Soldi all’ex procuratore Mario Venditti per archiviare Andrea Sempio. È questo l’ennesima inquietante, ipotesi nella vicenda dell’omicidio di Chiara Poggi, che ora si arricchisce di un nuovo indagato: il magistrato che, per due volte, chiese l’archiviazione di Sempio, amico del fratello di Chiara, oggi di nuovo indagato per l’omicidio della giovane uccisa a Garlasco il 14 agosto 2007. L’accusa è pesantissima: corruzione in atti giudiziari.

La procura di Brescia, competente per i reati commessi dai magistrati di Pavia, ha disposto ieri la perquisizione personale, delle abitazioni, dei luoghi nella loro disponibilità, dei veicoli, nonché quella di pc, smartphone, tablet e supporti di archiviazione di Venditti, dei genitori e degli zii di Sempio e di due ex carabinieri della sezione di polizia giudiziaria di Pavia, oggi in congedo, con lo scopo di cercare e sequestrare possibili elementi collegati al delitto.

Secondo la pm di Brescia Claudia Moregola e il procuratore Francesco Prete, agli inizi di febbraio 2017, proprio mentre erano in corso le indagini che hanno portato alla prima iscrizione del 37enne, sarebbe stata proposta o comunque ipotizzata dalla famiglia Sempio una somma di denaro da versare all’allora aggiunto Venditti in cambio dell’archiviazione del procedimento. Tutto ruota intorno ad un appunto trovato a casa dei genitori di Sempio, con la scritta «Venditti gip archivia x 20.30 euro». L’appunto era datato 2016, un refuso secondo gli inquirenti, che mettono in relazione quelle parole con l’archiviazione poi richiesta il 15 marzo 2017 e accolta dal gip il 23 marzosuccessivo. Indagini, affermano gli inquirenti, caratterizzate «da una serie di anomalie», come l’omissione, da parte della sezione di polizia giudiziaria, della trascrizione di alcune intercettazioni ambientali ritenute significative e la durata dell’interrogatorio, considerata «breve».

L’ascolto delle ambientali ha portato la procura di Brescia ad ipotizzare che Sempio e la sua famiglia fossero a conoscenza in anticipo dei temi che sarebbero stati affrontati durante l’interrogatorio programmato il 10 febbraio 2017. Già il giorno prima, infatti, Sempio sarebbe sembrato consapevole di alcuni elementi contenuti nell’esposto presentato a dicembre 2016 dalla madre di Alberto Stasi - ex fidanzato di Chiara, condannato a 16 anni per l’omicidio -, dal quale è originata la riapertura del procedimento. L’ipotesi è che dunque Sempio sia stato informato in anticipo sulle domande che gli sarebbero state rivolte, dato il tenore delle parole pronunciate dal padre Giuseppe: «Comunque ha detto che ti chiederà le cose che sono state depositate (...) se ti infila dentro qualche domanda che non... dici: guardi io non mi ricordo, son passati dieci anni...». Subito dopo l’interrogatorio, poi, i due si sarebbero confrontati sulle dichiarazioni: «Ne abbiamo cannata una, che io ho detto che lo scontrino era stato ritrovato dopo che ero stato sentito, che tu hai detto che l’abbiamo ritrovato prima». Si tratta dello scontrino del parcheggio che rappresenta l’alibi di Sempio per quel giorno. Significative, secondo la procura, anche le impressioni che i due si sarebbero scambiati, sempre in quella occasione, sull’atteggiamento degli inquirenti. «Erano dalla nostra - registrarono le cimici -, perché mi han fatto alcune domande che io ho capito perché me le facevano», ovvero quelle relative alla localizzazione del cellulare di Sempio.

Un altro elemento riguarda alcuni contatti definiti «opachi» tra Sempio e due ufficiali, Andrea Spoto e Silvio Sapone, rispettivamente addetto e responsabile della sezione di polizia giudiziaria della procura di Brescia, che al momento non risultano indagati. In occasione della notifica dell’avviso di comparizione, infatti, Spoto si sarebbe trattenuto un’ora e 10 minuti col giovane, tempo ritenuto incompatibile con la sola esecuzione della notifica, mentre Sapone, che avrebbe avuto un particolare rapporto di confidenza con Venditti, avrebbe avuto un contatto precedente, senza ragioni investigative.

Ma a destare particolare sospetto sono alcune intercettazioni non trascritte, nelle quali Giuseppe Sempio avrebbe fatto riferimento alla necessità di «pagare quei signori lì» con modalità non tracciabile. Soldi che, poi, sarebbero stati «portati» a qualcuno, anche se nella conversazione non viene spiegato a chi. Subito dopo, però, Giuseppe Sempio nomina Massimo Lovati, il legale del figlio, che lo avrebbe informato di voci su una possibile archiviazione. Affermazioni che non furono approfondite, così come non furono monitorati i conti bancari per tentare di ricostruire eventuali movimenti di denaro. La Guardia di Finanza avrebbe ora scovato movimentazioni ritenute «anomale» tra dicembre 2016 e giugno 2017, con un passaggio di 43mila euro da parte delle zie paterne di Andrea Sempio al fratello Giuseppe. Nello stesso periodo, padre e figlio avrebbero prelevato 35mila euro, cosa ritenuta strana rispetto alle movimentazioni abituali. Non risultano versamenti agli avvocati. Si tratta, dunque, di elementi indiziari. Ma secondo gli inquirenti, quei soldi potrebbero essere serviti per corrompere Venditti, ora alla guida del casinò di Campione d’Italia, in provincia di Como. Venditti chiese e ottenne l’archiviazione di Sempio per due volte: la prima nel 2017, dopo circa tre mesi, la seconda nel 2020, dopo appena 21 giorni. Una celerità che spiegò in un’intervista a Quarto Grado a giugno, quando affermò di aver deciso «dopo 21 minuti, anzi 21 secondi», per via della «attestata infruttuosità della prova scientifica - il materiale genetico sulle unghie di Chiara Poggi, oggi considerato utilizzabile, ndr - e vista la assoluta carenza di riscontri oggettivi alle enunciate e mai provate anomalie delle precedenti indagini».

A casa di Sempio, ieri mattina, si è presentato anche Lovati, difensore insieme alla collega Angela Taccia. «I pizzini - spiega - richiedono prima una perizia grafica per essere attribuiti a chicchessia». Il colpo di scena - annunciato in esclusiva dal Tg1 - è avvenuto, ancora una volta, proprio mentre i legali di Sempio erano pronti a presentarsi davanti al gip, Daniela Garlaschelli, per una richiesta di proroga dell’incidente probatorio. Nei mesi scorsi, proprio nel giorno in cui era previsto l’interrogatorio di Sempio, fu sempre il Tg1 a fare lo “scoop”, mostrando in prima serata un’impronta attribuibile a Sempio sul muro delle scale dove fu trovato il corpo di Chiara. Impronta che fu definita «insanguinata», ma che in realtà non presentava materiale ematico. Per gli avvocati del giovane e della famiglia Poggi si tratterebbe di «coincidenze non casuali». L’avvocato Francesco Compagna, legale di Marco Poggi, avverte: «La paura è che diventi un tormentone infinito sulla pelle delle persone e della credibilità della giustizia», ricordando che due gip e la Corte d’Appello non abbiano mai ravvisato prove contro Sempio. «Si tenta di rilanciare un’indagine che ha solo confermato la responsabilità di Stasi - conclude -. I genitori di Chiara sono sconcertati: è una ferita che non si rimargina mai».