Un’operazione di «disinformazione» per «minare la credibilità dell’intero sistema giustizia e ad alimentare la sfiducia verso i magistrati» in un momento in cui i cittadini avrebbe diritto «ad essere informati in modo corretto sui meccanismi di funzionamento della giustizia», dato il «prossimo referendum confermativo della riforma costituzionale dell’ordinamento giurisdizionale».

È questo il succo della nota diffusa dalla Giunta di Perugia dell’Associazione nazionale magistrati, che ha elaborato un comunicato in difesa dei magistrati perugini. Vittime, a dire del sindacato delle toghe, di una «gogna mediatica». Il riferimento è alle rivelazioni che l’ex avvocato esterno di Eni, Piero Amara, ha fatto al quotidiano La Verità, lanciando pesanti ombre sull’operato di Mario Formisano, il magistrato titolare - insieme alla collega Gemma Miliani - del fascicolo su Luca Palamara, ex presidente Anm radiato dalla magistratura per i fatti dell’Hotel Champagne.

In quell’intervista, Amara aveva descritto un interrogatorio del 12 giugno 2019, quando, a suo dire, Formisano si sarebbe inginocchiato chiedendogli di fargli fare «l’indagine della vita su Palamara». Lo stesso Amara, oggi, rischia il processo per calunnia, proprio per aver accusato falsamente - durante le dichiarazioni rese nell’indagine sulla Loggia Ungheria - l’ex toga di vari reati, allo scopo, secondo la procura generale di Perugia, «di sviare l’interesse degli inquirenti offrendo loro un diverso scalpo – Palamara appunto – e sottrarsi così alle responsabilità nascenti dall’essersi autoaccusato e dall’avere accusato altri, a Milano, di far parte di una associazione segreta costituita e operante per interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali e di amministrazioni pubbliche».

Proprio il procuratore generale Sergio Sottani, nei giorni scorsi, dopo gli articoli della Verità, ha chiesto chiarimenti al procuratore di Perugia Raffaele Cantone e poi inviato tutto al procuratore generale della Cassazione, per valutare eventuali profili disciplinari. Per l’Anm, la colpa de La Verità - e di chi ha poi ripreso la notizia - sarebbe però quella di aver messo alla gogna i magistrati, «riportando affermazioni ancora tutte da verificare nelle competenti sedi istituzionali». Articoli che, pertanto, «appaiono diretti ad alimentare un clima di sospetto e delegittimazione» nei confronti della magistratura perugina.

Già in passato La Verità aveva pubblicato delle chat - presenti agli atti - tra Formisano, Miliani e l’ex funzionario Raffaele Guadagno dalle quali emergerebbe anche un tentativo di far arrivare alla stampa atti relativi ad un’altra indagine, quella sull’ex aggiunta di Perugia Antonella Duchini. Quelle chat sono state rispolverate ora dal giornalista della Verità, che ha delineato un ipotetico “Sistema Perugia”, mettendo insieme i vari pezzi della vicenda. Ed è proprio sulla base di quelle rivelazioni giornalistiche che Sottani ha ritenuto di inviare una relazione al pg Piero Gaeta.

Ma non solo: anche il Csm si è mosso, con la richiesta di pratica firmata dal togato indipendente Andrea Mirenda e dalle laiche di centrodestra Isabella Bertolini e Claudia Eccher, che hanno evidenziato possibili profili disciplinari emergenti proprio dalle chat tra Guadagno e alcuni magistrati della procura di Perugia. Dagli articoli della Verità, infatti, sarebbe emerso come i pm «Paolo Abbritti, Gemma Miliani e lo stesso Formisano» sarebbero stati «coinvolti in condizionamenti di testimoni e organi di stampa relativamente all’inchiesta contro l’allora procuratore aggiunto di Perugia Antonella Duchini».

Uno dei testimoni era appunto Guadagno, che «interloquiva con i magistrati su divulgazioni di notizie sulla stampa, per dichiarazioni da rendere “fuori verbale” in occasione di testimonianze, e per “far aprire l’ambiente”, ovvero spianare la strada all’inchiesta indirizzando l’opinione pubblica - continua la richiesta dei tre consiglieri -. Le condotte rilevate denotano un utilizzo inappropriato della propria funzione da parte dei magistrati indicati, un condizionamento nei confronti di un procedimento penale in corso (quello nei confronti della dottoressa Duchini) ed una ingiustificata interferenza nell'attività giudiziaria di altro magistrato». Da qui la richiesta di un approfondimento.

Per la Giunta dell’Anm - presieduta da Lidia Brutti, la gip che ammise tutte le oltre 200 intercettazioni del caso Palamara - si tratterebbe, però, di «accostamenti allusivi», che «accomunano in modo improprio e suggestivo vicende giudiziarie eterogenee e del tutto scollegate, contribuendo così a una rappresentazione distorta e parziale della realtà, lesiva della dignità professionale dei magistrati coinvolti - continua la nota -. Narrazioni mediatiche fondate su ricostruzioni non verificate e su elementi decontestualizzati, accostati in modo gratuito e strumentale, appaiono piuttosto finalizzate a minare la credibilità dell’intero sistema giustizia e ad alimentare la sfiducia verso i magistrati».

Tutto ciò, appunto, mentre buona parte della magistratura è schierata contro la riforma costituzionale della separazione delle carriere. Da qui la promessa di “vigilanza” «affinché l’immagine degli uffici giudiziari di Perugia e la serenità del lavoro dei magistrati siano tutelate da ogni attacco strumentale e da ogni forma di pressione mediatica non rispettosa delle regole fondamentali del vivere civile e del confronto democratico».