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Marco Cappato, Mina Welby, Filomena Gallo e i membri dell’ associazione Luca Coscioni depositano in Cassazione la proposta di legge d’iniziativa popolare per la legalizzazione dell’eutanasia, Roma, Giovedì 5 Giugno 2025 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse) Members of the Luca Coscioni association deliver to the Supreme Court a popular initiative bill for the legalization of euthanasia, Rome, Thursday, June 5, 2025 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)
Per la prima volta è il tema dell’eutanasia ad arrivare in Corte Costituzionale. Dopo la storica sentenza 242 del 2019 sul caso Cappato/Dj Fabo, che ha in parte legalizzato l’accesso al suicidio assistito, la Consulta potrebbe segnare una nuova svolta sul fine vita. Questa volta esprimendosi sull’articolo 579 del codice penale (omicidio del consenziente), che punisce con la reclusione fino a quindici anni “chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui”.
Il caso scaturisce dalla battaglia legale di Libera (nome di fantasia, da lei scelto per privacy), una donna toscana di 55 anni, affetta da sclerosi multipla progressiva, completamente paralizzata e mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Pur possedendo i quattro requisiti di accesso al suicidio assistito stabiliti dalla Corte, Libera non è fisicamente in grado di autosomministrarsi il farmaco letale: è completamente paralizzata dal collo in giù, ha difficoltà nel deglutire e dipende dai suoi caregiver per tutte le attività quotidiane.
Come spiega l’Associazione Luca Coscioni, che ha presentato un ricorso d’urgenza al tribunale di Firenze affinché sia il medico di fiducia a somministrarle il farmaco, la donna ha rifiutato la sedazione profonda perché vuole essere lucida e cosciente fino alla fine. Lo scorso 30 aprile, il tribunale ha quindi sollevato la questione di legittimità costituzionale. L’udienza pubblica davanti alla Corte costituzionale si terrà il prossimo 8 luglio.
«Per la nostra assistita abbiamo chiesto al giudice del tribunale di Firenze di autorizzare il suo medico a procedere con la somministrazione del farmaco che l’azienda sanitaria aveva ritenuto idoneo, e in subordine di sollevare l’incidente di costituzionalità sul reato di omicidio del consenziente previsto dal codice penale. Il giudice fiorentino ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 579 del codice penale nella parte in cui non esclude la punibilità del medico che attua, con le modalità della legge 219/2017, articoli 1 e 2, la volontà suicidaria di un paziente nelle condizioni sopra descritte, sottolineando il possibile contrasto con gli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione italiana», spiega Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Coscioni e legale di Libera insieme a un ampio collegio difensivo. «Libera – aggiunge -, che sta soffrendo a livelli insopportabili a causa della malattia e di ulteriori complicazioni, attende con urgenza l’intervento della Corte costituzionale, dove si svolgerà l'udienza pubblica il prossimo 8 luglio, per poter porre fine alle proprie sofferenze e chiede il rispetto della sua privacy e di quella della sua famiglia».
«L’ordinanza pone una questione decisiva per il rispetto del diritto all'autodeterminazione nel fine vita. La Corte costituzionale da 8 anni esorta il legislatore a intervenire nel rispetto della libertà di scelta della persona malata. La questione sollevata dal tribunale di Firenze è un’occasione importante per dare una risposta a “Libera” e a tutte le persone che sono e saranno nelle sue stesse condizioni», dichiara Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione.
«Se la Corte costituzionale, esattamente come ha fatto con l’articolo 580 del codice penale, dichiarasse incostituzionale il divieto assoluto di somministrazione di un farmaco letale da parte di un medico, anche quando la persona che lo richiede si trova nelle condizioni di malattia previste dalla sentenza n. 242/2019, molte persone malate, fisicamente impossibilitate all’autosomministrazione e oggi per questo discriminate, potrebbero accedere alla morte volontaria», spiega ancora l’Associazione. Che intanto sta raccogliendo le firme per una proposta di legge di iniziativa popolare depositata in Cassazione che apre a tutte le opzioni di fine vita.