NO AGLI EMENDAMENTI

L’equo compenso potrebbe presto diventare legge. È questa la novità che emerge dai lavori della commissione Giustizia del Senato, dove ieri è stato esaminato il testo a tutela dei professionisti che si trova in seconda lettura a Palazzo Madama: via libera senza modifiche ai primi 8 articoli.

MASSIMILIANO DI PACE IL PROVVEDIMENTO, GIÀ APPROVATO ALLA CAMERA, VICINO AL TRAGUARDO

Oggi il completamento dell’esame in commissione al Senato: ok senza modifiche ai primi 8 articoli

MASSIMILIANO DI PACE

Le nuove norme sull’equo compenso potrebbero presto diventare legge. È questa l’indicazione proveniente dai lavori della commissione Giustizia del Senato, che ieri ha esaminato l’AS 2419, “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”, promosso dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni insieme ai deputati Jacopo Morrone ( Lega) e Andrea Mandelli ( Forza Italia). Insomma, il provvedimento, che si trova a Palazzo Madama in seconda lettura, e che è tanto atteso dal mondo dei professionisti, è veramente vicino al traguardo. Infatti, i primi 8 articoli ( su 12) sono stati approvati senza modifiche, e tutto lascia immaginare che oggi, nella seduta pomeridiana della commissione, si giunga al completamento dell’esame del testo con un’approvazione senza modifiche anche degli ultimi 4 articoli. A quel punto non resterebbe che la ratifica dell’aula di Palazzo Madama, prima che il disegno di legge 2419 venga pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

«L’esame in commissione è proceduto in modo lineare – afferma la senatrice di Forza Italia, Fiammetta Modena – e se da una parte il governo ci ha lasciati di fatto liberi di decidere sugli emendamenti, è stato il relatore, il senatore della Lega Emanuele Pellegrini, a esprimere parere contrario su molti emendamenti. Di fatto, il voto è stato spesso unanime, e solo per alcuni degli emendamenti, sui quali non vi era un parere contrario, si è visto il voto favorevole di Pd e M5S, che però non è stato sufficiente per approvare quelle proposte di modifica».

Va detto però, come era stato ricordato in queste pagine lo scorso 23 giugno, che l’esito dell’esame in commissione Giustizia del Senato era tutt’altro che scontato. Tanto che un esponente del governo, ossia il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, aveva voluto esprimere pubblicamente, lo scorso 26 giugno, la propria contrarietà a modificare il testo uscito dalla Camera dei Deputati, se non altro per il pratico motivo che il tempo restante di questa legislatura è così limitato che una nuova lettura a Montecitorio potrebbe non essere completata, facendo quindi saltare l’approvazione definitiva del disegno di legge, che comunque rappresenta un passo in avanti rispetto alla disciplina attuale.

Un’opinione, questa, che era già stata espressa da Consiglio nazionale forense, Ocf, Cassa forense, Aiga e diverse associazioni specialistiche degli avvocati, in un comunicato stampa del 19 maggio scorso, con il quale si richiedeva a gran voce, a tutte le forze politiche, di portare a termine l’iter legislativo del disegno di legge sull’equo compenso, approvando definitivamente un provvedimento considerato «di civiltà» per la professione legale. In definitiva, per l’avvocatura l’obiettivo di contrastare il rischio di proletarizzazione della categoria è così elevato che vale la pena di accettare il provvedimento come licenziato dalla Camera dei deputati, seppur in presenza di alcuni aspetti emendabili.

D’altronde, secondo i maggiori esponenti della professione forense, l’attuale testo aiuta a ristabilire un equilibrio nei rapporti tra operatori economici e liberi professionisti, e impone, ai contraenti forti e alla pubblica amministrazione, il riconoscimento di compensi professionali rapportati ai parametri ministeriali, circostanza che permette di riconoscere un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto. Ciononostante alcuni esponenti del Pd, come la deputata Chiara Gribaudo, avevano espresso nei giorni scorsi critiche sull’articolo 5, comma 5, del ddl sull’equo compenso, che impone agli Ordini professionali di sanzionare gli iscritti ritenuti responsabili di aver violato l’obbligo di concordare un compenso equo. Ma evidentemente queste perplessità sono state superate dalla maggioranza dei componenti della commissione Giustizia del Senato.

IL RELATORE DELLA LEGGE SULL’EQUO COMPENSO EMANUELE PELLEGRINI ( LEGA)