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Quella che noi chiamiamo guerra, e il conflitto provocato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa lo è a tutti gli effetti, giuridicamente ha il profilo della violazione di accordi internazionali. Anche la nostra Costituzione, ripudiando all’articolo 11 “la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, sancisce la preminenza del diritto. E proprio perché prevede, nella seconda parte di quell’articolo, che sia consentita la limitazione di sovranità, “in condizione di parità con gli altri Stati”, in favore di “un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”. È il diritto a garantire la pace, è con la rule of law che ci si oppone alla guerra: questo ci hanno detto i Costituenti.
E questo stesso concetto è la pietra miliare su cui è stata eretta nell’immediato dopoguerra, e su cui ancora si regge, la più grande e cruciale delle organizzazioni multilaterali a difesa della non belligeranza: le Nazioni Unite. In qualche modo erede della vecchia Società delle Nazioni, voluta da Woodrow Wilson a piena Prima Guerra Mondiale in corso, nata grazie alla partecipazione dì una cinquantina dì governi e giunta oggi a 193 Paesi membri, ovvero la quasi totalità degli Stati del pianeta, oltre che a essersi dotata dì apposite agenzie in grado dì coprire crisi ed emergenze, l’Onu difende la pace per l’appunto con gli strumenti del diritto.
Ma perché, ci si chiede in questi giorni e all’Onu lo ha chiesto anche il presidente ucraino Volodimir Zelensky, dato che la Russia invadendo un Paese sovrano e imbracciando le armi ha platealmente violato ogni trattato internazionale, l’Onu non agisce? E soprattutto - questo vorrebbe Zelensky- perché non la si espelle o sospende dal Consiglio dì Sicurezza, ovvero dall’organismo decisionale principale del Palazzo dì Vetro, nel quale Mosca, come Washington, Pechino, Londra e Parigi, può esercitare il diritto dì veto, bloccando ogni decisione? Il diritto dì veto - ha scandito Zelensky“non si può trasformare in diritto dì uccidere”. Perché il paradosso è quello dì un Paese che, mentre viola la pace e aggredisce un altro Paese, blocca la possibilità dì operare proprio all’organismo multilaterale creato a difesa della pace.
Il punto è che le regole dell’Onu non permettono dì sanzionare o espellere un membro del Consiglio dì Sicurezza: non prevedono proprio il caso. La Carta costitutiva delle Nazioni Unite dice all’articolo 5 che uno Stato membro può essere sospeso, e all’articolo 6 che possa essere espulso, se approvato dai due terzi dell’Assemblea Generale. Ma non membri del massimo e unico consesso decisionale, e solo sulle basi dì una raccomandazione proprio del Consiglio dì Sicurezza: l’organismo nel quale i cinque Paesi usciti vittoriosi dalla Seconda Guerra Mondiale possono porre il proprio veto. Se ci si provasse, potrebbe finire come accadde nel 1974, quando si tentò dì sospendere il Sudafrica, all’epoca in regime dì apartheid, per violazione dei diritti umani: la mozione fu bloccata dal veto in Consiglio dì Sicurezza da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Allora, alcuni Stati africani tentarono dì sospendere le credenziali del Sudafrica per partecipare all’Assemblea Generale, con la motivazione che quello Stato, proprio per via dell’apartheid, non rappresentasse tutti i suoi cittadini: la complessa operazione dì trovare i consensi necessari, guidata dall’algerino Bouteflika, funzionò, e il Sudafrica fu riammesso nel Palazzo dì Vetro solo a fine apartheid, ovvero esattamente vent’anni dopo. Ma il Sudafrica non era in Consiglio dì Sicurezza, e alla Russia oltretutto non sembra potersi applicare la sanzione amministrativa dell’esclusione dall’Assemblea Generale, perché per essere messa in atto essa richiede la precondizione che il governo del Paese al quale si intende applicare la sanzione non rappresenti legittimamente i suoi cittadini. E questo proprio non è il caso della Russia: Putin è al potere, e da vent’anni, avendo vinto le elezioni. Per non dire poi che per mettere in atto una tale procedura occorre sempre l’autorizzazione proprio del Conisglio dì Sicurezza. Comincia tuttavia a circolare un’altra ipotesi: cercare una strada per sospendere la Russia poiché nella Carta dell’Onu non si parla della Federazione Russia - nata nel 1991- ma ancora dì Unione Sovietica. Ma, per dirla in due parole, realisticamente quali basi giuridiche solide si potrebbero trovare per argomentare che Mosca non sia l’erede di Mosca?
Come ha risposto a Zelensky l’attuale segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, “ogni decisione sulla composizione del Consiglio dì Sicurezza deve essere decisa dagli Stati che ne fanno parte”. E deve essere decisa in tutta evidenza all’unanimità: ovvero, con il consenso della Russia. E della Cina.
Dunque, quel che si può concludere è che occorrebbe una generale revisione delle regole costitutive delle Nazioni Unite, poiché l’organizzazione è nata mettendo dì fatto a garanzia dì pace e sicurezza collettiva i Paesi che trovarono a Yalta l’accordo post- bellico, gettando allora le basi per un ordine mondiale. Ma sarebbe come pretendere di riscrivere il primo emendamento della Costituzione americana o l’incipit di quella italiana. Sarebbe come segare le radici istituzionali su cui sono nati quegli organismi: un modo per farli saltare.