È un incantesimo? Come siamo passati dal blocca- prescrizione alla tutela della presunzione d’innocenza? «La Costituzione ha una propria forza straordinaria. E questo governo ha come stella polare, anche sulla giustizia, il ritorno ai principi della nostra Carta», risponde Francesco Paolo Sisto. Sottosegretario alla Giustizia e da anni paladino del garantismo che, dice, «Forza Italia ha sempre praticato con tutti, anche con gli avversari politici», Sisto è anche tra i principali fautori del decreto legislativo che attua la direttiva Ue 343 del 2016 sulla presunzione d’innocenza. Ieri ha preso il via l’iter che condurrà le commissioni Giustizia di Camera e Senato all’approvazione dei pareri da trasmettere al governo ( entro fine settembre) sul testo varato a inizio agosto in Consiglio dei ministri. «Dal Parlamento attendiamo senz’altro possibili sollecitazioni migliorative», osserva Sisto.
C’è un obiettivo, una strada da percorrere tutti insieme: riconciliare. Questo governo ha come obiettivo la riappacificazione del cittadino con la giustizia, dell’accusa con la difesa, della magistratura con la politica. Basta stringersi attorno alla Costituzione, secondo l’invito che la ministra Marta Cartabia ha rivolto fin dal primo giorno. Vogliamo restituire al Paese la dignità costituzionale.
Si tratta di misure che hanno un’efficacia anche in termini di prevenzione, oltre che sul piano sanzionatorio. Vincolano le autorità pubbliche, e non solo quelle giudiziarie, a non indicare come colpevole indagati e imputati finché le responsabilità non siano stabilite da una sentenza definitiva. In realtà si tratterebbe di norme inutili se il principio espresso all’articolo 27 della Costituzione fosse sempre stato rispettato, ma sappiamo che gli abusi dei pochi hanno vanificato la correttezza dei più. E ripeto: si introducono meccanismi destinati a prevenire, oltre che sanzionare, comportamenti e atti lesivi.
Con un passaggio chiave indicato all’articolo 2 del decreto: il diritto di rettifica.
C’è un’evidente analogia. Fatte salve le sanzioni penali e disciplinari, recita il testo del provvedimento, si istituisce un obbligo di rettifica e dell’eventuale risarcimento per il danno causato. E innanzitutto, si noterà come rispetto a una sanzione penale o disciplinare, che potrà arrivare al termine di un lungo accertamento, qui i rimedi sono immediati. Sono tutt’altro che tardivi, e perciò davvero efficaci.
L’articolo 2 impone all’autorità giudiziaria di procedere a rettifica di quanto comunicato in precedenza, se appunto la persona indicata ingiustificatamente come colpevole lo richiede. E se alla richiesta di rettifica non viene dato seguito, o comunque non viene assicurata adeguata diffusione, l’interessato può chiedere entro 48 ore un provvedimento d’urgenza al Tribunale.
Sì, in tempi come detto rapidi, e soprattutto con un meccanismo particolarmente incisivo, al punto da prevenire le violazioni. Perché a un magistrato non fa certo bella figura nel momento in cui il Tribunale gli ordina di rettificare un comunicato o una dichiarazione resa nell’ambito di una conferenza stampa. Come si vede si tratta di una tutela non solo general preventiva, ma anche special preventiva.
Lo stabilisce l’articolo 3, che consente al procuratore della Repubblica, o a un magistrato dell’ufficio a cui il capo abbia assegnato tale funzione, di tenere i rapporti con la stampa solo attraverso comunicati. In casi di particolare rilevanza dell’indagine, o quando strettamente necessario, si potranno tenere conferenze stampa, ma com’è evidente, visto il richiamo a non additare gli indagati come colpevoli, non assisteremo più alle feste cautelari del passato.
Nel testo del decreto c’è un passaggio che consente al procuratore della Repubblica di autorizzare anche la polizia giudiziaria a incontrare i giornalisti affinché possa dare informazioni sugli atti di indagine a cui ha partecipato. Ma sul punto potrà essere utile una riflessione approfondita delle commissioni parlamentari.
È un aspetto da valutare con attenzione. In ogni caso non sarà più possibile ricorrere a denominazioni lesive per indicare le operazioni d’indagine. Sembra una garanzia minima, ma è sicuramente un corollario all’idea affermata dal provvedimento: l’informazione sulle indagini, e in generale sulle accuse rivolte a chi è sottoposto a procedimento penale, non possono danneggiare l’interessato. Attenzione anche ai limiti previsti per gli atti formali della magistratura.
A quanto previsto dall’articolo 4 del decreto: nei provvedimenti diversi da quelli in cui si stabilisce la responsabilità della persona accusata vale sempre il divieto di indicare come colpevoli gli indagati e gli imputati. Divieto che non impedisce, naturalmente, al pubblico ministero di sostenere la colpevolezza della persona accusata, ad esempio, nelle richieste di misure cautelari. Ma anche qui il magistrato dovrà attenersi a un principio di sobrietà, e utilizzare gli elementi strettamente necessari all’adozione del provvedimento.
Nel decreto sulla presunzione d’innocenza si prevede che, qualora gli atti giudiziari abbiano contenuti contrari a quanto prescritto dall’articolo 4, la persona accusata ha dieci giorni di tempo per chiedere che quegli atti vengano corretti. Va segnalata anche la norma che consente al difensore di consultarsi liberamente con l’assistito durante il dibattimento, fatte salve le cautele previste dall’articolo 474. E ancora, a proposito di atti formali, il pm ne può stabile la pubblicabilità, in deroga all’articolo 114, solo in casi in cui sia strettamente necessario alla prosecuzione dell’indagine.
Nel decreto che recepisce la direttiva Ue sono inserite, come si è visto, norme strutturate in modo cogente: la presunzione d’innocenza dovrà essere rispettata. Possiamo perciò dire che, di sicuro, eventuali violazioni non potranno non essere tenute in considerazione.
Credo che vadano riprese le tutele per il diritto all’oblio. Va evitato che, pur a fronte delle prescrizioni imposte alle autorità pubbliche, il web continui ad essere una sorta di casellario trash. Una ricettacolo non controllato di tutto il ciarpame mediatico giudiziario in circolazione.
Con questo decreto si traduce in diritto positivo, in norma viva e poi diritto vivente, un principio costituzionale, quello della presunzione di non colpevolezza. Così come avvenuto, con la riforma penale, per i principi di personalità della responsabilità, giusto processo e ragionevole durata. Siamo al recupero del decoro costituzionale, ripeto. Dobbiamo fare in modo che nel nostro Paese la sanzione non sia più quella invisibile e incoercibile del processo ma quella unica e vera della pena. E noi di Forza Italia siamo orgogliosi far parte di un governo da cui proviene un provvedimento che per la prima volta traduce in diritto positivo un principio di tale forza e civiltà.