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«Il nostro dovere è soddisfare la sete di verità della popolazione», così, testuali parole, il capo della procura di Bergamo Antonio Chiappani presenta ai lettori della Repubblica l’inchiesta sulla presunta malagestione dell’emergenza Covid che vede indagate 19 persone tra cui l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della sanità Roberto Speranza e il presidente della regione Lombardia Attilio Fontana.
Sono accusati di reati che, solo a pronunciarli, evocano atti di inaudita gravità: epidemia colposa aggravata e omicidio colposo plurimo, oltre al più ordinario rifiuto di atti di ufficio, reato di omissione. La posizione dei deputati Conte e Speranza è stata comunque stralciata e trasmessa al tribunale dei ministri, l’unico organismo competente per giudicarli. «Le vite nel bergamasco cadevano come birilli, c’è stata una catena di errori. Senza quegli errori, non avremmo avuto tutti questi morti», sostiene il procuratore.
Tre i filoni dell’indagine condotta dalla procuratrice aggiunta di Bergamo Cristina Rota assieme alla Guardia di finanza: le anomalie nella gestione dell'ospedale di Alzano, il mancato allestimento della zona rossa in Val Seriana e l'assenza di un piano pandemico aggiornato per contrastare la pandemia come raccomandato dall’Oms. Ci sono voluti tre lunghi anni, migliaia di documenti ufficiali, chat telefoniche, mail e cartelle cliniche passate al setaccio, per formulare le accuse: «È un tempo lungo, lo ammetto, ma sempre meno della politica», graffia Chiappani che con la “politica” sembra avere il dente avvelenato. Già lo scorso anno, a indagini ancora in corso, rilasciò un’intervista al quotidiano Domani dando del bugiardo al ministro speranza: «Non ha raccontato cose veritiere, anche questo è un aspetto che dovremo valutare».
Al di là delle uscite inconsuete sui giornali, è l’impianto stesso dell’inchiesta bergamasca che lascia perplessi. L’idea di processare una pandemia che ha colto di sorpresa il mondo intero, mettendo in ginocchio governi e sistemi sanitari, dividendo e stressando la stessa comunità scientifica, sembra andare contro il semplice buon senso. Qualcuno ricorda il caos che regnava in Italia e poi in Europa e nell’intero pianeta all’inizio del 2020?
Proveniente dalla Cina, il Covid 19 sembrava un morbo inarrestabile e il nostro paese è stato il primo a dover fronteggiare il virus, a vivere la situazione apocalittica negli ospedali con i reparti di terapia intensiva giunti allo stremo, con il macabro bollettino dei morti, le code davanti i supermercati, il confinamento e il coprifuoco che non si vedevano dai tempi della Seconda guerra mondiale. Mentre in tv virologi ed epidemiologi diventavano i nuovi sacerdoti, lanciandosi in ipotesi e scenari spesso contraddittori, a volte litigando tra di loro. Il governo Conte ha in tal senso preso le misure più dure e tempestive di tutti i paesi europei, a volte con effetti grotteschi come gli elicotteri che inseguivano i bagnanti nelle spiagge o i poliziotti a caccia nei parchi pubblici di appassionati di jogging.
Ad esempio in Francia, Germania, Spagna, Olanda, Inghilterra e altre nazioni le autorità hanno avuto complessivamente un approccio più blando, limitando i lockdown e le varie restrizioni, specialmente i paesi protestanti, per i quali il rispetto della libertà individuale prevale persino sul diritto alla salute pubblica. E alla fine il bilancio delle vittime è stato più o meno simile per tutti perché ben poco si poteva fare per arrestare le primi terribili ondate.
Sono stati commessi degli errori da parte del governo e dei dirigenti sanitari locali? Senz’altro ma sarebbe assurdo pretendere una reazione infallibile di fronte a un’emergenza così oscura e inedita. Il Covid 19 era un malattia sconosciuta contro la quale non esistevano difese e inizialmente fu sottovalutata da tutti. Questo lo sa anche il procuratore di Bergamo, cosciente dei limiti della sua inchiesta e sui tratti sfuggenti del reato di epidemia colposa: «Stando alla Cassazione, c'è un problema di configurabilità, ne siamo consapevoli, magari qualcuno sarà prosciolto, qualche posizione sarà archiviata, o i giudici riterranno che non si debba procedere».