Sta facendo discutere a Catania la richiesta di condanna a 12 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa del patron del quotidiano “La Sicilia”, Mario Ciancio Sanfilippo. La città dell’Etna si è divisa tra coloro che ritengono la richiesta consona a quelle che sono le accuse contestate dalla procura nel corso degli anni all'ex direttore ed oggi editore del più grande giornale del capoluogo ionico ed ex presidente della Fieg e coloro che, invece, ritengono priva di logica la richiesta di una condanna a 12 anni per concorso esterno e per di più per un imputato che di anni ne ha 91.

Lunedì si è tenuta in Tribunale la nuova udienza del processo riservata alle parti civili. Davanti ai giudici c'è stata la ricostruzione dell’episodio denunciato dai fratelli del commissario Beppe Montana, che fa riferimento al noto necrologio non pubblicato dal giornale. L’episodio si verificò un giorno dopo il brutale assassinio del commissario di polizia avvenuto a Palermo a metà degli anni ottanta. I fratelli della vittima sono assistiti dall’avvocato Goffredo D’Antona che ha preso la parola in Aula. Successivamente è intervenuto il penalista Dario Pastore per l’Ordine dei giornalisti di Sicilia e l’associazione Libera con l’avvocato Enza Rando. Il legale del Comune di Catania, inserito tra le parti civili del processo, non si è presentato. Pochi giorni fa la richiesta della condanna di Mario Ciancio Sanfilippo e la confisca dei beni dissequestrati meno di due anni fa - compresi 40 milioni di euro in conti bancari - è stata avanzata dalla procura di Catania, rappresentata in aula dai pm Agata Santonocito e Antonino Fanara, a conclusione della requisitoria. L’inchiesta verte su presunti rapporti di Ciancio con esponenti di spicco di Cosa nostra etnea.

Nel corso della requisitoria il pm Fanara ha detto che c'era «sicuramente un rapporto sinallagmatico instaurato tra l'odierno indagato e gli esponenti di Cosa Nostra». L’ipotesi è stata sempre contestata dall’imprenditore e dai suoi legali, gli avvocati Giulia Bongiorno, Francesco Colotti e Carmelo Peluso, che in questi lunghi anni di processo hanno difeso l'imputato. Secco anche il commento dello stesso Ciancio Sanfilippo alla richiesta dei pm. «Nonostante le gravi accuse mosse nei miei confronti siano state bocciate in più occasioni, arriva oggi l’ennesima richiesta di condanna. Non credo faccia notizia. Forse la vera notizia è che dopo questi ingiusti attacchi continuo a godere di ottima salute, e non è affatto scontato. Attendo come sempre fiducioso l’esito del processo, con la serenità di chi sa di avere sempre agito con trasparenza correttezza e onestà».

Nell’ambito della stessa inchiesta, il 22 gennaio 2022, con decisione della Cassazione che ha ritenuto inammissibile il ricorso della Procura generale, è diventato definitivo il dissequestro dei beni stimati in 150 milioni di euro riconducibili a Ciancio Sanfilippo che era stato disposto dalla Corte d’appello di Catania. Tra questi beni anche il quotidiano “La Sicilia”, che per due anni è stato in amministrazione giudiziaria. Si tratta degli stessi beni per cui adesso la Procura ha chiesto la confisca al Tribunale in sede di requisitoria.