La proposta di revisione del processo per la strage di Erba, “frutto dell'iniziativa individuale” del sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser, “stupisce” per i tempi, visto che è stata “rapidamente e integralmente divulgata prima della sua trasmissione alle autorità” ma anche per le espressioni usate come “contesto che definire malato è un eufemismo (riferito alle indagini), condanna pronunciata in conseguenza di falsità di atti”, e “uso pesante di fonti di prova come grimaldelli per convincere i fermati a confessare” o “manipolazioni da parte dei carabinieri”. Lo scrive in una nota il procuratore di Como Massimo Astori, aggiungendo che le espressioni usate da Tarfusser “contengono accuse di condotte abusive ed illegittime, se non di veri e propri reati, a carico di magistrati della Procura di Como, a distanza di 16 anni dai fatti, senza giustificazione alcuna”. 

Il procuratore capo di Como, che nel processo di primo grado rappresentò l'accusa contro Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo, sottolinea che in questi 16 anni, dalla strage di Erba dell’11 dicembre 2006, la procura “si è consegnata a un doveroso quanto rigoroso silenzio, guidata dal rispetto della legge, delle parti processuali e degli stessi condannati. La Procura auspica che altrettanto rispetto sia adottato, nelle forme e nei contenuti, da tutti coloro che si accostano a questa drammatica vicenda, al cui fondo rimane li profondo dolore di chi ne è stato colpito”.  

“Nel corso delle tre fasi di giudizio, svolte nel pieno rispetto delle garanzie processuali e con la costante partecipazione della difesa, i giudici hanno più volte affermato la correttezza dell'operato del pubblico ministero e dell'Arma dei Carabinieri, che, nella fase delle indagini preliminari, hanno raccolto prove materiali, documentali, dichiarative, scientifiche e logiche incontestabili (non certo le sole confessioni); l'irrilevanza delle argomentazioni di segno opposto”, si legge nel comunicato stampa. Inoltre, ricorda il procuratore, le confessioni sono state seguite da “ulteriori dichiarazioni confessorie a più interlocutori” e “persino da appunti manoscritti contententi chiare ammissioni” scritte da Olindo Romano in sette occasioni (4 aprile 2007, 5 maggio 2007, 12 giugno 2007, 18 giugno 2007, 23 agosto 2007, 4 settembre 2007, 6 ottobre 2007) più altri 4 senza data e una lettera. Gli scritti “sono stati minuziosamente analizzati, oltre che dalla Corte d'Assise di Como, dalla sentenza della Corte d'Assise d'appello di Milano”.

“Non stupisce che le difese intendano legittimamente riproporre nuove iniziative giudiziarie, ne ovviamente che gli organi di informazione svolgano il loro prezioso servizio”, né stupisce “che ci si annuncino nuove prove difensive, in realtà riletture di materiale già ampiamente analizzato e prive di qualsivoglia elemento di novità”, prosegue la nota. L’istanza di revisione firmata dal pg di Milano Cuno Tarfusser, sulla base di elementi forniti dalla difesa, è ora sul tavolo della procuratrice generale Francesca Nanni che deve decidere se trasmetterla a Brescia.