«Le dimissioni di Delmastro? È un’aspirazione velleitaria e metafisica, il fatto che l’informazione di garanzia possa costituire un oggetto di dimissioni». A Carlo Nordio non si può certo contestare l’eleganza nelle arringhe, lui che da pm era abituato a pronunciare requisitorie. «Diversamente», ha aggiunto il guardasigilli durante il question time alla Camera in cui ha blindato nuovamente la posizione del suo sottosegretario a via Arenula, «devolveremmo all’autorità giudiziaria il destino politico degli appartenenti all’assemblea, che oggi riguarda l’onorevole Delmastro, e un domani potrebbe riguardare ciascuno di voi».

Il ministro della Giustizia era stato interrogato dal Movimento 5 Stelle, che aveva chiesto di rimuovere dall’incarico governativo il responsabile Giustizia di Fratelli d’Italia. L’accusa è ormai nota: l’affaire Donzelli, il collega di partito che lo scorso 31 gennaio aveva riportato, nell’Aula di Montecitorio, le conversazioni svelate tra Alfredo Cospito e due “compagni di detenzione” affiliati alla camorra e alla ’ndrangheta, dopo aver saputo di quei colloqui proprio da Delmastro delle Vedove, ora indagato dalla Procura di Roma per rivelazione di segreto d’ufficio.

E a proposito dell’indagine in corso, Nordio ha aggiunto: «Per quanto poi riguarda l’intervento della magistratura, noi siamo rispettosissimi e attendiamo con fiducia quello che è l’esito dell’indagine che riguarda l’onorevole Delmastro». Ha ricordato che «la classificazione della natura segreta, riservata, per legge appartiene all’autorità che forma il documento. Spetta al ministero definire la qualifica degli atti. E su questi abbiamo già risposto». Ossia: gli atti divulgati dal sottosegretario Delmastro non sono segreti. Il ministro ha anche replicato che «se la qualifica della segretezza dell’atto non dovesse più dipendere dall’autorità che forma l’atto, cioè dal ministero, ma devoluta all’interpretazione della magistratura, potrebbe crearsi una problematica, da risolvere in altra sede». Quale? Fonti ministeriali ipotizzano la Consulta.

Il deputato 5 Stelle Federico Cafiero de Raho, primo firmatario dell’interrogazione, ha replicato al guardasigilli sottolineando che «la revoca non deve avvenire perché uno è indagato ma perché ha assunto un comportamento scorretto che viola la legge in quanto l’atto era segreto». Le opposizioni, Pd incluso, avevano chiesto la rimozione di Delmastro già prima che si venisse a sapere dell’indagine avviata dalla Procura. «Siamo insoddisfatti, ministro», ha concluso de Raho, «non solo perché la sua risposta è incompleta ma perché ci delude in quanto lei ha un obbligo di chiarezza. E poi in un momento come questo è impensabile che si divulghino notizie riservate per attaccare una parte politica avversa».

Si è espressa con una nota anche la capogruppo di Alleanza Verdi Sinistra alla Camera Luana Zanella: «Il ministro Nordio insiste nel difendere la libera circolazione delle informazioni passate dal sottosegretario Delmastro al coinquilino e deputato Donzelli. Dunque chiediamo perché quelle stesse carte non siano state date in visione ai nostri Angelo Bonelli e Marco Grimaldi che le hanno chieste con un regolare accesso agli atti». Non si placano, insomma, le polemiche, dopo che nei giorni scorsi abbiamo assistito già a una pesante contestazione da parte delle opposizioni proprio nei confronti di Delmastro, la cui presenza è stata rifiutata nelle commissioni di Camera e Senato e anche in Aula, nella veste di rappresentante del guardasigilli.

Il question time su Delmastro/Donzelli/Cospito si è intrecciato nello stesso giorno con l’attività del Gran Giurì riunito alla Camera in vista di una relazione che dovrà essere depositata in aula entro il 10 marzo per fare luce proprio sulla “valenza” delle parole pronunciate da Donzelli a Mopntecitorio a fine gennaio: quel giorno il parlamentare di FdI lanciò una durissima accusa contro i dem, da lui ritenuti colpevoli per essere andati a trovare in carcere l’anarchico. L’organo parlamentare dovrà valutare se si è verificata la lesa onorabilità degli esponenti dem. Per ora sui lavori della Commissione non trapela nulla perché è stato posto il segreto. Ma questo non ha impedito all’ex ministro dem della Giustizia Andrea Orlando di dire, dopo essere stato audito dal Gran Giurì: «Se andare a fare una visita in carcere fosse la causa della lesione dell’onorabilità dei parlamentari, e mi auguro questo non avvenga, sarebbe un vulnus all’istituto stesso, che nel corso degli anni ha portato risultati positivi. Il prossimo parlamentare al quale viene in mente di andare a fare una visita ci pensa due volte. Difendere questa pratica è difendere una molla che nel corso degli anni ha costituito uno stimolo a migliorare la situazione degli istituti di pena», ha concluso Orlando, che aveva fatto visita a Cospito insieme agli altri parlamentari dem Serracchiani, Verini e Lai.