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Il presidente russo parla di genocidio e invoca l’unità Primo contatto Cina- Usa
Vladimir Putin sceglie di parlare alla nazione non in un giorno casuale, ma nella ricorrenza che celebra la secessione della Crimea dall’Ucraina.
Non dagli asettici schermi della tv di Stato ma in un grande raduno nazionalista, acclamato e incitato dai suoi sostenitori in delirio, «il popolo multinazionale della federazione russa», o meglio, la sua «comunità di destino» come dice aprendo il discorso.
DISCORSO ALLA NAZIONE DAVARNTI 80MILA PERSONE
Dal Vecchio testamento a Fedor Ushokov, ammiraglio della flotta zarista che la leggenda vuole non abbia mai perso una battaglia, oggi canonizzato come santo patrono della marina militare.
A ricordarci quanto siano importanti questi simboli, basta pensare che l’invasione dell’Ucraina è stata sferrata proprio nell’anniversario della morte di Ushokov.
Mentre Vladimir Putin sceglie di parlare alla nazione non in un giorno casuale, ma nella ricorrenza che celebra la secessione della Crimea dall’Ucraina. Non dagli asettici schermi della tv di Stato ma in un grande raduno nazionalista, acclamato e incitato dai suoi sostenitori in delirio, «il popolo multinazionale della federazione russa», o meglio, la sua «comunità di destino» come dice aprendo l’incontro. Un po’ presidente, un po’ comandante supremo delle forze armate, un po’ rockstar. Perfettamente nel ruolo di “piccolo padre” di tutte le Russie.
Lo stadio Luzhniki di Mosca è stracolmo, almeno 80 mila persone cantano e sventolano le bandiere nazionali blu, bianche e rosse, quelle dell’amata «patria», molti di loro hanno cucito sul cappotto la “Z” che rappresenta la “vittoria”. Tante migliaia sono rimaste fuori e seguono il meeting sui maxi schermi con uguale entusiasmo: la prova di forza è riuscita, ma nessuno ne dubitava; nell’impasto diabolico di autocrazia e consenso popolare che segna la sua interminabile reggenza, Putin ha cancellato qualsiasi voce ostile dal panorama politico russo. Il conflitto in Ucraina ha marcato un ulteriore passo in avantri nella repressione del dissenso interno, con decine di giornalisti licenziati o costretti a dare le dimissioni e migliaia di attivisti arrestati dalle forze di sicurezza che hanno vietato qualsiasi manifestazione pacifista.
«Attueremo tutti i nostri piani, raggiungeremo i nostri obiettivi», promette il capo del Cremlino, celebrando gli abitanti della Crimea «che prima vivevano in un’altra nazione» ( l’Ucraina non viene mai nominata) e le popolazioni russofone del Donbass vittime di «genocidio» di cui si fa protettore. Poi il ricordo degli «eroi, i soldati caduti in queste tre settimane di guerra, che omaggia citando le Sacre scritture: «Non c’è più amore di chi dà la vita per i suoi amici».
Un discorso breve e conciso , quello di Putin, poco meno di quarto d’ora, co il piccolo giallo di un’interruzione di pochi minuti che le autorità hanno attribuito a non meglio precisati «problemi tecnici». Per il resto l’adunata ha visto gli interventi di ufficiali dell’esercito e di cantanti nazionalisti che hanno declamato la nobiltà e il coraggio di una nazione tutta raccolta dietro il proprio leader.
Nessun passo indietro, nessuno spiraglio diplomatico, i tempi della guerra li detta il Cremlino. Ancora ieri si è combattuto nelle città e nei sobborghi ucraini senza però che le forze russe abbiano conquistato nuovi avamposti: alcune caserme dell'esercito ucraino a Mikolayiv sono state colpite da un attacco missilistico russo e ci sarebbero almeno 45 morti, mentre il sindaco di Kiev Vitaly Klitchko denuncia bombardamenti sugli edifici pubblici, tra cui scuole e ospedali. Forti esplosioni nella zona dell’aeroporto hanno scosso anche la tranquillità di Leopoli, città finora risparmiata dagli attacchi.
Sul fronte della diplomazia ieri c’è stato un colloquio di due ore tra il presidente Usa Joe Biden e il suo omologo Xi Jinping. «Siamo stati fraintesi, la Cina è contro la guerra e per la pace, bisogna uscire da questa mentalità da Guerra fredda e promuovere il rispetto tra le potenze», ha detto il leader di Pechino, tentando di allontanare i sospetti di un appoggio silenzioso alla strategia di Mosca. E l’inquilino della Casa Bianca gli ha porto un ramoscello d’ulivo: «Gli Stati Uniti sono pronti a proseguire il dialogo con la Cina per prevenire una ulteriore, drammatica escalation in Ucraina»