IL CORSIVO

Dopo il colpo di coda dell’inverno l sole sbiadito di marzo già annuncia la bella stagione, il Covid, poi, non fa più paura come un tempo e noi aspettiamo che la primavera esploda gonfi di speranza. Se non fosse per quella seccatura della guerra questo sarebbe un periodo bellissimo.

La resistenza di Kiev spaventa anche l’Occidente Che traveste i suoi interessi di realismo pietista

C’è stato il colpo di coda dell’inverno, ma ora il sole sbiadito di marzo annuncia la bella stagione: tempo di alberi in fiore, di gite fuori porta e picnic sull’erba. Il Covid, poi, non fa più paura come un tempo: i contagi diminuiscono, i virologi tornano a fare il loro mestiere nei reparti d’ ospedale e, a poco a poco, si sta tornando tutti alla normalità. Se non fosse per quella seccatura della guerra questo sarebbe un periodo bellissimo. Già la guerra, a due passi dall’Europa per giunta.

Angosciante e fastidiosa. In verità, per molti europei, molto più fastidiosa che angosciante.

Ma guai a dirlo. Meglio esprimerlo in forme oblique, magari ammantate di realismo.

Eccone una: ma cosa resistono a fare quei fanatici irresponsabili degli ucraini, perché non si arrendono allo strapotere militare dei russi e la finiamo lì? Una posizione trasversale agli schieramenti politici che serpeggia compatta nell’opinione pubblica. E che avrebbe anche un sua logica pietistica: consegnandosi agli invasori gli ucraini avrebbero in cambio la pace, al contrario, combattendoli e rifiutandosi di rendre gorge, il conflitto durerà più a lungo e maggiore sarà il numero di vittime. Curiosa inversione etica però: gli invasi sarebbero i responsabili delle sofferenze causate dagli invasori. E noi sul trespolo, a sdottoreggiare, a decidere quel che è bene e quel che è male per gli altri, da primi della classe come siamo sempre stati, prima esperti di virus e pandemie, ora di guerre convenzionali e geopolitica.

«L’unica soluzione è la diplomazia», ripetiamo da settimane, un’ovvietà che purtroppo non tiene conto dei fatti. Mentre l’artiglieria di Mosca martella le città da Karhiv a Mariupol, milioni di persone hanno deciso di non abbandonare le proprie case, di difendersi. Sarebbe più prudente scappare dalle bombe? Sicuro, il problema è che milioni di ucraini non hanno alcuna intenzione di farlo, piuttosto sono pronti a morire. Per noi occidentali cullati dal moto perpetuo del benessere può sembrare folle e autodistruttivo.

Così il “pazzo” non è più Vladimir Putin, ossia chi ha portato la guerra fisicamente in Ucraina, ma il presidente Zelensky che si ostina a chiedere armi a Europa e Stati Uniti. Già lo vedevano in esilio a sorseggiare cocktail su una spiaggia della Florida con le vecchie camicette colorate di quando faceva il comico.

Trovarselo in mimetica asserragliato nel Palazzo Mariinskij di Kiev come una specie di improbabile Allende dell’est Europa ha creato non poche dissonanze cognitive.

Risolte in modo sbrigativo: abbiamo a che fare con un cretino, magari anche un mezzo “nazista” come dicono i russi e i loro non pochi ammiratori europei.

Spesso la spocchia intellettuale nasconde pulsioni meschine, ricopriamo di pensose analisi i nostri interessi più immediati, di compassione le nostre grettezze. Uno sforzo di sincerità renderebbe invece meno ipocrita questo cinismo: siamo contro le sanzioni alla cerchia del Cremlino per timore di alimentare un conflitto globale o semplicemente perché abbiamo bisogno del gas russo? Come faremo a scaldare i nostri salotti e le nostre vacanze in montagna senza il prezioso metano di Putin? Proprio ora che intravedevamo la ripresa saremo flagellati dai rincari delle bollette, forse dall’austherity come con la crisi petrolifera degli anni 70.

Dileggiamo la resistenza ucraina per empatia verso la popolazione civile o semplicemente per paura che il conflitto si avvicini alle nostre porte? Non c’è niente di male ad aver paura della guerra, noi che non la guardiamo negli occhi da oltre 75 anni, basta dirlo però, senza supercazzole.

Peccato che gli ucraini non possano fare lo stesso. Loro la guerra ce l’hanno già in casa.

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