È stalking anche quando si inviano messaggi telefonici dal contenuto persecutorio ai familiari e agli amici della ex. Lo dice la Cassazione valutando la vicenda di uomo accusato di aver perseguitato la precedente compagna in un piccolo centro in provincia di Parma anche tormentando il fratello della ragazza.

Nella recente pronuncia diffusa dallo studio Cataldi e letta dall’AGI gli ermellini chiariscono che «integra il reato di atti persecutori la reiterata e assillante comunicazione di messaggi di contenuto persecutorio, ingiurioso o minatorio, diretta a destinatari a essa legati da un rapporto qualificato di vigilanza ove l’agente agisca nella ragionevole convinzione che la vittima ne venga informata e nella consapevolezza dell’idoneità del proprio comportamento abituale a produrre uno degli eventi previsti dalla norma incriminatrice».

In sostanza i messaggi a una persona vicina alla vittima che li riferisce a lei hanno lo stesso effetto dei messaggi “diretti” nel terrorizzarla facendole cambiare le abitudini di vita. La sentenza conferma quanto già stabilito in primo grado dal Tribunale di Parma e dalla Corte d’Appello di Bologna.