«Sono stati anni terribili. Spero che ci sia un giudice che comprenda le mie ragioni». Dopo oltre tre anni in custodia cautelare, Giancarlo Pittelli non vuole aggiungere di più. E si limita a queste parole, poche ore dopo essere stato rimesso in libertà dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, che ha revocato gli arresti domiciliari oltre tre anni dopo il suo primo arresto, avvenuto nel dicembre 2019. I giudici reggini hanno accolto oggi l'appello presentato dagli avvocati Gian Domenico Caiazza, Guido Contestabile e Salvatore Staiano contro l'ordinanza del Tribunale di Palmi, che l'8 febbraio scorso aveva rigettato l'istanza contro gli arresti domiciliari imposti all’ex parlamentare di Forza Italia nell’ambito dell'inchiesta “Mala Pigna”, nella quale è accusato di concorso esterno con la cosca Piromalli di Gioia Tauro. Un provvedimento che fa il paio con la decisione del Tribunale della Libertà di Catanzaro, che nelle scorse settimane aveva bocciato la tesi della Dda guidata da Nicola Gratteri - che lo aveva fatto arrestare nel 2019 - annullando la misura cautelare legata al processo “Rinascita Scott”, nel quale è imputato per rapporti con le cosche del Vibonese. Per Pittelli, ora, rimane solo il divieto di esercitare la professione di avvocato per un anno.

Per conoscere le ragioni della decisione di oggi toccherà attendere le motivazioni del provvedimento. Quel che è noto, adesso, è quanto deciso dal Riesame di Catanzaro, che si era pronunciato dopo l’annullamento con rinvio disposto dalla Cassazione. E secondo i giudici, allo stato dei fatti non emergerebbero indizi in grado di supportare la tesi che il penalista abbia svelato notizie coperte da segreto in relazione ai verbali del pentito vibonese Andrea Mantella e che, dunque, abbia trasmesso notizie coperte da segreto al clan Mancuso. Secondo i giudici del capoluogo calabrese, infatti, gli elementi valorizzati dalla procura, pur dimostrativi «di una condotta opaca di Pittelli e difficilmente catalogabile come professionale, e della sussistenza di legami, connotati anche da una certa frequenza, con Marinaro, agente della Dia dal quale, secondo il costrutto accusatorio, avrebbe reperito le informazioni secretate», allo stato degli atti «e salvo più approfondita istruttoria dibattimentale, si arrestano al mero sospetto, non potendo affermarsi che i verbali e le informazioni in ordine alla collaborazione di Mantella fossero nella disponibilità di Pittelli o che Pittelli avesse gli strumenti e si fosse effettivamente attivato, tramite le proprie conoscenze per reperirli».

Secondo i giudici, dunque, «la messa a disposizione del Pittelli non ha dispiegato alcun contributo concreto alla consorteria, trattandosi appunto, per come acclarato nei precedenti provvedimenti giudiziali, di una sorta di millanteria per far considerare dai propri assistiti come cruciale il suo ruolo, alla luce delle sua conoscenze ed entrature. Tale condotta non è qualificabile come concorso esterno in associazione mafiosa, per carenza dell’elemento soggettivo della fattispecie del nesso causale tra condotta contestata e aiuto concreto al sodalizio, richiesto indefettibilmente per la configurabilità del delitto ex art 110-416bis cp».

Ad esultare per la decisione del Riesame di Reggio Calabria è il Comitato per Pittelli e associazione Riforma Giustizia. «Dal 19 dicembre 2019 fino ad oggi il noto penalista e politico calabrese Giancarlo Pittelli ha vissuto una condizione indegna di uno stato di diritto: privato della libertà personale, costretto per lunghi periodi anche alla detenzione in carceri speciali, sottoposto alla pubblica gogna e additato per anni come esponente di spicco della cosiddetta “massomafia” - si legge in una nota -. Già a gennaio, dopo oltre tre anni, era emerso che gli indizi di concorso esterno in associazione mafiosa, raccolti dagli inquirenti nella indagine “Rinascita Scott”, erano labili e insufficienti a tenerlo in custodia cautelare. Oggi anche i giudici del Riesame del processo “Mala Pigna” accolgono l’istanza degli avvocati difensori. Lo Stato si ricorda dopo tre anni di Giancarlo Pittelli e gli restituisce la condizione di uomo libero, secondo giustizia e secondo i principi della Costituzione italiana. Esprimiamo la soddisfazione e la gioia di tutti coloro che hanno creduto sin dall’inizio in una battaglia civile di verità. Rimane una forte amarezza per la lunga sospensione del principio costituzionale di presunzione di innocenza e per la ridicolizzazione che tale principio ha subito agli occhi di una cittadinanza sempre più perplessa e allarmata».