Nuovo round al tribunale di Firenze fra Matteo Renzi ed il procuratore aggiunto Luca Turco. Entrando nel Palazzo di Giustizia fiorentino per partecipare all'udienza preliminare dell’inchiesta Open davanti al giudice Sara Farini, l’ex premier aveva sottobraccio numerosi quaderni con la copertina rossa. La circostanza non è passata inosservata ai giornalisti presenti che subito hanno domandato cosa ci fosse scritto.

«È la copia dell'esposto con i venti capi d'accusa presenti nella denuncia disciplinare contro i pubblici ministeri della Procura di Firenze», ha risposto Renzi, precisando che il motivo della copertina rossa era dovuto al fatto che «il pm Turco apparteneva a quella corrente che viene chiamata delle toghe rosse». Arrivato in aula dopo poco anche Turco e vedendo l’ex premier gli si è allora subito rivolto dicendo: «Ma perché lei ha tutti questi quaderni? Lei non può portarli qui». E Renzi: «Ma come si permette? Lei non ha alcun titolo per dirmi che cosa portare e cosa no. Decide il giudice, non lei. Faccia il suo e non si permetta».

Terminato questo sipario, i pm hanno replicato alle eccezioni preliminari sollevate dalle difese degli imputati nella precedente udienza del 27 gennaio scorso. La Procura ha chiesto di respingere tutte le eccezioni sollevate, circa una decina. L'udienza è stata aggiornata al prossimo 12 maggio, quando la giudice scioglierà la riserva sulle eccezioni e depositerà l'ordinanza che riguarderà anche l'ammissione degli atti dei pm e dei difensori. Successivamente, il 6 giugno, è prevista la decisione della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato sollevato dal Senato dopo aver accolto la richiesta di Renzi circa l'acquisizione delle sue chat e mail avvenuta in violazione delle guarentigie parlamentari.

«È un mondo alla rovescia, questo è un processo alla rovescia», ha quindi commentato Renzi al termine dell'udienza. «L'importante è essere molto tranquilli - ha aggiunto - rispettare le azioni dei giudici, tutti, ma contestare, numeri alla mano. Per esempio il dottor Turco ha chiaramente violato la legge quando ha preso il telefono di Carrai», quando la Cassazione «aveva detto di dover distruggere la copia forense» del contenuto del cellulare dell'imprenditore. «E in questo quaderno rosso c'è scritto proprio questo, l'invio della copia forense sequestrata a Carrai: questo avviene l'8 marzo mentre la Cassazione ha detto che quella copia andava distrutta il 18 febbraio». L'episodio raccontato da Renzi risale allo scorso anno al momento della chiusura dell’indagine sulla Fondazione Open che vede sul banco degli imputati, con l'accusa di finanziamento illecito, oltre al leader di Italia viva, Maria Elena Boschi, Luca Lotti e gli imprenditori fiorentini Marco Carrai e Vincenzo Manes. I pm titolari del fascicolo depositarono quasi centomila pagine di atti, tra cui anche l’informativa della Guardia di Finanza del giugno del 2020 contenente un estratto del conto corrente di Renzi con l'indicazione di alcuni bonifici per la sua attività di speaker in Arabia Saudita.

La circostanza, divenuta di pubblico dominio, suscitò l'interesse del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) che decise di ascoltare il direttore dell'Aise, l'Agenzia che si occupa della sicurezza esterna, l'ammiraglio Giovanni Caravelli. Durante l'audizione, svoltasi a porte chiuse dopo una settimana, i commissari chiesero al direttore dell'Aise se fosse esistita la possibilità che alcuni Stati, attraverso rapporti con figure istituzionali, erano intenzionati ad influenzare gli indirizzi politici dell'Italia, mettendo così a rischio la sicurezza nazionale. Oltre all’audizione di Caravelli, i commissari chiesero di acquisire formalmente gli atti alla Procura di Firenze. Nel frattempo, però, la Cassazione aveva accolto il ricorso di Carrai, a cui era stato appunto sequestrato l'estratto conto di Renzi, ordinando alla Procura toscana la restituzione del materiale senza trattenerne copia.

Pur a fronte di questa pronuncia, Turco aveva comunque scelto di prendere il materiale e di mandarlo al Copasir. Su questa vicenda era intervento nelle scorse settimane anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio che aveva attivato l'Ispettorato di via Arenula. «Per ottenere giustizia bisogna fare tanti ricorsi e sostenere tante spese legali: chi è che può permettersi di andare in Cassazione? La persona di cui parliamo si è potuta permettere di fare tre ricorsi, altri indagati in quel procedimento hanno fatto altri due ricorsi, vincendoli entrambi. Se uno però non ha i soldi? Ecco perché il fatto che si faccia chiarezza sul modo con il quale non i giudici, non i pm, ma alcuni di essi operano, pochi a dire il vero, è fondamentale non per noi che ci possiamo difendere in tutte le sedi, ma per la povera gente, per la classe media, per chi non ha i soldi per fare ricorso in Cassazione», aveva affermato all’epoca Renzi.