Se il papà del governo giallo- rosso mette in dubbio l’utilità di un’alleanza tra Pd e M5S, Giuseppe Conte non fa può far finta di niente. E così, il presidente del Consiglio risponde «sì» alla richiesta di una verifica di maggioranza avanzata da Goffredo Bettini, dirigente dem parecchio ascoltato al Nazareno, tra i primi a teorizzare la necessità di un’intesa, considerata innaturale fino alla scorsa estate, tra grillini e centrosinistra.

«In questo momento il governo, il Parlamento, tutte le forze politiche sono concentrate sull’esame delle misure contenute nella legge di Bilancio e nel decreto Fiscale», premette il premier, ricordando che questi impegni dureranno per tutto il mese di dicembre. Ma «un attimo dopo mi farò portatore di questa iniziativa. È assolutamente necessaria», dice Conte, accogliendo dunque la richiesta di Bettini. A gennaio il capo del governo sottoporrà alle forze politiche che lo sostengono un «cronoprogramma» da condividere e «priorità» da seguire.

L’obiettivo è il 2023, scadenza naturale della legislatura. Almeno nelle intenzioni dell’inquilino di Palazzo Chigi, consapevole di essere sopravvissuto a tempeste ben più violente di questa. «Il Paese chiede chiarezza, non possiamo proseguire con dichiarazioni o differenti sensibilità, sfumature varie e diversità di accento», garantisce Conte nel tentativo di rassicurare Goffredo Bettini. Che però poche ore prima dell’intervento del premier usa parole molto nette sull’esperienza giallo- rossa. «A gennaio Conte si presenterà con una sua agenda e terrà conto anche delle cose successe.

Discuteremo un programma che o si approva o non si approva», è l’aut aut recapitato dall’ex eurodeputato dem agli alleati di governo e all’avvocato del popolo.

«Non possiamo stare sospesi ogni giorno alle dichiarazioni di Di Maio o a quelle di Renzi che prima vuole il maggioritario poi il proporzionale, prima dice che si deve eleggere il Presidente della Repubblica poi che si può andare anche a votare subito. Questo non va bene», argomenta l’esponente Pd, che mette nel mirino non solo i “capricci” del capo politico, ma anche il cannoneggiamento di Italia Viva su Palazzo Chigi.

E se la scorsa estate fu proprio un intervento pubblico di Bettini a sfatare il tabù dell’alleanza con i Cinquestelle, spianando la strada al Conte due, l’attuale minaccia di un ritorno rapido alle urne in caso di prolungata litigiosità dovrebbe essere presa sul serio da tutte le “segreterie” politiche chiamate in causa. Se non è l’annuncio di una crisi poco ci manca. Perché l’ex europarlamentare non parla mai a titolo personale e quando prende una posizione spesso non fa altro che anticipare la linea dell’intero Pd.

Per ora, il segretario Nicola Zingaretti evita di gerttare benzina sul fuoco. Ma non rinuncia a stuzzicare i colleghi di maggioranza: «Lavoriamo a una nuova Agenda 2020 per riaccendere i motori dell’economia», dice.

«Alleanza vuol dire condivisione», mette in chiaro.

Il Pd, dunque, mostra i muscoli, convinto che dietro la rumorosità dei “coinquilini” si celi solo un bluff, smascherabile solo puntando l’intera posta in gioco, il “piatto”. Se qualcuno deciderà di “vedere”, le urne in primavera saranno l’unica soluzione percorribile. Con tanto di ringraziamento salviniano, che ancora ieri ripeteva: «Prima tolgono il disturbo e meglio è».