«Niet all'Europa sull'abuso d'ufficio. Gli diremo che il nostro codice sulla corruzione non ha pari». Senza se e senza ma, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove parla in una intervista a "Repubblica". A partire dal Guardasigilli, che ad alcuni sembra irrispettoso: «A noi sembrano più irrispettosi i magistrati che hanno cominciato a criticarlo». La premier però si è arrabbiata: «Leggo solo propalazioni giornalistiche, non l'ho sentita per nulla irrigidita, come me del resto».

Quanto al sottosegretario Mantovano, «in verità ha difeso molto le posizioni di Nordio. Ma qui il tema vero è che noi stiamo facendo una riforma liberale del diritto penale che non depriva i magistrati di alcun potere d'indagine, ma conferisce diritti in più al cittadino presunto innocente. Siamo disposti a dialogare con tutti, ma siamo orgogliosi della nostra proposta». Il sottosegretario ricorda di aver «sempre detto che rispetto al potere d'indagine del Pm, il cittadino deve godere di maggiori diritti. E abbiamo detto che non avremmo limitato l'uso delle intercettazioni e l'abbiamo fatto. Ma mettiamo uno stop alle paginate con le conversazioni di persone mai indagate, ma che parlavano con gli indagati. Non sono cane da guardia di Nordio, né lui pastore del mio gregge. Solo la vediamo allo stesso modo».

C'è chi parla di bavaglio ai giornalisti: «Che queste norme implichino una serie di responsabilità delle procure e indirettamente non consentano più la pubblicazione è evidente, ma non è un bavaglio. Se un ministro, mentre parla con un indagato, parla pure della domestica, quello è diritto di cronaca? Altra cosa è se il giornalista lo scopre mentre il ministro parla alla buvette di Montecitorio. E' un frutto avvelenato, perché usi un mezzo che serve ad altro. Quando parlo con mio figlio Giovanni che non fa i compiti posso sembrare triviale, ma non ho piacere che finisca sui giornali».

Sull'abuso d'ufficio non si molla: «Interloquiremo con l'Europa e spiegheremo che nella battaglia contro la corruzione l'asticella del nostro codice è una delle più alte, non c'è altro Paese che ce l'abbia alta come la nostra. Ma l'abuso è un reato definito “sussidiario”, e io lo contesto proprio per questo, per non parlare del rapporto impietoso tra imputazioni e condanne da cui nasce la paura della firma. Già in tempi normali, ma soprattutto con il Pnrr, l'Italia non se lo può permettere», ha concluso Delmastro.