I giudici della Corte d’Assise di Roma hanno condannato a 20 anni di carcere Walter Biot, il capitano di fregata arrestato il 30 marzo 2021 con l’accusa di spionaggio per aver passato documenti segreti a un funzionario russo in cambio di 5 mila euro.

Lo scorso 15 gennaio il pm Gianfederica Dito aveva sollecitato per il militare, difeso dall’avvocato Roberto De Vita, la pena di 18 anni di reclusione. Nel processo - che si è celebrato a porte chiuse -, la pubblica accusa, contesta a Biot le accuse di spionaggio, rivelazione di notizie che per la sicurezza nazionale dovevano rimanere segrete e corruzione. Parti civili, in questo procedimento, tra gli altri, Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero della Difesa che ora dovranno essere risarciti. Il capitano di fregata era già stato condannato dal tribunale militare a una pena di 30 anni di carcere. In quel caso, la pubblica accusa, aveva sollecitato la pena dell’ergastolo.

«Walter Biot è determinato. È una battaglia per lui, ma anche di civilità giuridica affinché nessuno possa essere giudicato a prove segrete», commenta l’avvocato Roberto De Vita. «Siamo passati da 30 anni a 20 anni (lo scorso marzo Biot era stato condannato dal tribunale militare della Capitale a 30 anni): questo significa che, più si approfondisce e si ragiona, su come questo processo ha fatto spostare la bilancia della giustizia verso la ragion di Stato più che verso lo stato di diritto, le pene si riducono e siamo in primo grado - aggiunge -. Proseguendo così e conoscendo quel che viene in Appello e in Cassazione siamo certi che prima poi ci sarà un giudice che riconoscendo i diritti dovrà riconsegnare Walter Biot alla sua famiglia».

Biot, detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, è sotto processo anche davanti ai giudici militari d’Appello. In primo grado, il 9 marzo scorso, il tribunale militare della Capitale ha condannato Biot, accusato di rivelazione di segreti militari a scopo di spionaggio, procacciamento di notizie segrete a scopo di spionaggio, esecuzione di fotografie a scopo di spionaggio, procacciamento e rivelazione di notizie di carattere riservato e comunicazioni all’estero di notizie non segrete né riservate, sostenendo che «le complessive risultanze processuali acquisite non lascino residuare dubbi in merito alla natura di segreto militare delle notizie che ne sono oggetto e, dunque, alla loro inerenza alla preparazione, forza difesa dello Stato».