È il “testimonial” della riforma sulla separazione delle carriere fra pm e giudici che non ti aspetti. Parliamo di Nicola Gratteri, procuratore di Napoli e dal prossimo mese protagnista su La7 con il programma “Lezioni di mafie”, fautore – a sua insaputa – della riforma voluta dal guardasigilli Carlo Nordio e che prevede, oltre all’istituzione di due distinti organi di autogoverno, anche il sorteggio per l’elezione dei rispettivi componenti, sia togati che laici.

Intervenendo lo scorso fine settimana alla serata conclusiva del “Premio Caccuri”, un premio letterario organizzato nell’omonimo paese in provincia di Crotone, Gratteri, una volta finito di stroncare tutte le recenti riforme in materia di giustizia volute dal centrodestra, ha affrontato il tema della «perdita di credibilità» delle toghe fra gli italiani. «Siamo al 36 per cento di consenso, la fiducia è dimezzata, ma ce lo meritiamo», ha esordito Gratteri rispondendo a una domanda del giornalista Gianluigi Nuzzi sul Palamaragate.

Dopo aver ricordato al pubblico presente di aver conosciuto l’ex presidente della Associazione nazionale magistrati a Reggio Calabria, dove quest’ultimo faceva l’uditorato, e di ricordarselo come un «magistrato medio, normalissimo, non un genio», Gratteri ha precisato che comunque «è improprio parlare del “caso” Palamara». Secondo il procuratore di Napoli, infatti, da allora non sarebbe «cambiato nulla», e ad aver pagato (con la rimozione dalla magistratura, ndr) per quanto accaduto sarebbe stato solo lui, l’ex vertice del “sindacato” dei magistrati.

Secondo Gratteri, con il “sistema” delle nomine e degli incarichi divenuto di pubblico dominio, avrebbero dovuto «dimettersi tutti i componenti del Csm». Circostanza che invece non si è verificata. Parole molto forti ma che rafforzano la tesi di Nordio secondo cui per arginare lo strapotere delle correnti della magistratura all’interno del Csm, e dunque la loro ingerenza nelle nomine e negli incarichi, sia necessario sorteggiare i componenti togati dell’organo di autogoverno, così da recidere alla base ogni legame fra i consiglieri e i gruppi associativi.

Va ricordato che ad oggi tutte le riforme concepite per porre un freno allo strapotere delle correnti si sono rivelare un fallimento. Da ultimo la stessa riforma Cartabia, approvata all’indomani dello scoppio del Palamaragate con l’obiettivo di favorire candidature indipendenti, slegate dall’appartenenza correntizia, ha ottenuto alla prova dei fatti il risultato contrario. Tranne due casi, il giudice Andrea Mirenda e il pm Roberto Fontana, il primo peraltro eletto con il sorteggio già previsto in via residuale dalla legge Cartabia, risultano espressione dei gruppi associativi dell’Anm.

Per ironia della sorte, ad ascoltare gli strali di Gratteri contro le riforme volute dal governo di centrodestra era presente fra il pubblico l’avvocata trentina Claudia Eccher, laica indicata dalla Lega al Csm. Eccher, proprio sul Dubbio, la scorsa settimana aveva sottolineato l’importanza di approvare quanto prima la riforma del centrodestra sulle “carriere” in modo da risolvere le citate criticità.

I voti dei laici di centrodestra, a iniziare da quello del vicepresidente Fabio Pinelli, anch’egli eletto a Palazzo Bachelet per scelta della Lega, furono determinati per la nomina di Gratteri a procuratore di Napoli. Senza, il plenum avrebbe infatti nominato Rosa Volpe, per anni aggiunta nella Procura del capoluogo campano. Una nomina, quella della magistrata concorrente di Gratteri, che andava anche nel segno della continuità, per l’ufficio che era stato retto da Gianni Melillo, attuale procuratore nazionale Antimafia e che in precedenza aveva sconfitto lo stesso Gratteri per il ruolo di numero uno a via Giulia.

Gli strali di Gratteri rischiano, in conclusione, di mettere in cattiva luce non solo il governo di centrodestra ma anche i suoi colleghi, che sono contrarissimi al sorteggio e vogliono il mantenimento dello status quo.