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Se domani i giudici parigini decideranno di respingere il ricorso della procura generale, negando l’estradizione per i dieci ex terroristi italiani rifugiati in Francia, quella pagina di storia verrà chiusa definitivamente. Altrimenti la palla tornerà alla Corte d’Appello e, in un eterno ritorno degli anni di piombo, la saga giudiziaria andrà avanti chissà ancora per quanto.
Nel corso dell’ultima udienza che si è svolta lo scorso anno l’avvocato generale della Cassazione aveva rigettato il ricorso, evocando il diritto alla vita privata, all’equo processo e alle garanzie della difesa secondo gli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. La legislazione d’emergenza e le leggi speciali impiegate negli anni 70-80 dalla magistratura italiana per arrestare e condannare centinaia di extraparlamentari e appartenenti ai gruppi armati, sono in tal senso incompatibili con i criteri della Cedu, rilevarono le toghe translpine.
Per questo le difese si dicono ottimiste, convinte che la Cassazione francese archivierà per sempre la vicenda. «I motivi di impugnazione sollevati dalla Procura generale non hanno alcun fondamento, il ricorso deve essere respinto», sottolinea Irène Terrel, storica avvocata dei rifugiati italiani in Francia (dei dieci sette sono suoi clienti) che nel corso degli anni hanno beneficiato della “dottrina Mitterrand” ottenendo un asilo politico de facto dallo Stato francese.
La dottrina Mitterrand, che si applicava a chi avesse rinunciato alla lotta armata, è però stata sepolta con l’arresto-rapimento dell’ex Br Ucc Paolo Persichettti nel 2002 (accusato a torto di avere rapporti con le nuove Brigate rosse), mentre i successivi governi francesi non hanno più fatto ricorso a quel principio (vedi l’affaire Cesare Battisti). Ma il suo fondamento giuridico è rimasto in piedi, come dimostrano le sentenze successive della magistratura emesse nonostante le forti pressioni politiche dell’Italia sull’Eliseo. Sul caso era intervenuto lo stesso presidente Macron che lo scorso anno aveva espressoanche un suo personale giudizio a favore dell’estradizione: «Quelle persone meritano di essere giudicate nel loro paese». Ma si era ben guardato nel violare l’indipendenza dei giudici dell’alta Corte.
Tra gli “esiliati” coinvolto il più noto è l’ex fondatore di Lotta Continua Giorgio Pietrostefani, oggi ottantenne e gravemente malato, condannato a 22 anni per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi;o il 13 marzo 1979. Oltre a Pietrstefani ci sono gli ex Br Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi, Maurizio Di Marzio, Enzo Calvitti; l'ex militante di Autonomia Operaia Raffaele Ventura; l'ex militante dei Proletari armati Luigi Bergamin e l'ex membro dei 'Nuclei armati contropotere territoriale', Narciso Manenti.