazione”. Dunque, sottolineavo il rischio di un inciampo in chiave di comunicazione, visto che la signora è accusata di aver violato diritti umani e di aver danneggiato la sinistra e ha scelto di rivolgersi a un avvocato ex Fronte della gioventù, noto soprattutto per aver difeso Priebke. La mia perplessità era per giunta sensata, visto che molti giornali hanno riportato la notizia della curiosa scelta di quell’avvocato (per giunta già data da Il Fatto prima di me), confermando una mossa comunicativa poco indovinata. Per il resto, sottolineo che io stessa in passato mi sono rivolta a uno dei tanti avvocati di Priebke, quindi direi che l’accusa di associare gli avvocati ai reati di cui si occupano non dovrebbe riguardarmi. E dovreste essere così gentili da non includermi in ragionamenti così barbari e semplicistici. Grazie, Selvaggia Lucarelli Gentile Selvaggia Lucarelli, la sua “precisazione” ci fa molto piacere. Come avrà capito noi del Dubbio siamo parecchio sensibili all’argomento e “ossessionati” dai numerosi inciampi logico-dialettici per i quali gli avvocati diventano magicamente complici se non addirittura correi dei propri assistiti. È capitato spessissimo in passato, e continua ad accadere ogni giorno. E le posso assicurare che la nostra Valentina Stella, nel suo articolo, ha mostrato solo una parte della macelleria dei diritti e del massacro che subiscono sia gli avvocati sia gli indagati, la cui presunzione di innocenza è quotidianamente asfaltata da una informazione, quella sì, semplicistica e barbara. D’altra parte siamo certi che lei sia perfettamente in grado di distinguere tra le due categorie: tra chi esercita il diritto alla difesa di ognuno di noi e chi è invece accusato di aver commesso delitti spesso orrendi, come nel caso di Priebke. Ciò non toglie che anche nel suo tweet ci sembra di rintracciare un paio di sbavature. Nel momento in cui anche lei scrive che la signora Liliane Murekatete, la moglie di Soumahoro, avrebbe fatto bene a scegliersi un avvocato diverso dal difensore di Priebke, ammette implicitamente che sì: talvolta la sovrapposizione tra avvocato e cliente è fisiologica, inevitabile. Provo ad anticipare la sua legittima obiezione: “Io non ho mai detto che la signora Liliane Murekatete avrebbe dovuto scegliere un altro legale perché identifico l’avvocato di Priebke con i reati commessi dal suo vecchio assistito; io l’ho fatto perché conosco il mondo della comunicazione e so bene che questo argomento sarebbe stato usato contro di lei”. Cosa che - gliene diamo atto - è puntualmente accaduta. E qui siamo alla seconda obiezione: ammettere che la scelta di un avvocato possa condizionare l’opinione pubblica, significa infatti cedere alla mediatizzazione del processo penale, vero male della nostra giustizia. È questo, gentile Lucarelli, che abbiamo cercato di mettere in luce. E confidando di avere una nuova alleata contro la carneficina dei diritti e il massacro della reputazione dei nostri avvocati, siamo certi che la avremo accanto nelle nostre battaglie quotidiane. Davide Varì, direttore de Il Dubbio