IL’INDAGINE DI PERUGIA

GIOVANNI M. JACOBAZZI LA PROCURA DI REPUBBLICA CHIUDE LE INDAGINI SULL’EX PRESIDENTE DELL’ANM

Secondo Cantone, l’ex magistrato accusato di aver gestito le nomine avrebbe anche rivelato ai giornali notizie coperte da segreto istruttorio

GIOVANNI M. JACOBAZZI

La Procura di Perugia ha notificato ieri pomeriggio all’ex presidente dell’Anm l’avviso di conclusione indagini, propedeutico al rinvio a giudizio, per il reato di rivelazione del segreto d’ufficio. Secondo l’ufficio guidato da Raffaele Cantone, già numero uno dell’Anac, Palamara, in concorso con il collega pm Stefano Rocco Fava, «in data antecedente e prossima al 29 maggio 2019», avrebbe rivelato ai giornalisti del Fatto e della Verità alcune informazioni relative alle pendenze penali dell’avvocato Piero Amara, uno dei principali protagonisti del cd Sistema Siracusa, il sodalizio di magistrati e professionisti finalizzato a pilotare le sentenze al Consiglio di Stato e ad aggiustare i processi.

Amara, già avvocato dell’Eni, era stato indagato a Roma per bancarotta e frode fiscale. Fava, all’epoca in forza al dipartimento reati contro la Pa, coordinato dall’aggiunto Paolo Ielo, aveva chiesto per Amara la custodia cautelare in carcere ma il procuratore Giuseppe Pignatone non aveva voluto apporre il visto.

Lo scopo dei due magistrati sarebbe stato, allora, quello di avviare una “campagna mediatica” contro Pignatone, che era da poco andato in pensione per raggiunti limiti di età, e contro Ielo. Pignatone e Ielo sarebbero stati i “responsabili” dei guai giudiziari di Palamara, avendo trasmesso a Perugia, competente per i reati commessi dai magistrati della Capitale, il fascicolo sui rapporti avuti dall’ex capo dell’Anm con il faccendiere Fabrizio Centofanti. Palamara, a tal riguardo, venne poi iscritto nel capoluogo umbro per il reato di corruzione e sottoposto ad intercettazione mediante il trojan.

Fava, invece, è anche accusato di abuso d’ufficio, avendo acquisito, in maniera ritenuta non regolare, documenti dal sistema informatico Tiap per provare l’incompatibilità e la violazione dell’obbligo di astensione da parte di Pignatone e Ielo in un paio di procedimenti.

Il 27 marzo 2019 Fava aveva presentato un esposto al Csm in cui sarebbe stata riportata una versione, secondo i magistrati umbri, “incompleta” degli atti adottati da Pignatone e da Ielo nei procedimenti in questione.

A far compagnia a Palamara nel reato di rivelazione del segreto, Riccardo Fuzio, l’ex procuratore generale della Cassazione. Fuzio avrebbe confermato a Palamara che Fava aveva effettivamente presentato un esposto al Csm contro Pignatone e Ielo. Esposto che era stato secretato una volta giunto a Palazzo dei Marescialli. La circostanza emergerebbe da una telefonata fra i due intercettata il 3 aprile dello scorso anno.

L’ex pg della Cassazione è attualmente indagato anche per un’altra rivelazione del segreto, e cioè quando a maggio del 2019 aveva informato Palamara che al Csm era arrivato il fascicolo da Perugia per corruzione nei suoi confronti. Fava, sul punto, si era “autoaccusato”.

Interrogato dai pm umbri Mario Formisano e Gemma Miliani aveva dichiarato di aver effettivamente fatto verifiche nelle banche dati, finalizzate alla redazione del citato esposto. Tutto regolare, quindi, trattandosi di procedimenti che erano stati definiti con sentenze passate in giudicato.

Se per Fava questo è il primo procedimento penale, per Palamara si tratta invece della terza indagine. Ma quali sarebbero, poi, gli articoli incriminati del 29 maggio 2019? Per il Fatto, a firma Marco Lillo, “Esposto bomba al Csm: Incarichi ai fratelli di Pignatone e Ielo”.

Per la Verità, a firma Giacomo Amadori,” Sotto inchiesta al Csm l’ex capo dei pm di Roma e il suo aggiunto: Esposto al Csm su Pignatone e Ielo, affari fra indagati e i loro fratelli”. Lo stesso giorno, Repubblica, Corriere e Messaggero apriranno sull’indagine di Perugia a carico di Palamara.

Repubblica titolerà “Corruzione al Csm: il mercato delle toghe”, il Corriere “Una inchiesta per corruzione agita la corsa per la Procura di Roma” e il Messaggero “L’accusa al pm Palamara complica i giochi per la Procura di Roma”.