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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio nell’aula della Camera dei deputati durante il lavori sul ddl costituzionale “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinareâ€, Roma, Martedì 17 Settembre 2025 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse) Minister of Justice Carlo Nordio in the Chamber of deputies during the debate on the constitutional bill relating to the judiciary system and the establishment of the Disciplinary Court, Rome, Wednesday, September 17, 2025 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)
Che il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sia in una “relazione complicata” con la magistratura è ormai noto a tutti. I lettori sicuramente ricorderanno le polemiche scaturite dopo che alcuni giudici, in diversi tribunali d’Italia, avevano smontato di fatto il protocollo Italia Albania, ricevendo poi il placet anche dalla Corte di Giustizia Ue.
Ma, intervenendo lo scorso fine settimana alla 13esima edizione della Leopolda promossa da Italia Viva a Firenze, il Capo del Viminale ha ampliato il perimetro della critica alle toghe, auspicando che il magistrato che sbaglia “cambi lavoro”. Lo aveva già detto il ninistro della Giustizia Carlo Nordio al termine della presentazione della serie tv “Portobello”, la nuova produzione diretta da Marco Bellocchio sulla vicenda di Enzo Tortora. Lo ha meglio precisato Piantedosi venerdì scorso: “Io ho sempre creduto che il tema della responsabilità dei magistrati sia stato dibattuto male, in Italia”, perché “si è sempre pensato che si dovesse articolare sulla responsabilità civile, cioè far pagare i danni”. Il che, secondo il ministro, “non funziona perché i magistrati, poi come tutte le categorie professionali, tendono a farsi una polizza assicurativa”.
Invece “bisogna affermare il principio che se un magistrato somma un errore grave a una serie di errori, magari meno gravi, può anche cambiare lavoro e quindi dedicarsi a funzioni molto meno impattanti sulla vita dei cittadini”. In pratica per Piantedosi, un magistrato “se ha più volte inanellato degli errori evidenti, può anche occuparsi di altro. La giustizia è fatta di tante cose: esiste la giustizia civile, la giustizia penale, la funzione requirente, la funzione giudicante. Quindi bisogna trovare il modo di responsabilizzare senza rompere dei capisaldi di civiltà del nostro ordinamento giudiziario che sono l'indipendenza e l'autonomia della magistratura”.
Certo, immaginare un cambio di funzione da pm a giudice o viceversa, come “punizione”, appare difficile, nel momento in cui, la prossima primavera, entrasse in vigore la riforma della separazione delle carriere. Ma al di là della fattibilità di una tale proposta normativa, resta il fatto che il tema della responsabilità dei magistrati è uno di quelli maggiormente adoperati in queste ultime settimane da esponenti del governo, compreso il ministro della Pa Paolo Zangrillo, non tanto per alzare lo scontro con la magistratura quanto per cominciare a consolidare agli occhi dei cittadini un concetto che potrebbe sicuramente rivelarsi utile per la campagna in vista del referendum costituzionale, benché collaterale all’impianto normativo in senso stretto.
IL PD CHIEDE AUDIZIONI ANCHE in QUARTA LETTURA
A proposito di quest’ultimo, riprenderà oggi in commissione Affari costituzionali al Senato il dibattito sul ddl Nordio. Trovandoci ormai nell’anticamera della quarta e ultima lettura che dovrebbe avvenire a Palazzo Madama entro la prima settimana di novembre, non ci saremmo aspettati un battibecco tra i commissari senatori sull’ordine dei lavori. Ma ci siamo sbagliati: la scorsa settimana il dem Andrea Giorgis, ricordando come “il termine dilatorio dei tre mesi tra la prima e la seconda deliberazione, di cui all’articolo 138 della Costituzione, rappresenti un unicum nel procedimento legislativo e sia previsto per i soli disegni di legge costituzionali e di revisione costituzionale, con la ratio di consentire al legislatore un’attenta ponderazione e un eventuale ripensamento rispetto alla prima deliberazione”, ha chiesto alla Presidenza della Commissione, “in conformità allo spirito della previsione costituzionale sul termine dilatorio dei tre mesi, di svolgere un ciclo di audizioni sul disegno di legge in esame”.
A questa richiesta si sono associati anche M5S e Avs. Tuttavia il presidente Alberto Balboni ha respinto la domanda: lo scopo delle audizioni è quello di proporre emendamenti ma, essendo vietata in questa fase la presentazione di modifiche, un’ulteriore consultazione degli “esperti” sarebbe inutile. E poi molteplici sono stati gli auditi nei mesi precedenti.
ANCHE LE TOGHE DICONO: Sì IN TESTA NEI SONDAGGI
Intanto, è stato diffuso un sondaggio BidiMedia, commissionato dalle toghe di AreaDg, a pochi giorni dal congresso dell’associazione che riunisce le toghe progressiste e che si svolgerà a Genova dal 10 al 12 ottobre, durante il quale interverranno, tra gli altri, Landini, Schlein, Nordio, Pinelli, Conte e il presidente del Cnf Greco.
Secondo la società, “il 70% degli italiani si dice preoccupato dal controllo della politica sulle toghe” e “oltre la metà (51%) si dice addirittura spaventato da tale evenienza”. Inoltre “appare combattuto l’esito del referendum confermativo della riforma Nordio: solo il 33% del campione si dice favorevole alla riforma, il 30% è nettamente contrario”. Tutto si giocherà sulla fetta di indecisi.
“I risultati dei sondaggi – ha spiegato Giovanni Zaccaro, segretario di AreaDg – giustificano il nervosismo dei sostenitori della riforma Nordio. Non c’è il plebiscito che si aspettavano, e allora aumentano la conflittualità e la politicizzazione del referendum”. Un dato, quello diffuso dalle cosiddette ‘toghe rosse’, che farebbe il paio con altri sondaggi di cui aveva dato conto proprio il nostro giornale e proveniente da ambienti governativi. Da qui la consapevolezza da parte di tutti che la partita potrebbe essere ancora aperta.