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“Da parte di mio zio è stato un approccio quasi infantile da ragazzi, è stata una cosa molto semplice. Non c’è stato mai un rapporto fisico. Mi sono sentita a disagio, non è stata una situazione piacevole. Mi ha fatto capire con delle parole il suo interesse e io ho fatto capire che non ne avevo. È finita là”. Così Natalina Orlandi, sorella di Emanuela, a margine della conferenza stampa a Roma in merito alle notizie emerse circa le molestie subite da parte di uno zio, che sarebbe coinvolto nella sparizione 15enne cittadina vaticana sparita nel nulla il 22 giugno del 1983
Notizie diffuse ieri sera dal Tg La7 e smentite dalla famiglia Orlandi. Per prima cosa “non esiste stupro. È una cosa che risale al 78. Siccome lavoravamo insieme con mio zio, mi ha fatto delle semplici avances verbali, un regalo. Ma quando ha capito che non c'era possibilità si è fermato. È stato uno scivolone di un uomo 50enne. Nel '78 io avevo 21 anni, ero adulta, forse un po' ingenua e forse un po' stupida, ma ne parlai subito con il mio fidanzato dell'epoca”, ha spiegato la sorella sorella di Emanuela.
“Non mi è piaciuto il modo in cui è uscita questa notizia. Mia zia ha 90 anni e miei cugini non sapevano niente”, ha spiegato sottolineando che di questo "si sapeva già in Vaticano e in procura a Roma”. “Ci siamo veramente stufati, siamo arrabbiati. Se è stato fatto per bloccare la commissione è ancora più vigliacco, fanno del male anche alla famiglia di Mirella Gregori”, ha aggiunto Natalina. “Sono stata interrogata dal dottor Sica nel 1983 - ha ricordato Natalina - come se fossi una colpevole reticente. Ero stata chiamata perché sentissi in cassetta i lamenti di Emanuela. Poi mi è stato chiesto se fosse vera quella storia di zio, ho risposto di sì e che la cosa era finita lì. Noi siamo persone limpide, ho raccontato la verità. Le avances erano avvenute 5 anni prima e là erano finite. Mi viene da ridere perché lo sapevano tutti, so che loro hanno fatto le loro indagini”.
Pietro Orlandi: “Il Vaticano vuole scaricare le responsabilità”
A parlare è anche Pietro Orlandi, il quale spiega che lo zio era fuori Roma con la famiglia il giorno della scomparsa di Emanuela. “Non ho prove documentali al riguardo ma ho chiaro il ricordo di mio padre che, non vedendo rincasare Emanuela, chiamò il fratello Mario al telefono fisso, all'epoca non esistevano i cellulari, di una casa dalle parti di Borgorose nel Reatino. Zio era in vacanza con la moglie e i figli”. “Le ultime briciole di dignità il Vaticano le ha bruciate ieri sera”, ha attaccato quindi Pietro. Il quale ritiene che quanto diffuso ieri dal TgLa7 sia in qualche modo legato ad una sorta di attività di 'depistaggio' da parte del Vaticano o di persone interne o legate allo Stato d'oltreTevere. “I panni sporchi - ha aggiunto - li vogliono lavare in casa loro scaricando la responsabilità su altri. Per il Vaticano è sempre stato facile gestire la procura di Roma, molto più difficile è gestire una Commissione parlamentare composta da 40 persone. Ho fiducia in questo Parlamento e in questo governo, che ha la volontà di fare chiarezza su tutto”.
Il legale di Famiglia: “Si è fatta macelleria della vita delle persone”
Alla conferenza stampa convocata dalla famiglia Orlandi è intervenuta anche l'avvocata Laura Sgrò, che ha commentato la gravità di quanto accaduto. “Quello che è successo ieri meritava un approfondimento perché siamo stati travolti da questa notizia - ha spiegato il legale della famiglia Orlandi - Ieri si è fatta macelleria della vita delle persone. Abbiamo appreso dal Tg di La7 che si attribuirebbero delle responsabilità della scomparsa di Emanuela allo zio. Sono stati raccontati fatti privati di Natalina Orlandi, la sua vita è stata messa in piazza e macellata. Sarebbe stata una gran cosa se qualcuno prima di quel servizio avresse deciso di fare una telefonata”. “La pista riguarda una persona morta che non si può difendere e delle indagini fatte da un magistrato morto anche esso - ha sottolineato l'avvocata - Quei documenti non sono inediti, noi eravamo a conoscenza da anni. Erano queste le carte impolverate di cui parlava la procura vaticana?”, ha domandato la legale.
La “nuova pista”
Il colpo di scena delle ultime ore sulla scomparsa di Emanuela Orlandi che potrebbe portare a una nuova ipotesi investigativa riguarderebbe il marito della sorella di Ercole Orlandi, papà della ragazzina. Il nome dello zio di Emanuela appare ora in un carteggio consegnato dal promotore di Giustizia Vaticano Alessandro Diddi alla procura di Roma, ma non si tratta di una novità assoluta: la posizione dell’uomo (ormai deceduto dopo essere stato per tanto tempo gestore di un bar alla Camera dei Deputati) era stata vagliata in passato dagli investigatori che da 40 anni cercano risposte al giallo irrisolto.
Nei documenti in mano ai magistrati, di cui ha dato notizia ieri sera il Tg di La7, si fa riferimento a presunte molestie subite da Natalina Orlandi da parte dello zio, aprendo dunque all'ipotesi (al momento priva di riscontri) che l'uomo potrebbe aver riservato lo stesso trattamento anche a Emanuela. L’uomo ha sempre detto di trovarsi a Torano, in provincia di Rieti, il giorno in cui sparì nel nulla sua nipote. Gli investigatori dell'epoca concentrarono la loro attenzione sullo zio di Emanuela, ma la pista venne abbandonata quando Papa Giovanni Paolo II, parlando pubblicamente del sequestro dell'allora 15enne, fece riferimento prima a un caso di rapimento e poi in privato a una vicenda di terrorismo internazionale. Da quel momento, al centro degli accertamenti degli inquirenti italiani, sono finite tantissime altre ipotesi, prima fra tutte quella sul coinvolgimento della Banda della Magliana con il boss De Pedis in primo piano e, più recentemente, quella sulla pedofilia che avrebbe portato Emanuela fino a Londra.
Oggi, a distanza di anni, la pista 'familiare' torna a riprendere quota tra le proteste indignate del fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, che ha detto: “Ho capito che sono delle carogne. Hanno deciso di scaricare tutto sulla famiglia, senza vergogna, senza vergogna, mi fanno schifo”.