È forse un caso più unico che raro: il Csm unanime sullo stesso tema. Da destra a sinistra, tutti i consiglieri, durante il plenum, si sono schierati contro le dichiarazioni di Rocco Maruotti, segretario dell’Anm. Sua colpa le parole pronunciate a un convegno dell’Unione giuristi cattolici ad Assisi sulla componente laica di Palazzo Bachelet.

«Un tempo i partiti eleggevano come componenti del Consiglio superiore della magistratura personalità di rilievo: Giovanni Fiandaca, Carlo Federico Grosso, Vittorio Bachelet - ha detto -. Potrei fare un elenco infinito. Andate a leggere i nomi degli attuali consiglieri del Csm, ditemi se ne conoscete qualcuno. Ditemi se conoscete il loro curriculum, cosa facevano prima, che storia hanno, cosa hanno scritto nella loro vita, di cosa si sono occupati, o se semplicemente facevano l’avvocato della Lega, di Forza Italia o del Partito democratico».

Un ragionamento preliminare per lanciare la battaglia contro la separazione delle carriere: il problema, secondo il segretario dell’Anm, «diventerà ancora più forte quando la politica continuerà a nominare i suoi consiglieri, invece i magistrati verranno sorteggiati. Perché il condominio lo facciamo amministrare da chi ne capisce, e il Consiglio superiore della magistratura da chi capita? E non mi si dica che 9.000 magistrati sono tutti capaci di fare i consiglieri superiori, perché non è così».
Da lì il caos: a inizio plenum, la laica di centrodestra Isabella Bertolini ha preso la parola per stigmatizzare le parole di Maruotti. Gratuite offese personali, ha esordito l’ex parlamentare di Forza Italia. «Maruotti in questo modo ha offeso non solo i laici che siedono in questo Csm - ha aggiunto -, ha offeso pubblicamente il Parlamento e quindi ha offeso i cittadini italiani. È evidente che è senza argomenti di merito per contrastare la riforma costituzionale». Ancora più grave il fatto che parli «non a titolo personale», ma «come segretario a nome di tutti i magistrati italiani iscritti al sindacato». Le scuse, ha poi affermato, anziché essere pubbliche sono arrivate «con una telefonata al nostro vicepresidente, ma non sono rivolte a tutti quelli che ha offeso». Al punto da ritenere opportune «le sue dimissioni».
Parole condivise dal togato indipendente Andrea Mirenda, che ha definito «inaccettabili e irricevibili» le dichiarazioni di Maruotti, tali da ledere non solo «la dignità, l’onore, la reputazione dei consiglieri laici», ma anche «la sovranità popolare». Indignazione è stata espressa dalla togata di Magistratura indipendente Bernadette Nicotra. «Siamo parte di un organo - ha affermato - ed è per questo che siamo tutti colpiti ogni qualvolta che ci troviamo di fronte a forme di denigrazione, che sebbene indirizzate ad alcuni finiscono per ripercuotersi sull’autorevolezza e legittimazione dell’intero Consiglio».

Per la toga di Area Antonello Cosentino, compagno di corrente di Maruotti, quelle del collega «sono state affermazioni molto infelici» e «poco meditate». Da qui le scuse a nome dei «colleghi togati», con l’auspicio di non trasformare «una affermazione infelice» nel «focus della discussione, dentro e fuori dal Consiglio». Per il laico del Pd Roberto Romboli - che ha sottolineato di non essere mai stato avvocato e tantomeno avvocato del Pd - «la cosa veramente più grave» è che tali affermazioni, «prima ancora che i consiglieri, in maniera più profonda colpiscono il Parlamento». Dura Mimma Miele, di Md, che si è detta «basita». Parole «gravissime», quelle di Maruotti, perché «si riverberano inevitabilmente sull’autorevolezza di un organo costituzionale, quale il Consiglio superiore» e su quella del «Parlamento». Frasi che «non mi rappresentano, non mi sento rappresentata da questo segretario generale».
Per il procuratore generale Pietro Gaeta «si tratta di un errore istituzionale di gravità enorme, innanzitutto di metodo. Non è soltanto una sgrammaticatura istituzionale, è qualcosa di più - ha sottolineato -. Perché nel momento in cui si delegittima nella qualità il Consiglio superiore della magistratura si delegittima l’intera magistratura. E non abbiamo francamente bisogno in questo momento di ulteriore delegittimazione». Una «esondazione istituzionale» che «fa il male della magistratura» e «tutto questo non può essere espresso a nome mio, not in my name». E a voler fare il gioco dei paragoni col passato, ha concluso Gaeta, rischia di rimetterci anche la magistratura.

Per la laica della Lega Claudia Eccher, ci sarebbe stata «una volontarietà offensiva inequivocabile», parole «usate come dei proiettili», con precisa volontà «di colpire l’organo dell’autogoverno». Per il togato di Unicost Marco Bisogni, si tratta «di un errore grave e marchiano», perché «le parole sono importanti», ma «sarebbe bello» che si smettesse di «delegittimare i componenti laici, si smettessero di delegittimare i magistrati appellandoli come killer, si smettesse di utilizzare un linguaggio che comporta una separazione netta fra i buoni da una parte e i cattivi dall’altra», tornando a «un linguaggio di confronto istituzionale sui contenuti».

Il laico di Italia Viva Ernesto Carbone si è detto «offeso come cittadino, perché i nostri nomi sono stati votati dal Parlamento», mentre Maurizio Carbone, di Area, ha evidenziato come «da ex segretario Anm so che quel ruolo comporta enorme responsabilità: rappresenta il 90% dei magistrati» e «questo evidentemente comporta dover misurare le parole» e richiede «un forte senso di responsabilità». A chiudere la discussione il Primo presidente Pasquale D’Ascola: «Ho trovato in questo Consiglio un consesso di elevatissimo spessore - ha sottolineato -. Le parole incaute del segretario Anm vanno condannate, ma distinguiamo il peccato dal peccatore. Traiamo del bene da questo episodio, accrescendo la nostra sensibilità istituzionale».


Solo dopo la lunga discussione in plenum, durata circa un’ora, Maruotti si è scusato pubblicamente. «Le mie parole sui consiglieri del Csm - ha detto - per come pronunciate, non corrispondono al mio pensiero. Non era in ogni caso mia intenzione offendere nessuno e mi scuso se ciò è avvenuto». Nel contesto di un ragionamento più ampio, ha evidenziato, l’intento era «porre l’accento sul rischio di perdita di rappresentatività che potrebbe correre il nuovo Consiglio superiore della magistratura dopo l’approvazione della riforma costituzionale. Ho grande rispetto del lavoro dei consiglieri laici del Csm, che sono stati eletti dal Parlamento per la loro riconosciuta autorevolezza, e che svolgono il loro delicato incarico nell'interesse del Paese».

A seguire anche il commento del Presidente Cesare Parodi: «Auspico che ci possa essere un chiarimento tra tutti e che si possa continuare a lavorare con rispetto e stima reciproca - ha detto ribadendo la stima nei confronti dei laici -. Da parte nostra non mancherà l’impegno in questo senso». Ma per Magistratura indipendente, corrente di Parodi, il caso non è chiuso: «Riteniamo fortemente inopportune e offensive le espressioni adottate da Maruotti e non pensiamo siano funzionali ad un proficuo confronto con il Csm. Il ruolo apicale ricoperto da Maruotti in Anm impone, innanzitutto, il rispetto di elementari regole di reciproco rispetto e continenza, anche e soprattutto nel dialogo con i nostri interlocutori istituzionali. Non crediamo che tutto sia sempre superabile con scuse postume e, per questo, porremo la questione nel prossimo consiglio direttivo centrale affinché si affronti una seria discussione in merito». Parole che hanno tutta l’aria di sfiducia.