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Si aggrava il quadro investigativo attorno alla morte di Ramy Elgaml, il 19enne deceduto il 24 novembre 2024 in seguito a un violento incidente in scooter dopo un inseguimento di oltre 8 chilometri da parte dei carabinieri per le strade di Milano. Altri quattro militari sono ora indagati dalla Procura di Milano, con accuse che spaziano dal depistaggio al favoreggiamento personale.
Secondo i pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano, i carabinieri avrebbero minacciato e costretto due testimoni oculari a cancellare i video dell’accaduto dai propri telefoni cellulari. I video, se acquisiti, avrebbero potuto contribuire all’accertamento della dinamica dell’incidente.
L’inseguimento e la morte di Ramy: cosa è successo
Era circa l’alba del 24 novembre quando l’Alfa Giulietta dell’Arma si è schiantata contro lo scooter T-Max su cui viaggiavano Ramy Elgaml e l’amico Fares Bouzidi, all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta. L’incidente ha posto fine a un inseguimento durato venti minuti e iniziato dopo un alt a cui i giovani non si erano fermati.
A inizio luglio, l’autista della pattuglia è stato indagato per omicidio stradale in concorso con Bouzidi, che era alla guida del mezzo a due ruote. Ora, con il nuovo avviso di conclusione delle indagini notificato martedì, sale a cinque il numero dei militari coinvolti nel procedimento.
Le accuse: minacce, cancellazioni e tentativi di insabbiamento
Due dei nuovi indagati, un 27enne e un 38enne di Caserta, erano a bordo di due delle tre “gazzelle” in servizio quella notte. Le accuse a loro carico sono frode processuale aggravata, distruzione di documenti e favoreggiamento personale nei confronti del collega già indagato per omicidio stradale.
Secondo la Procura, uno dei due avrebbe minacciato un testimone dell’incidente ordinandogli di cancellare un video: «Cancella immediatamente il video... fammi vedere che lo hai cancellato... adesso sali in macchina perché ti prendi una denuncia».
L’altro avrebbe fotografato il documento d’identità del testimone, per poi cancellarne l’immagine ore dopo, impedendo così l’identificazione tempestiva dell’unico testimone oculare del sinistro.
Depistaggi anche a fatti già avvenuti
Due ulteriori carabinieri, appartenenti al terzo Reggimento Carabinieri Lombardia – Squadra di intervento operativo, sono indagati solo per depistaggio. Erano arrivati sul posto a fatto compiuto, ma secondo i magistrati avrebbero comunque tentato di ostacolare le indagini.
Lo avrebbero fatto obbligando un secondo testimone a eliminare dal suo iPhone nove file video, che documentavano diverse fasi del sinistro e i momenti successivi. Una condotta che, secondo i pm, ha compromesso l’acquisizione di prove rilevanti.
Verso la richiesta di rinvio a giudizio
I cinque avvocati che assistono i militari – Ivana Anomali, Armando Simbari, Nicolò Laitempergher, Pietro Porciani e Michelle Apicella – avranno ora 20 giorni per depositare memorie difensive o chiedere interrogatori, nel tentativo di evitare il rinvio a giudizio.