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C’era una volta il Papeete Beach di Milano Marittima dove un ministro degli Interni in carica si rilassava alla consolle della discoteca sulla spiaggia, un mojito tra le mani, mentre allegre cubiste ondeggiavano al suono dell’Inno di Mameli. Se c’è un’immagine da fissare ripercorrendo alla moviola questo 2019 che se ne va, è questa: l’agosto folle di Matteo Salvini, talmente forte nei sondaggi che pensò di dare la spallata e chiedere agli italiani “i pieni poteri”, scrollandosi di dosso i fastidiosi partner dell’allora maggioranza, i grillini di Luigi Di Maio. Ecco un primo protagonista da ricordare: il Capitano che sbaglia i conti, spiazzato dalla mossa di Matteo Renzi, improvviso sponsor di un governo Pd- Cinque Stelle, il Salvini narcisista che si ritrova, per troppa autostima, da vicepresidente del Consiglio a rancoroso leader dell’opposizione, tuttavia sempre ben sostenuto dagli elettori. Governo 1 e Governo 2, prima gialloverde, poi giallorosso o giallorosa, come qualcuno lo definisce. E senza cambio di premier, una cosa da non credere. Giuseppe Conte rimane in sella. Nella prima versione “avvocato del popolo” ( giugno 2018), garante del contratto sottoscritto da Lega e Cinque Stelle, timoniere di un governo sovranista, durissimo con gli immigrati e le Ong, porti chiusi e anatemi, un governo isolato in Europa. Nella seconda versione ( settembre 2019), Conte 2, quasi un compagno, “fortissimo punto di riferimento delle forze progressiste”, come lo chiama Nicola Zingaretti, segretario del Pd, entrato in scena obtorto collo. Conte: un altro protagonista indiscusso di quest’anno, prima di lui, come lui, solo Agostino Depretis, inventore del trasformismo, otto volte presidente del consiglio del Regno d’Italia dal 1876 al 1887. Finiranno nei libri di storia, Salvini e Conte? Forse qualche riga, ma sicuramente si sono guadagnati la nomination 2019. Matteo Salvini ha portato la Lega di Bossi dal 3 percento al 30 percento in sei anni. E marcia su Roma con quell’unico intoppo, non da poco per un leader, del Papeete. Finisce l’anno un po’ ammaccato, accusato di sequestro di persona, per aver impedito, nel luglio scorso, lo sbarco di 131 migranti salvati dalla nave della Guardia Costiera Gregoretti. Rischia 15 anni di carcere e questa volta i suoi ex alleati di governo, i grillini, sembrano intenzionati a non salvarlo in aula, al Senato, come accadde per il caso della nave “Diciotti”. Tuttavia: molti nemici molto onore, frase che il Nostro usa spesso per ammiccare ai camerati che votano per lui. Se arrestano me, dovrebbero arrestare il popolo italiano che sta con me, dice il Capitano senza gradi, amico di Putin, “perseguitato come Trump dalla sinistra”. Si è costruito pochi giorni fa un partito a sua misura, la “Lega per Salvini” presentandosi al Congresso con un presepe in braccio, “ultimo difensore dell’Occidente cristiano”. I sondaggi alimentano il suo buon umore e la speranza di dare la spallata in Emilia Romagna. Ci riuscirà? Lo vedremo a gennaio. Intanto, oltre ai pessimi rapporti con Di Maio, definito “piccolo uomo”, Salvini deve vedersela con Giuseppe Conte. Uno che, al Senato, il 20 agosto scorso, quando si discusse la mozione di sfiducia al governo presentata dalla Lega ( e poi ritirata), gli espresse tutto il suo disprezzo, bollandolo “come un opportunista politico, un autoritario privo di coraggio, irrispettoso delle regole”. Giuseppe Conte, l’abbiamo detto, man of the year, uomo dell’anno. Senza un partito alle spalle, senza voti, ieri sconosciuto, oggi corteggiato dall’Europa di Merkel e Macron, e in ottimi rapporti con Trump che ne storpia il nome chiamandolo Giuseppi. Talmente cresciuto da far ombra a Luigi Di Maio e infastidire, nella contesa del campo moderato, Matteo Renzi. Renzi non può non esserci in una moviola dell’anno politico che si sta per concludere. Era orfano di spazio e di visibilità. Se l’è ripresa. La crisi del Papeete l’ha risolta lui, sparigliando completamente le carte. Lui , che aveva sempre detto “con i grillini nemmeno un caffè”, è stato l’ostetrica del nuovo governo giallorosso. Con un piano ben disegnato in testa, estremamente spregiudicato, in ossequio al personaggio. Le date dicono tutto. Il 5 settembre 2019 il Conte bis presta giuramento davanti al presidente Mattarella, il 16 settembre Renzi annuncia che se ne va dal Pd. Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, le due neoministre in quota Pd, lo seguono e diventano la delegazione di Italia Viva nell’esecutivo. “Dopo sette anni di fuoco amico ( nel Pd, ndr) – scrive l’ex presidente del Consiglio – voglio una casa nuova dove far politica in modo diverso”. Una bella grana per Zingaretti che si ritrova in maggioranza un partito corsaro che vuole sì far arrivare la legislatura fino al 2023, anno in cui sarà eletto il nuovo capo dello Stato, ma nel frattempo spiazza e condiziona gli alleati su tutto: prescrizione, tasse, salvataggio Alitalia, pedaggi autostradali. “Al 2023 non arriveremo grillizzati”, assicura Renzi, cercando di schiacciare il Pd sulle posizioni dell’azionista di maggioranza. Protagonista, anche lui, come Conte e Salvini. Con quest’ultimo, a parte il nome di battesimo , condivide il pessimo rapporto con la magistratura, dalla quale entrambi si sentono perseguitati. E poi, scusate, c’è il terzo incomodo. E non è un omaggio al gender. Giorgia Meloni sta crescendo nel gradimento degli italiani ad un ritmo sostenuto. Così almeno pare dai sondaggi. L’ex ragazzina del Fronte della Gioventù sta portando Fratelli d’Italia alla doppia cifra. Ormai ha stabilmente sorpassato e quasi raddoppiato i consensi rispetto a Forza Italia ( dati di novembre). «Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono una cristiana» … Il tormentone rap nato per ironizzare sul suo comizio a San Giovanni nell’ottobre scorso, ne ha aumentato enormemente la popolarità. Giorgia corre in proprio nel mondo maschile della “democrazia illiberale”. Corre un po’ troppo, comincia a pensare Salvini che la considerava solo un’ utile mascotte. Vedremo fin dove arriva. Ultimo protagonista 2019, ma solo per una questione cronologica, Matteo Sartori, 32 anni, l’inventore delle sardine che, da Bologna in poi, sta riportando in piazza migliaia di persone, dicendo no alle bandiere di partito, agli insulti, alla violenza, anche verbale, della politica. Le sardine: fenomeno tutto da scoprire, nel 2020. Loro, stanno sul vago, sia pur in un perimetro di sinistra: «Chiedere che confini daremo alla rivolta è come voler mettere i confini al mare».