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I tempi sono cambiati ha detto il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia: «Ci siamo trovati in un mese a difendere l’operato di due giudici e non quello delle cosiddette toghe rosse delle Procure. Questo è un segno di crescente preoccupazione». Una valutazione non da poco quella del vertice del sindacato delle toghe che fa emergere il cambio di passo della polemica. I giudici non solo ultimamente si trovano a dover essere aggrediti verbalmente quando assolvono, derubricano o comminano pene meno severe delle aspettative pubbliche ma ora si trovano a dover essere messi sotto accusa nell’esercizio della loro legittima funzione dalla politica di centro-destra.
Per adesso da Via Arenula non arriva alcuna replica alla ferma relazione di Santalucia in apertura del Cdc di questa mattina, anche perché il Ministro è in volo di ritorno da Tokyo. Intanto sono stati approvati due documenti dal Cdc, il primo dei quali su proposta di Magistratura democratica: «Le prese di posizione, che si susseguono in questi giorni censurando i provvedimenti di un giudice, sono incomprensibili, specie laddove provengano da chi propone, nello stesso tempo, di affidare a tre giudici invece che a uno la valutazione delle richieste di misure cautelari. Quando invece la richiesta del pubblico ministero va nella direzione auspicata, allora il giudice non serve più. Prima si auspica la separazione delle carriere perché i giudici sarebbero subalterni ai pubblici ministeri, poi si insorge quando un giudice si discosta dalle loro richieste. E se queste posizioni provengono dal Ministero della Giustizia l’incomprensibilità lascia posto allo smarrimento».
Pertanto «L’ANM ribadisce con convinzione che l’architettura costituzionale che disegna la separazione dei poteri dello Stato è garanzia dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e della tutela dei diritti fondamentali di fronte a ogni potere. Si tratta dei fondamenti dello stato di diritto e della democrazia costituzionale al cui presidio sono poste anche la magistratura e l’esercizio della giurisdizione».
Nel secondo documento invece si ribadisce che «intervenire nel dibattito che, fisiologicamente, precede e accompagna ogni proposta di riforma legislativa capace di incidere proprio sui diritti e sulle libertà sia propriamente un dovere dell’Associazione Nazionale Magistrati: è un dovere perché il nostro intento è solo quello di far conoscere all’opinione pubblica, ed alle istituzioni cui poi spetta il compito delle decisioni e delle scelte, ogni aspetto, ogni profilo, ogni implicazione sottesi alle annunciate riforme. Lungi dall’essere un’interferenza, è la pretesa di essere ascoltati perché portatori di conoscenze ed esperienze proprie del nostro ruolo; e perché tra i compiti – altissimi - della nostra Associazione vi è quello, irrinunciabile, di presidiare i valori essenziali dell’indipendenza e dell’autonomia, e di tutti quelli che vi sono indefettibilmente collegati. Ecco perché non rinunceremo mai a far sentire la nostra voce; ed ascoltarla, da parte di chi ha poi la responsabilità di compiere le scelte come espressione della sovranità popolare, è, per noi, indice, e dimostrazione, della qualità della democrazia».