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Tutti assolti. Tranne cinque imputati, tra cui l’ex sindaco di Farindola Ilario Lacchetta condannato a 2 anni e 8 mesi per omicidio plurimo colposo. Si conclude così il processo di primo grado per la strage dell’hotel Rigopiano, distrutto da una slavina, staccatasi alle 6.49 del 18 gennaio 2017, che fece 29 vittime e 11 superstiti.
Trenta in tutto gli imputati (29 persone e una società), per i quali l’accusa ha chiesto 26 condanne per un totale complessivo di 151 anni e mezzo di reclusione e quattro assoluzioni. Il verdetto, giunto a tre anni e mezzo dall'inizio del processo, è stato accolto con urla e proteste da parte di alcuni parenti delle vittime. “Vergogna!”; “Fate schifo”, “Ti devi vergognare per tutte le persone che non ci sono più”, si sente gridare in aula dopo la lettura della sentenza con cui il gup di Pescara Gianluca Sarandrea ha assolto 25 imputati e inflitto 5 cinque condanne. Le forze dell'ordine sono intervenute con un cordone intorno al giudice per impedire che la folla lo aggredisse. Per una ventina di minuti, per motivi di sicurezza, è stato costretto a rimanere al bancone dell'aula in attesa del ritorno alla normalità.
Assolti i rappresentanti delle istituzioni come l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, e l'ex presidente della provincia di Pescara Antonio Di Mario. Le cinque condanne riguardano l'ex sindaco di Farindola Ilario Lacchetta a 2 anni e 8 mesi per omicidio plurimo colposo. A 3 anni e 4 mesi ciascuno sono stati, invece, condannati Paolo D'Incecco e mauro Di Blasio per la loro condotta come dirigenti della polizia provinciale relativa al “monitoraggio della percorribilità delle strade rientranti nel comparto della S.P. 8, ed alla pulizia notturna dalla neve ovvero a quella relativa al mancato reperimento di un mezzo sostitutivo della turbina Unimog fuori uso, nonché alla mancata chiusura al traffico veicolare del tratto stradale della provinciale nr 8 dal bivio Mirri e Rigopiano”. Sei mesi di reclusione ciascuno per falso sono stati inflitti, infine, all'ex gestore dell'albergo della Gran Sasso Resort & SPA Bruno Di Tommaso e per Giuseppe Gatto, quest'ultimo redattore della relazione tecnica per l'intervento sulle tettoie e verande dell'hotel.
Per il procuratore capo di Pescara, Giuseppe Bellelli è una sentenza difforme dalle richieste della pubblica accusa. “Li hanno uccisi due volte. Come è possibile una cosa del genere? Non mi spiego come sia possibile. Non c'è più fiducia. Che fiducia deve esserci. Come facciamo dopo sei anni ad averne e dopo una sentenza del genere?”, è il commento di Marco Foresta, che a Rigopiano ha perso i genitori Tobia e Bianca. Con lui c'è anche la nonna, la mamma di Bianca. Anche lei è disperata e piange. Parla al telefono con il figlio: “In Italia - dice - succede questo. Figlio mio tu hai perso una sorella io ho perso una figlia d'oro. Un genero che amavo più di un figlio. Dove andiamo a cercare Bianca? Dove andiamo a chiamare Tobia? Li possiamo solo piangere dietro una pietra di marmo. Che vergogna. Io mi vergogno. Io mi vergogno di essere italiana”.
Per uno dei legali delle oltre 120 parti civili, Romolo Reboa “ci sono tante cose in questo processo che non mi hanno convinto. Extra processo, fuori processo. Purtroppo i processi si fanno nei limiti del dedotto e del deducibile, ciò che avevo contestato l'ho contestato espressamente in aula, l'ho contestato varie volte, non sono nuovo a queste contestazioni". Di diverso avviso il difensore del titolare dell'hotel Rigopiano Bruno Di Tommaso, l'avvocato Massimo Galasso che ha parlato di “sentenza giusta” e che ha sottolineato che “il giudice ha fatto un buon governo delle prove che aveva”.