Le condizioni attuali di Alfredo Cospito, in sciopero della fame dal 20 ottobre, sono compatibili con il carcere? È a questa domanda che dovranno rispondere i magistrati di sorveglianza milanesi Di Rosa e Anedda sollecitati da una istanza presentata dall’avvocato Flavio Rossi Albertini per chiedere il differimento della pena per motivi di salute. Il 24 marzo alle 9 ci sarà udienza e i due togati, affiancati da due esperti, avranno cinque giorni di tempo per depositare il provvedimento motivato, su cui si potrà, nel caso, presentare poi ricorso in Cassazione.

Il Tribunale di Sorveglianza milanese dovrà prima di tutto valutare la incompatibilità o meno delle condizioni di salute dell'anarchico con il carcere, anche in relazione alle cure che possono essere praticate in regime di detenzione. Sappiamo bene che è possibile concedere i domiciliari anche ad un recluso in regime di 41 bis. Basti pensare alla vicenda di Pasquale Zagaria che fu mandato ai domiciliari durante la pandemia di covid in quanto la sua patologia grave e qualificata (carcinoma papillifero della vescica) lo metteva in pericolo di vita se avesse contratto il virus. Tuttavia lo scoglio più duro da superare per la difesa di Cospito è il fatto che la situazione clinica in cui si trova sia stata autoindotta, proprio per la sua scelta di andare avanti col digiuno per mesi. E su quest'ultimo aspetto, riferisce l’Ansa, va considerato che la giurisprudenza ha già sancito che l'autoinduzione contrasta col principio del differimento pena.

Il riferimento è ad una recente sentenza della Cassazione (Presidente Mogini, Relatore Liuni) del 23 febbraio scorso: «I trattamenti sanitari nei confronti del detenuto sono incoercibili ma, se potenzialmente risolutivi di condizioni di salute deteriori, in forza delle quali il detenuto medesimo chiede il differimento della pena o una misura alternativa alla detenzione, la loro accettazione si pone come condizione giuridica necessaria alla positiva valutazione della relativa richiesta». Questo principio «risponde ad una evidente esigenza di non strumentalizzare le patologie di cui si sia portatori, in vista del risultato di ottenere il differimento della pena: invero, la condizione di sofferenza autoprodotta dal condannato, realizzata cioè mediante comportamenti come la mancanza di collaborazione per lo svolgimento di terapie e di accertamenti o il rifiuto dei medicamenti e del cibo, non può essere presa in considerazione ai fini del bilanciamento tra esigenze di salvaguardia dei diritti fondamentali ed obblighi di effettività della risposta punitiva, non potendosi pretendere tutela di un diritto abusato ed esercitato in funzione di un risultato estraneo alla sua causa».

Il caso riguardava il novantenne Benedetto Spera, boss di Belmonte Mezzagno, fedelissimo di Bernardo Provenzano che aveva fatto richiesta di differimento pena per le sue condizioni di salute fisica e mentale. La prima sezione della Cassazione ha respinto la richiesta perché, tra l’altro, il rifiuto delle cure - è stato lo stesso Spera a spiegare che non ritiene che gli interventi non avrebbero cambiato la qualità della sua vita carceraria - non è, per i giudici, «attribuibile ad ulteriore patologia mentale specifica di Spera, tale da non potersi considerare una scelta consapevole».

Tornando a Cospito, i giudici della Sorveglianza milanese dovranno arrivare nelle prossime ore, prima dell'inizio dell'udienza, i pareri sull'istanza della difesa da parte della Procura generale di Torino e della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, oltre a quello che verrà espresso con un intervento in aula dalla Procura generale milanese. I magistrati hanno chiesto pure approfondimenti sull'ultimo episodio di cui hanno parlato i difensori, ossia una sospetta crisi cardiaca. Qualora Cospito ottenesse il differimento della pena ci sarebbe la sospensione temporanea del 41 bis. In passato il suo legale ha riferito che il suo assistito non avrebbe voluto intraprendere questa strada perché non sarebbe la revoca vera e propria che lui chiede con il digiuno. Tuttavia, ci spiega Rossi Albertini, «Alfredo non sta affatto bene fisicamente. Ha una zoppia, ad esempio, e i medici gli hanno comunicato che non tornerà mai più a correre. A ciò si aggiunge un quadro clinico generale preoccupante. Se all'inizio di questa vicenda mi limitavo a sostenere le ragioni della sua protesta ora provo anche a salvargli la vita. Lui comunque sarebbe libero, qualora la nostra richiesta non fosse respinta, di rimanere ad Opera». Rimangono in ogni modo valide le Dat che Cospito ha consegnato al suo legale dove sostiene di voler rifiutare l’alimentazione artificiale: «Io ho inviato – conclude Albertini – quelle disposizione all’amministrazione penitenziaria affinché le rispettino nel momento in cui fosse necessario farlo».