LA PREMIER: «IO UN UNDERDOG, MA RIBALTERÒ I PRONOSTICI»

È un «governo politico pienamente rappresentativo della volontà degli italiani», quello che ieri ha ottenuto la fiducia dalla Camera con 235 sì, 154 no e 5 astenuti. O almeno così l’ha definito la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel suo discorso programmatico a Montecitorio. «Voglio ringraziare le tante donne che hanno costruito, con le assi del loro coraggio, la scala su cui io sono salita per arrivare a rompere il soffitto di cristallo», ha detto l’inquilina di palazzo Chigi facendo un lungo elenco di nomi al femminile. Partendo da Tina Anselmi, Nilde Iotti e Marta Cartabia, passando per Grazia Deledda, Rita Levi Montalcini e Maria Montessori, fino a Samantha Cristoforetti, Ilaria Alpi e Oriana Fallaci.

Poi Meloni saluta le istituzioni europee, spiega che il suo governo non avrà un atteggiamento «nemico o eretico ma pragmatico» nei confronti dell’Ue, e che rispetterà «le regole vigenti» ma impegnandosi «per cambiare quelle che non funzionano».

Arriva la politica estera. «Difendere Kiev è il modo migliore per difendere il nostro interesse nazionale - spiega - Cedere al ricatto di Putin sull’energia non farebbe altro che aggravare il problema». Sull’economia sottolinea che «la priorità è mettere un argine al caro energia, rinviando altri provvedimenti» alle prossime leggi di Bilancio. Per flat tax e superamento della Fornero, insomma, Salvini dovrà attendere.

La presidente del Consiglio paragona l’Italia a una barca in mezzo a una tempesta e, commenta, «gli italiani hanno affidato a noi il compito di condurla in porto». Per farlo, dice, «sono pronta a non essere rieletta, a costo di rendere più agevole il destino di questa Nazione». Dalla recessione in cui cadremo nel 2023 si esce, è il ragionamento «archiviando la logica dei bonus». E giura che non ci saranno né ritardi né sprechi» sul Pnrr, ma «aggiustamenti necessari e concordati con l’Ue.

Arriva il passaggio sul presidenzialismo, necessario per arrivare a una «democrazia decidente» e quello sul sostegno alle popolazioni colpite dall’alluvione nelle Marche. Qui arriva la prima, convinta, standing ovation dell’intero emiciclo.

«Il motto del governo sarà “non disturbare chi vuole fare” - annuncia tra i boati del centrodestra - contrastando l’evasione fiscale ma senza caccia alle streghe». Cita Roger Scruton sull’ecologia, definita «un’alleanza tra chi c’è, chi c’è stato e chi ci sarà», e Steve Jobs parlando dei giovani. «Siate affamati, siate folli e, aggiungo io, siate liberi». E cita Montesquieu sulla libertà, cioè «quel bene da cui deriva ogni altro bene».

Poi abiura il fascismo, parla delle leggi razziali come del «punto più basso mai toccato dal nostro paese» e ricorda operatori sanitari e forze armate che operano nel mondo. «Da questo governo i mafiosi avranno solo disprezzo e inflessibilità», aggiunge. Ipotizza un “Piano Mattei” per l’Africa, specificando che «in Italia non si entra illegalmente», e giudica come «indegni di un paese civile» i 71 suicidi in carcere da inizio anno. E arriva a definirsi «un underdog che vuole ribaltare i pronostici» Poi la citazione finale, di san Giovanni Paolo II. «La libertà, diceva, non è fare quello che ci piace ma avere il diritto di fare quel che si deve - conclude - Noi non indietreggeremo, non getteremo la spugna, non tradiremo: io sarà sempre una persona libera e per questo intendo fare quel che si deve». Finisce così, dopo oltre un’ora di discorso. Oggi tocca al Senato.