Sea Watch ancora ferma . Il ministro Matteo Salvini sbatte i pugni sul tavolo: «Non autorizzo alcuno sbarco». Intanto però una delegazione dei Dem, SI e +Europa, guidata da Graziano Delrio, è salita  sulla nave che ne pomeriggio ha tentato di entrare nel porto di Lampedusa ma è stata bloccata da una imbarcazione della GdF.

Le reazioni politiche

La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni pensa alle maniere forti: «bisogna affondare la nave».

Il segretario dem Nicola Zingaretti chiede un incontro urgente col premier «per discutere delle politiche sul tema dell’immigrazione».

E l’altro vicepremier, Luigi Di Maio, invoca l’intervento dell’Europa: «Bisogna rivedere Dublino».

Mentre la Sea Watch supera quel limite invalicabile fissato da Salvini, sfidando la sorte per far sbarcare i 42 migranti a bordo da ormai due settimane, la politica si divide.

A destra si invocano le maniere forti, a sinistra si corre al porto di Lampedusa per attendere i migranti e il M5s cerca la via diplomatica. E il leader leghista pensa alle ipotesi estreme: «niente più schedature e un muro in Friuli Venezia Giulia».

Il diktat del Viminale

È Salvini a fagocitare la scena, con una lunga diretta Facebook prima e una conferenza stampa dopo in cui punta il dito contro la ong e la sua capitana, la «sbruffoncella» Carola Rackete.

Parla di «vacanze», distingue tra «rifugiati veri», quelli autorizzati alla permanenza dal governo gialloverde, e «rifugiati falsi», quelli accolti dai governi precedenti.

Chiama in causa i governi olandese e tedesco, nonché l’Europa, ma anche la Chiesa, trovando il modo per tirare in ballo anche la procedura d’infrazione, la flat tax e tutto il paniere delle politiche italiane, di fatto approfittando del momento per una nuova puntata della sua campagna elettorale.

Attacco alle ong

«È una nave fuorilegge, che mette a rischio la vita di decine di immigrati per uno schifoso, squallido giochino politico.

Ecco quelli che giocano con la vita degli esseri umani», insiste. Ripete sempre gli stessi concetti, per cristallizzarli, avvisando la ong: «utilizzeremo qualsiasi mezzo democraticamente concesso per bloccare questo scempio del diritto». Nessuna autorizzazione allo sbarco, giura, «né ora né mai». Piuttosto «schiero la forza pubblica».

Il tutto mentre, negli ultimi giorni, circa 400 migranti sono sbarcati tra Calabria e Sicilia, indisturbati, senza nemmeno una diretta Facebook a corredo. La differenza sta solo nel mezzo: la nave di una ong, che fa «i porci comodi suoi sfruttando qualche decina di disgraziati». E dunque la chiamata alla responsabilità: dall’equipaggio ai governi coinvolti, qualcuno ne risponderà.

Migranti contro infrazioni

Una questione di «dignità e rispetto» che vale anche - e qui un’altra virata politica - «per le presunte infrazioni economiche, le multe. Ma noi paghiamo e siamo un punto di approdo per clandestini? Hanno capito male».

Dunque l’Italia userà «ogni mezzo legalmente lecito e necessario per fermare questa vergogna», dalle multe agli arresti, passando per le confische.

«Che motivo c’è di pagare l’adesione a un club - l’Ue, ndr - che in cambio ti fa infrazioni, multe, ti dice non spendere, non fare, non investire ma beccati immigrati e se ne fregano? Basta».

Non manca il riferimento alla Costituzione e al dovere di «difesa della patria», pur dimenticando un altro dovere richiamato dalla Carta, quello alla solidarietà.

Identificazioni e muri

Dopo la diretta Facebook e le minacce alla ong, pensa a soluzioni più concrete. La prima: non inserire più le impronte digitali dei migranti sbarcati in Italia nel database europeo. In tal modo verrebbero meno i principi del Trattato di Dublino: il punto di "raccolta" delle impronte digitali, infatti, stabilisce il punto di «primo ingresso» dei migranti e, dunque, il Paese che, in base al Trattato, è costretto a farsene carico. Ma non solo: l'attraversamento della frontiera in Friuli Venezia Giulia da parte dei migranti porta il ministro a soluzioni più estreme, come quella di un muro sul confine. La frontiera è però lunga 230 chilometri: più probabile che per diminuire il numero di arrivi si punti al pattugliamento congiunto tra polizia italiana e slovena, con un hotspot allestito in Friuli per le operazioni del caso, ma anche che si punti a sospendere il trattato di Schengen

La bomba della Meloni

Se Salvini è duro, Meloni prova a non sfigurare. Citando la decisione della Cedu che non ha forzato lo sbarco, ma con una “fake news”, secondo la quale Strasburgo avrebbe certificato «che l’immigrazione non è un diritto degli esseri umani e che quindi quelle persone non potevano essere portate in Italia se il governo italiano non voleva».

Per la Cedu, una forzatura non sarebbe stata possibile, essendo la nave fuori dalle acque italiane al momento del ricorso.

Ma poco male, perché per la leader di FdI la violazione dei confini «contro la volontà del governo italiano» merita una punizione esemplare: dopo aver fatto sbarcare e rimpatriare gli immigrati, «la nave deve essere affondata».

L’appello di Zingaretti

Mentre una delegazione di parlamentari dem parte per Lampedusa ( «in vacanza», punge Salvini), il segretario del Pd scrive al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che per tutto il giorno non dice una parola sulla questione.

«Stiamo assistendo ad un dibattito surreale e indegno per un Paese civile», afferma Zingaretti, ricordando l’assenza di Salvini in sei vertici su sette con i rispettivi ministri degli Stati europei per discutere una politica comune sui migranti a livello Ue.

«Si gioca, quindi, sulla pelle di questi naufraghi», dice, ostentati da Salvini come «un trofeo» dimenticando che «la chiusura dei porti, da lui tanto millantata, in realtà non esiste: anche in questi giorni continuano a sbarcare migranti, come ricorda lo stesso sindaco di Lampedusa».

Perciò chiede «un incontro urgente per discutere delle politiche sul tema dell’immigrazione», da affrontare «in maniera seria», per evitare «questo osceno teatrino».

Senza contare che la chiusura dei porti prevista dal Decreto Sicurezza bis vale solo se decisa di concerto con i ministri della Difesa e delle Infrastrutture, informando il Presidente del Consiglio.

Decreto sul quale si esprime anche l’Unhcr, che ha chiesto una revisione e una riorganizzazione del sistema di salvataggio e sbarco, affinché «cessi la criminalizzazione delle Ong».

La diplomazia di Di Maio

Il capo politico grillino, intanto, prende la questione con le pinze. «L'Europa deve svegliarsi - sottolinea - fare un tavolo e rivedere Dublino perché non è possibile che tutti i migranti continuino a sbarcare in Italia.

Non abbiamo bombardato noi la Libia». E poi l’affondo sulle ong, che sfrutterebbero la situazione per farsi pubblicità: «siamo diventati ormai il palcoscenico del Mediterraneo».

Approdare a Malta o in Grecia «non fa notizia», mentre fare «il carosello» in Italia consente alla ong di raccogliere «più fondi per carburante, viveri e riparazioni, così può ripartire».

E anche il no della Cedu finisce per «pubblicizzare ancora di più il brand». Ma se dovremo passare tutta l’estate a litigare con le ong «abbiamo già perso», avvisa.

Servono «corridoi umanitari legali per chi può venire qui. Se entri in Italia lo fai col permesso dei cittadini italiani».

E poi l'affondo indiretto a Salvini. «Servono più rimpatri delle migliaia di irregolari non identificati che abbiamo nel nostro Paese.

Servono Agenzie dell’Unione Europea su suolo africano, serve una alleanza con la Cina per investimenti sostenibili nel continente africano.

Il Movimento 5 Stelle non ha né il Ministero degli Affari Esteri, né quello dell’Interno, né quello dell’Unione europea.

Le politiche dell’immigrazione vanno fatte soprattutto sul lungo periodo.

Altrimenti ci aspetta una estate lunga, con gli stessi problemi di sempre». In mezzo però - e nessuno pare ricordarselo - «ci sono le persone, comparse inconsapevoli di questo grande teatro».