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Striscione in favore di Alfredo Cospito, recluso al 41 bis
Dopo che giovedì scorso il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha rigettato la richiesta di revoca del 41 bis per Alfredo Cospito, il destino dell’anarchico è passato nelle mani della Cassazione. Il 24 febbraio è fissata la camera di consiglio sul ricorso presentato a fine dicembre dall’avvocato Flavio Rossi Albertini contro l’ordinanza con cui il Tribunale di sorveglianza di Roma aveva confermato il regime speciale.
Quello che già si sa è che l’8 febbraio l’avvocato generale presso la Suprema corte Pietro Gaeta e il pg Luigi Salvato hanno depositato una memoria di 14 pagine (che abbiamo potuto leggere) in cui annullano con rinvio, per un nuovo esame, la decisione assunta dal Tds di Roma il 1° dicembre 2022. Risultano “fondate - si legge - le censure difensive che denunziano apparenza della motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine alla dimostrazione dei 'collegamenti' del Cospito con l’organizzazione criminale di appartenenza”.
Secondo il Tribunale di sorveglianza tali collegamenti sarebbero dimostrati dalle “dichiarazioni di 'appartenenza' alla F.a.i. (Federazione anarchica infoirmale, ndr) dello stesso ricorrente, rinnovate anche nelle varie sedi processuali”; dai “documenti scritti durante la detenzione e destinati ai compagni anarchici in libertà”; dal “ 'ruolo verticistico' ricoperto” e dalla circostanza che “sia le diverse condanne riportate dal Cospito per istigazione a delinquere in relazione ai suoi scritti, che le censure cui il detenuto è stato sottoposto in carcere non hanno impedito allo stesso di porsi come punto di riferimento per i sodali liberi e di indicare loro le linee programmatiche e obiettivi da colpire”.
Ma secondo Gaeta e Salvato “nessuno di tali snodi argomentativi pare compendiare un effettivo discorso giustificativo in ordine alla dimostrazione dei 'collegamenti' del Cospito con l’organizzazione criminale di appartenenza o, quantomeno, del concreto pericolo di essi. Soprattutto, su tale specifico profilo, la motivazione non pare essersi effettivamente confrontata con elementi potenzialmente decisivi segnalati, in sede di reclamo, dalla difesa”. Ad esempio, “la difesa non ha prospettato censure in ordine alla valutazione contenutistica degli scritti: e, d’altra parte, non è revocabile in serio dubbio che essi nella sintesi esposta nel provvedimento impugnato, risultano di sicura e grave valenza istigatrice”; tuttavia la domanda da porsi è se questi scritti “recassero direttive criminose concrete per la determinazione a specifiche condotte criminose degli adepti esterni dell'associazione”. Orbene, prosegue la memoria di avvocato generale e pg, la verifica su tale punto essenziale “non traspare nella motivazione del provvedimento impugnato”. Inoltre, “lo strumento del regime carcerario speciale ex art. 41 bis non può giustificare la rarefazione e la compressione di altre libertà inframurarie se non con l'impedimento di fatti (contatti e collegamenti) che risultino concretamente prodromici o specificamente finalizzati o causalmente orientati ad altri specifici fatti (ulteriori reati o attività dell'associazione 'esterna'): sicché l'emersione ditale base fattuale, dedotta da elementi immanenti e definiti, appare necessario compendio argomentativo del relativo provvedimento impositivo, che non è dato riscontrare nel provvedimento impugnato”. Ne consegue, che, “per tale profilo, è riscontrata la carenza motivazionale denunciata dalla difesa, con conseguente richiesta dell'annullamento dell'ordinanza impugnata, con rinvio per un nuovo esame sul punto”.
Se dunque i giudici di Cassazione accogliessero la richiesta della Procura generale, la palla passerebbe un’altra volta al Tribunale di sorveglianza di Roma. Ma intanto cosa ne sarebbe della salute e della vita di Cospito, da 118 giorni in digiuno e trasferito sabato dal carcere di Opera all’ospedale milanese di San Paolo per l’aggravarsi del suo quadro clinico? Le sue condizioni di salute, infatti, come riferito dal suo medico Andrea Crosignani, sono ormai al limite. con un rischio di «edema cerebrale e aritmie cardiache potenzialmente fatali». A quanto si è però saputo dagli ambienti giudiziari e penitenziari, ha ripreso ad assumere gli integratori per arrivare lucido al 24 febbraio. I suoi legali potrebbero di nuovo appellarsi a Nordio, il quale – davanti alla decisione della Cassazione e al parere favorevole consegnato il 2 febbraio della Dna, in cui il procuratore Giovanni Melillo chiede all’autorità politica di valutare l’eventuale idoneità delle misure proprie del regime riferito al circuito della cosiddetta Alta sicurezza– potrebbe rivedere la sua precedente decisione.
Ma c’è un’altra ipotesi che pure, secondo indiscrezioni, potrebbe concretizzarsi. I magistrati del Tribunale di sorveglianza milanese «stanno valutando una nuova visita», dopo quella dello scorso 2 febbraio, per verificare da vicino lo stato di salute del detenuto – dice una fonte all’Adnkronos . Ebbene, proprio i giudici del Tds potrebbero optare per un differimento (d’ufficio) della pena per motivi di salute gravissimi o gravi. In proposito, d’altra parte, l’avvocato Flavio Rossi Albertini ha detto che «Cospito non accetterebbe neanche la sospensione della pena per motivi sanitari, in quanto sarebbe un provvedimento temporaneo che lo riporterebbe poi al 41 bis». Tuttavia in quel caso la decisione sarebbe del Tds milanese, senza voce in capitolo della difesa. Cosa accadrebbe in questa situazione?
In attesa di una nuova decisione di Nordio e di quella del Tribunale di sorveglianza di Roma, Cospito, se applicasse il metodo radicale nonviolento, potrebbe intanto sospendere il digiuno in una prospettiva di dialogo con le istituzioni. Ma non essendo un pannelliano è più plausibile che perduri nella sua rinuncia al cibo e si lasci morire a casa. In questo caso che responsabilità avrebbe lo Stato?