“Presto e bene non stanno insieme”, recita un vecchio ma sempre attuale adagio popolare. Per fare le cose fatte bene, infatti, serve tempo e non bisogna aver fretta. A maggior ragione se parliamo di leggi. La fretta, invece, ha caratterizzato tutta la riforma della giustizia voluta dal precedente governo. Inserita negli obiettivi del Pnrr, la riforma è stata scritta con il fiato sul collo dei burocrati di Bruxelles.

Senza voler entrare in questa sede nel merito dei provvedimenti, alcuni avvocati ci hanno segnalato un singolare refuso nell’interminabile articolo 473 bis, numero 65. Nella vendita dei beni, si legge, il tribunale può “designare un cancelliere della stessa pretura”. Peccato, però, che la pretura sia stata abolita nel 1998.

Chi ha scritto la norma, forse, ha avuto per un momento nostalgia ripensando a quando il pretore, giudice monocratico di primo grado, aveva tante competenze, sia in materia civile che in materia penale, in particolare per i reati puniti con pene detentive non superiori a quattro anni come furti, contravvenzioni al codice della strada, risse, ingiurie, lesioni lievi. Il pretore aveva anche funzioni amministrative, di volontaria giurisdizione. Una sua competenza esclusiva riguardava poi il diritto del lavoro. Molto radicato nel territorio, come il maresciallo dei carabinieri, il pretore amministrava la giustizia in maniera veloce e assai competente. Una giustizia, si può affermare senza tema di smentita, dalla parte del cittadino. Proprio quello che oggi manca di più.