Chi è che deve salire sul banco degli imputati? Il virus che ha causato la pandemia da Covid- 19 o coloro che avrebbero dovuto gestirlo sul piano scientifico e politico? Per Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive presso il Policlinico San Martino di Genova, «la responsabilità degli scienziati non deve proprio esserci. Mentre la responsabilità politica deve essere distribuita equamente tra tutti quelli che dal 2006 e il 2020 non hanno mai aggiornato il piano pandemico, come se il problema non esistesse, e anche quelli che poi hanno gestito le chiusure e i lockdown» . Per l’infettivologo, «non si possono mettere sullo stesso piano Locatelli e Brusaferro, che in quel momento si sono trovati ad essere chiamati per dare dei consigli su un virus sconosciuto, e i decisori politici. Augurandoci che non accada mai più, ma se in futuro dovesse esserci un problema come quello di una nuova pandemia chi accetterebbe di sedersi in quei comitati?».

La soluzione per Bassetti è quella di una «commissione parlamentare bicamerale dove si sentano scienziati e punti di vista differenti, ma non sui primi quindici giorni drammatici, bensì sull’intero periodo pandemico. Fare un’analisi dei processi che hanno portato alle scelte, per fare in modo che gli errori non si ripetano più, piuttosto che trovare i colpevoli. Non credo sia corretto processare per epidemia colposa. Allora dovremmo processare tutto il mondo: i morti ci sono stati ovunque. Voler per forza trovare un capo di imputazione per la gestione di un virus completamente nuovo, secondo me, è un esercizio che finirà per rivelarsi infruttuoso». Il professore ci spiega che «il problema è che questa contrapposizione tra una magistratura che agisce per dare verità alla gente contro medici e politici non aiuta nessuno.

Oggi l’immagine che diamo al mondo è di un Paese che non è stato in grado di affrontare la pandemia. E invece non è così. E lo dobbiamo alla gente che è morta tra i medici e i sanitari. Fare di tutta l’erba un fascio, giudicando solo quelle due settimane orribili di Bergamo, è sbagliato: qualunque decisione si fosse presa in quel momento era una decisione che non aveva gli stessi fondamenti scientifici che abbiamo oggi. Con il senno di poi avremmo sicuramente agito meglio. Un processo fatto così sa tanto di processo sommario e anche un po’ giustizialista. Come quelli che tagliano la testa al Re». Chiediamo infine a Bassetti, anche memori del processo per gli scienziati per il terremoto dell’Aquila, se ritenga che la magistratura sconfini in questione non sue. «Credo che la magistratura abbia tantissimo da fare: forse sarebbe meglio che si occupasse dei veri delinquenti e meno di questioni di politica sanitaria. Diciotto mesi di inchiesta,

faranno casomai cinque anni di processo, saranno per esso spesi decine di milioni di euro per poi non arrivare a nulla. Provo grande rispetto per l’attività della magistratura tuttavia non è possibile che ogni aspetto della nostra vita debba essere oggetto di un processo. Non dimentichiamoci gli errori commessi dalla magistratura stessa quando è entrata in campi medico- scientifici, dal metodo di Bella a quello Stamina. Attenzione dunque a quando il magistrato vuol venire a fare il mestiere di altri. Anche perché siamo di fronte ad una perizia di Crisanti che è una. Vogliamo guardare la pandemia di tre anni solo con gli occhi di Crisanti?», si chiede infine Bassetti.

La pensa in maniera simile anche Vittore d’Acquarone, legale di Francesco Zambon (ex funzionato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha denunciato pubblicamente il mancato aggiornamento del piano pandemico) che ci dice: «Per un normale cittadino la pandemia Covid è stata davvero un evento imprevedibile ma per chi aveva responsabilità politiche no. Basti sapere che nel 2014 e nel 2017 l’Oms aveva stilato due rapporti in cui avvisava i Paesi di implementare i piani pandemici, avvisando del rischio di una pandemia respiratoria, dopo che si erano già verificate la Sars e altre malattie da coronavirus».

Per l’avvocato «ciò avrebbe significato, ad esempio, dotarsi di più respiratori, di più mascherine, di effettuare un censimento delle terapie intensive e di programmare triage separati per evitare di infettare tutti gli ospedali. Se avessimo attuato il piano pandemico, anche quello aggiornato al 2006, probabilmente avremmo gestito l’emergenza sanitaria in maniera più ordinata e forse avremmo contenuto o comunque dimostrata l'indispensabilità delle straordinarie misure restrittive delle libertà personali».

A suo parere, «la questione prima che giuridica, è prevalentemente politica. Si è venuto a creare, anche in questa vicenda, un dibattito polarizzato, squisitamente ideologico, nel quale interviene ora la magistratura intestandosi il compito della verità storica alla popolazione, attribuendo una funzione ambigua e pericolosa al processo penale. Il dibattito compete invece alla politica che dovrebbe interrogarsi lealmente su quello che non ha fatto, le responsabilità politiche e quelle penali sono piani assolutamente diversi. Oggi in Italia le prime sono abitualmente svilite dallo scontro tra tifoserie e le seconde occupano anche spazi che non sono di loro competenza e nei quali rischiano esiti deformi».