SODDISFATTI I GRILLINI: «UN PASSO VERSO DI NOI»

E alla fine il governo ha deciso di porre la fiducia sul decreto Ucraina. Che però è arrivato in Aula a palazzo Madama senza relatore, cioè tale e quale a quello già approvato dalla Camera. Non si è discusso dunque degli ordini del giorno e relativi allegati, compreso quello di Fratelli d’Italia sull’aumento delle spese militari accolto dal governo e definito «inaccettabile» dal Movimento 5 Stelle. In mattinata il voto finale, che liquiderà il testo e metterà la parola fine, almeno per ora, sulle polemiche di questi giorni tra il partito di maggioranza relativa in Parlamento, cioè il M5S, e il governo Draghi. Almeno per ora, appunto, perché Conte non ci sta e attraverso un post su Facebook ieri pomeriggio ha rincarato la dose, con tanto di grafici. «A febbraio il 15 per cento di famiglie e Pmi non hanno pagato luce e metano: questa è la realtà di vita di tanti piccoli imprenditori, lavoratori, cittadini - ha scritto l’ex presidente del Consiglio In questo contesto si può mai pensare che l’Italia possa partecipare a questa gara al riarmo e arrivare a spendere il 2 per cento del Pil in spese militari entro il 2024?».

Arrivata la notizia che il testo sarebbe stato presentato senza relatore, la capigruppo convocata a metà pomeriggio ha deciso di porre la fiducia e la situazione si è calmata. A mettere ulteriore acqua sul fuoco le parole del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, il quale ha ribadito che «l’impegno del governo per salire al 2 per cento del Pil entro il 2024 per spese militari risale al 2014» ma che «si può salire con gradualità, da qui al 2028, raggiungendo prima la media degli altri paesi Ue». Un punto di vista giudicato come «un passo verso di noi» dai pentastellati.

Di «ottimo risultato» ha parlato infatti la capogruppo grillina a palazzo Madama, Mariolina Castellone, spiegando che l’accordo «sgombra il campo da dubbi che non avevamo né creato né voluto noi». Ovviamente sul decreto resta l’opposizione di Fratelli d’Italia, che attraverso la tattica parlamentare è riuscito a mettere in difficoltà il governo e ha provocato l’incidente tra Conte e Draghi. Ma il voto di Fd’I «è un voto contro il governo e il suo atteggiamento ma è anche un voto contro il ricatto dei 5 Stelle», ha annunciato Luca Ciriani, capogruppo di Fd’I al Senato.

Sullo sfondo, rimane la difficoltà di dialogo tra M5S e Pd, con il segretario dem, Enrico Letta, che in un tweet ha espresso tutta la sua irritazione per la tensione delle scorse ore. «L’Italia lascerebbe sbigottito il mondo intero se si aprisse ora una crisi di governo, che sarebbe dannosa per tutti noi e sarebbe tremendamente negativa per il processo di pace e per chi soffre per via della guerra - ha scritto sui social - Noi lavoriamo con impegno per evitarla». L’impressione tra molti parlamentari del Pd è che Conte si stia schiacciando su una posizione sempre più vicina a quella di Alessandro Di Battista, cioè stia trasformando il Movimento 5 Stelle sempre più su un partito “di lotta” più che “di governo”. Con relativo aumento dell’instabilità dell’esecutivo ma al tempo stesso consolidando la propria posizione politica nei confronti di quello zoccolo duro di militanti che non hanno mai digerito l’okay al governo Draghi. E che ora, sulla questione armi all’Ucraina e aumento delle spese militari, si stanno facendo sentire più che mai.