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«È una petizione incredibile. Siamo arrivati a un corto circuito per un Paese democratico: tutti hanno diritto alla difesa, compreso Filippo Turetta. Mai l’Università potrebbe dire al professore Giovanni Caruso, stimato docente che esercita anche la libera professione di avvocato, se può o meno tenere la difesa di qualcuno». La
rettrice dell’Università di Padova, Daniela Mapelli, replica così alla petizione - lanciata lo scorso 16 novembre a pochi giorni dall’arresto dello studente - in cui si chiede che l’Ateneo si dissoci dalla scelta ritenuta inopportuna, dai sostenitori dell’iniziativa, che il professore ordinario di Diritto penale difenda il reo confesso.
«Se davvero l’Università di Padova è vicina alle vittime di violenza e vuole sostenere questa lotta, si renda estranea alla difesa di chi ha commesso un omicidio efferato e la cui colpevolezza è indubitabile» è uno dei passaggi della petizione. Il prossimo 2 febbraio l’Ateneo conferirà la laurea in ingegneria biomedica a Giulia Cecchettin, uccisa dall’ex fidanzato e compagno di corso Turetta, il quale l’ha accoltellata a morte a pochi giorni dalla discussione della tesi. Le firme raccolte sono circa 200, sufficienti per sollevare l’attenzione della stampa, sebbene la petizione esista ormai da due mesi e l’obiettivo fissato è di 500 firmatari.
Interpellato dall’Adnkronos il professore Caruso preferisce non intervenire, lo fa invece l’ex difensore d’ufficio di Turetta. «Il ruolo dell’avvocato - spiega il legale Emanuele Compagno - non sia confuso con quello responsabile di un delitto. Non entro nel merito delle scelte di opportunità per l’Università di Padova, ritengo, però, che la richiesta di rinuncia al mandato difensivo per l’avvocato Caruso sia inaccettabile, laddove misconosce il diritto di difesa della persona sottoposta ad indagini. E ciò anche se la vittima frequentava l’università dove insegna l’avvocato dell’omicida». Il legale ricorda come «anche nei miei confronti sembrava sollevarsi la grossolana equazione che trasforma in complice l’avvocato difensore dell’indagato. Filippo Turetta ha diritto ad un difensore come previsto dalla Costituzione. Farci tornare indietro a prima del 1946, dimenticandoci dei cardini della nostra democrazia, è oscurantismo».