“Veder rimbalzare sui social la notizia della vittoria nella causa che ho intentato contro Rai e Rai Com, in maniera così virale, segnala quanto interesse (per me affettuoso) abbia suscitato questa vicenda. Ma per evitare letture suggestive o errate, ritengo opportuno rilasciare una mia dichiarazione sulla vicenda e sulla sentenza emessa dal Tribunale di Roma, della quale naturalmente, e non lo nascondo, sono molto contento”. Comincia così una lunga nota che il maestro d'orchestra Beppe Vessicchio ha affidato all'Agi per commentare e ricostruire il contenzioso con Viale Mazzini.

“Il verdetto emesso dalla Sez. XVII in materia di Impresa del Tribunale di Roma - scrive Vessicchio - al di là della personale soddisfazione, rappresenta una decisione importantissima per l'intera industria discografica. L'oggetto della valutazione del Tribunale di Roma, a differenza di quanto riportato da alcuni titoli giornalistici, non attiene ai diritti di ‘autore’ delle musiche da me composte e utilizzate nel programma La Prova del Cuoco, bensì ai ‘diritti connessi’, cioè quelli relativi alle registrazioni discografiche degli stessi brani che, come lo stesso Tribunale di Roma ha accertato, spettavano a me attraverso la mia società Ciaosette che ne è proprietaria esclusiva. Non ho mai ceduto a Rai Com (neppure quando la stessa si chiamava Rai Trade) la proprietà di quelle registrazioni, e ho sempre cercato, al contrario, il legittimo riconoscimento economico per gli utilizzi che ne effettuava Rai come emittente televisiva facendo riferimento al cosiddetto ‘equo compenso’, spettante per legge (come stabilito dall'art. 73 della Legge sul diritto d'autore) per metà al produttore fonografico e per l'altra metà agli artisti interpreti ed esecutori”.

La sentenza, quindi, non solo ristabilisce la verità sui fatti accaduti e la legittimità dei diritti da me richiesti ma riafferma un principio fondamentale per tutto il settore e in particolare per i piccoli produttori musicali indipendenti: i proprietari delle registrazioni discografiche utilizzate nelle trasmissioni televisive (di Rai come di altre emittenti), hanno diritto a ricevere, unitamente agli artisti partecipanti alle registrazioni, l'equa remunerazione di legge anche se le registrazioni in questione risultassero utilizzate per la prima volta proprio nella specifica trasmissione, senza essere state in precedenza poste in commercio in modalità tradizionali (ad es. CD, streaming digitale etc.)”, si legge ancora nell'intervento del popolare direttore d'orchestra, volto noto della tv pubblica.

“Difatti alla mia richiesta di pagamento dei diritti, la contestazione opposta da Rai era proprio che le registrazioni delle mie musiche per "La Prova del Cuoco" non fossero state in precedenza poste in commercio. Nel mio caso però la verità era più complessa: quell'equo compenso a me spettante era stato in realtà già liquidato da Rai a favore di altro soggetto che, al mio posto, si era dichiarato (illegittimamente) proprietario delle registrazioni. Sapete chi? Rai Com, cioè la società interna che gestisce i diritti delle opere dell'ingegno appartenenti all'intero gruppo Rai. Ricapitolando: Rai da un lato negava che io avessi diritto all'equo compenso perché le mie registrazioni non erano state in precedenza commercializzate; dall'altro, contestando persino la mia proprietà delle registrazioni arbitrariamente attribuita a Rai Com (al tempo ancora denominata Rai Trade), liquidava quello stesso equo compenso a tale società, per le stesse registrazioni ritenute ‘non meritevoli’. Ciliegina sulla torta: poiché in qualità di artista avevo incassato parte di quell'equa remunerazione - pagata da Rai Com che aveva incassato il 100% -, RAI chiedeva che restituissi anche quelle somme (oltre al danno, la beffa), ritenendo fossero state pagate per errore, proprio perché quel diritto non esisteva. Per me no, per loro si, davvero incredibile”.

Prosegue la memoria del musicista: “Il Tribunale quindi, aderendo alla mia interpretazione della norma, ha accertato come RAI sia tenuta a pagare al sottoscritto l'equo compenso e, come artista interprete, io non debba restituire nulla, perché quelle somme mi erano dovute. Quindi finalmente giustizia per me, ma anche una vera rivoluzione per tutti coloro che, proprietari di registrazioni musicali utilizzate da Rai, si erano visti incredibilmente negare (non tutti in verità, altra torbida incongruenza) il riconoscimento di questo benedetto equo compenso. Preciso che si tratta di una sentenza parziale, poiché il Tribunale ha demandato a una consulenza tecnica d'ufficio, il compito di determinare il compenso che RAI dovrà liquidarmi e che dovrà essere calcolato sugli introiti incassati da RAI per il programma”.

“Tutto è bene quel che finisce bene? Si certo. Ma quello descritto è solo l'ultimo atto di un contenzioso lungo e preceduto da una fase stragiudiziale avviata già nel 2014. Il procedimento, infatti, è stato avviato solo nel dicembre 2018: ho quindi impiegato più di 4 anni per cercare, sempre con il dialogo, una via conciliante per il risanamento degli ammanchi che mi risultavano. Quando ebbi modo di confrontarmi con i dirigenti di Rai e Rai Com (trovatisi ad affrontare situazioni, in verità, generate in anni precedenti), mi veniva inizialmente risposto: ‘E' assurdo che sia potuto accadere’; oppure ‘Ogni maltolto sarà restituito’. Nonostante ciò, nulla si è mai mosso, e nel 2016 mi trovai costretto a contestare formalmente il mancato pagamento dei diritti connessi; dopo alcuni mesi di attesa, RAI mi rispose che non avevo diritto ad alcun pagamento, né fossi autorizzato a sfruttare le mie stesse registrazioni”.

“Fu allora - prosegue - che compresi che non avrei avuto altra scelta, se non quella di far causa alla Rai. E fu solo in quel momento che mi rivolsi al mio legale, l'Avv. Dario De Cicco, con il quale ho condiviso il percorso, le scelte e le strategie di questo difficile contenzioso così come condivido questo straordinario risultato”. “Per molti anni sono rimasto da solo, insieme ai miei legali, a dover fronteggiare le tesi (a mio avviso davvero incomprensibili) della RAI che negava, come ho detto, addirittura che io fossi il proprietario delle registrazioni. Udienze su udienze, rinvii su rinvii; poi la lunga pausa del Covid che ha dilatato molto i tempi di giustizia. Un periodo che mi ha portato non pochi dispiaceri, in primis non poter più lavorare in trasmissioni Rai (a meno che non transitassi tramite società in appalto che realizzavano per Rai: che ipocrisia): per motivi di opportunità, infatti, Rai non stipula contratti con soggetti in contenzioso con l'azienda. E per tali ragioni ho dovuto addirittura rinunciare alla co-conduzione di Sanremo 2019 propostami da Baglioni al fianco di Virginia Raffaele e Claudio Bisio”.

“Ma nel 2022, una parte dell'industria discografica decise di ascoltarmi. Si presentò da me l'indomito Sergio Cerruti, presidente dell'AFI, dicendomi di conoscere il mio caso e di volerlo sostenere con un intervento nel giudizio pendente, in adesione alla tesi giuridica sostenuta da me e dai miei avvocati. Grazie al sostegno - anche in dichiarazioni pubbliche - di Afi e del suo Presidente, cominciai a sentirmi meno solo: fondamentale è stato il lavoro di convincimento, graduale e costante (quasi ossessivo) nei confronti anche delle altre collecting rispetto alla fondatezza delle mie posizioni. Uno sforzo infine ripagato, visto che insieme ad Afi si univano ad adiuvandum nel giudizio altre collecting prestigiose come Audiocoop, Getsound, poi ancora Evolution e infine il Nuovo Imaie a tutela della parte artisti interpreti ed esecutori. Sino a quel momento nessuno si era schierato dalla mia parte, finalmente le cose erano cambiate”.

“E poi arriva, finalmente, questa incredibile sentenza: puntuale, precisa, completa (ben 39 pagine), oserei dire ineccepibile, frutto di un evidente approfondimento da parte del Collegio Giudicante chiamato a pronunciarsi su argomenti anche nuovi e di non semplice soluzione. Un provvedimento che non solo è conferma delle mie ragioni, ma che mi ripaga della fiducia che da sempre ripongo nella magistratura. Probabilmente la Rai, a seguito della sentenza definitiva (che dovrebbe arrivare nel 2024) proporrà appello: è un loro diritto. Ma come ho detto, ora mi sento meno solo. Ho dalla mia notevoli forze. Prima tra tutte l'essere convinto fermamente delle mie ragioni: in tanti mi avevano invitato a ‘lasciar perdere’, ma io anche nei momenti più difficili ci ho creduto, sostenuto prima di tutto da mia moglie e dalla mia famiglia. Ho dalla mia parte la professionalità e la competenza del mio avvocato, Dario De Cicco, e di tutto il mio staff legale che mi ha supportato in questi anni, sia nelle aule di tribunale che fuori; le associazioni di categoria, prima tra tutte l'AFI e il presidente Cerruti, che sono certo ritroverei al mio fianco anche per eventuali fasi successive del giudizio”. 

“Quello che però mi auguro più di ogni cosa - conclude Vessicchio - è che la Rai possa fare tesoro di quanto disposto con la sentenza del Tribunale di Roma, per porre rimedio a una situazione generalizzata che ha colpito me, e come me, tanti altri compositori-produttori meno conosciuti dal pubblico, vittime di pratiche da troppo tempo diffuse. Ecco, quello che vorrei è che questa sentenza inducesse la Rai a rispettare i diritti di quelle persone che hanno meno voce di me per fronteggiare entità così potenti; solo allora potrò dire che i miei sforzi saranno serviti a qualcosa. Solo in questo modo i miei colleghi, che ringrazio per i messaggi di solidarietà, potranno realmente beneficiare di questo verdetto maturato con fatica attraverso un contenzioso annoso e oneroso”.