LE PAROLE DEL PREMIER

Giovedì scorso ho rassegnato le mie dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica.

Questa decisione è seguita al venir meno della maggioranza di unità nazionale che ha appoggiato questo Governo sin dalla sua nascita. Il Presidente della Repubblica ha respinto le mie dimissioni e mi ha chiesto di informare il Parlamento di quanto accaduto – una decisione che ho condiviso.

Le Comunicazioni di oggi mi permettono di spiegare a voi e a tutti gli italiani le ragioni di una scelta tanto sofferta, quanto dovuta. «All’Italia non serve una fiducia di facciata Ma un patto sincero»

Signor Presidente, Onorevoli Senatrici e Senatori, Giovedì scorso ho rassegnato le mie dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica. Questa decisione è seguita al venir meno della maggioranza di unità nazionale che ha appoggiato questo Governo sin dalla sua nascita. Il Presidente della Repubblica ha respinto le mie dimissioni e mi ha chiesto di informare il Parlamento di quanto accaduto – una decisione che ho condiviso. Le Comunicazioni di oggi mi permettono di spiegare a voi e a tutti gli italiani le ragioni di una scelta tanto sofferta, quanto dovuta.

Lo scorso febbraio, il Presidente della Repubblica mi affidò l’incarico di formare un governo per affrontare le tre emergenze che l’Italia aveva davanti: pandemica, economica, sociale. “Un governo” – furono queste le sue parole – “di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica”. “Un Governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili”. Tutti i principali partiti – con una sola eccezione – decisero di rispondere positivamente a quell’appello. Nel discorso di insediamento che tenni in quest’aula, feci esplicitamente riferimento allo “spirito repubblicano” del Governo, che si sarebbe poggiato sul presupposto dell’unità nazionale. In questi mesi, l’unità nazionale è stata la miglior garanzia della legittimità democratica di questo esecutivo e della sua efficacia. Ritengo che un Presidente del Consiglio che non si è mai presentato davanti agli elettori debba avere in Parlamento il sostegno più ampio possibile. Questo presupposto è ancora più importante in un contesto di emergenza, in cui il Governo deve prendere decisioni che incidono profondamente sulla vita degli italiani. L’amplissimo consenso di cui il Governo ha goduto in Parlamento ha permesso di avere quella “tempestività” nelle decisioni che il Presidente della Repubblica aveva richiesto.

A lungo le forze della maggioranza hanno saputo mettere da parte le divisioni e convergere con senso dello Stato e generosità verso interventi rapidi ed efficaci, per il bene di tutti i cittadini. Grazie alle misure di contenimento sanitario, alla campagna di vaccinazione, ai provvedimenti di sostegno economico a famiglie e imprese, siamo riusciti a superare la fase più acuta della pandemia, a dare slancio alla ripresa economica. La spinta agli investimenti e la protezione dei redditi delle famiglie ci ha consentito di uscire più rapidamente di altri Paesi dalla recessione provocata dalla pandemia. Lo scorso anno l’economia è cresciuta del 6,6% e il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo è sceso di 4,5 punti percentuali. La stesura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, approvato a larghissima maggioranza da questo Parlamento, ha avviato un percorso di riforme e investimenti che non ha precedenti nella storia recente. Le riforme della giustizia, della concorrenza, del fisco, degli appalti – oltre alla corposa agenda di semplificazioni – sono un passo in avanti essenziale per modernizzare l’Italia. A oggi, tutti gli obiettivi dei primi due semestri del PNRR sono stati raggiunti. Abbiamo già ricevuto dalla Commissione Europea 45,9 miliardi di euro, a cui si aggiungeranno nelle prossime settimane ulteriori 21 miliardi – per un totale di quasi 67 miliardi. Con il forte appoggio parlamentare della maggioranza e dell’opposizione, abbiamo reagito con assoluta fermezza all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La condanna delle atrocità russe e il pieno sostegno all’Ucraina hanno mostrato come l’Italia possa e debba avere un ruolo guida all’interno dell’Unione Europea e del G7. Allo stesso tempo, non abbiamo mai cessato la nostra ricerca della pace – una pace che deve essere accettabile per l’Ucraina, sostenibile, duratura. Siamo stati tra i primi a impegnarci perché Russia e Ucraina potessero lavorare insieme per evitare una catastrofe alimentare, e allo stesso tempo aprire uno spiraglio negoziale. I progressi che si sono registrati la settimana scorsa in Turchia sono incoraggianti, e auspichiamo possano essere consolidati. Ci siamo mossi con grande celerità per superare l’inaccettabile dipendenza energetica dalla Russia – conseguenza di decenni di scelte miopi e pericolose. In pochi mesi, abbiamo ridotto le nostre importazioni di gas russo dal 40% a meno del 25% del totale e intendiamo azzerarle entro un anno e mezzo. È un risultato che sembrava impensabile, che dà tranquillità per il futuro all’industria e alle famiglie, rafforza la nostra sicurezza nazionale, la nostra credibilità nel mondo. (...) Il merito di questi risultati è stato vostro, della vostra disponibilità a mettere da parte le differenze e lavorare per il bene del Paese, con pari dignità, nel rispetto reciproco. La vostra è stata la migliore risposta all’appello dello scorso febbraio del Presidente della Repubblica e alla richiesta di serietà, al bisogno di protezione, alle preoccupazioni per il futuro che arrivavano dai cittadini. Gli italiani hanno sostenuto a loro volta questo miracolo civile, e sono diventati i veri protagonisti delle politiche che di volta in volta mettevamo in campo. Penso al rispetto paziente delle restrizioni per frenare la pandemia, alla straordinaria partecipazione alla campagna di vaccinazione. Penso all’accoglienza spontanea offerta ai profughi ucraini, accolti nelle case e nelle scuole con affetto e solidarietà. Penso al coinvolgimento delle comunità locali al PNRR, che lo ha reso il più grande progetto di trasfor-mazione dal basso della storia recente. Mai come in questi momenti sono stato orgoglioso di essere italiano. L’Italia è forte quando sa essere unita. Purtroppo, con il passare dei mesi, a questa domanda di coesione che arrivava dai cittadini le forze politiche hanno opposto un crescente desiderio di distinguo e divisione. Le riforme del Consiglio Superiore della Magistratura, del catasto, delle concessioni balneari hanno mostrato un progressivo sfarinamento della maggioranza sull’agenda di modernizzazione del Paese. In politica estera, abbiamo assistito a tentativi di indebolire il sostegno del Governo verso l’Ucraina, di fiaccare la nostra opposizione al disegno del Presidente Putin. Le richieste di ulteriore indebitamento si sono fatte più forti proprio quando maggiore era il bisogno di attenzione alla sostenibilità del debito. Il desiderio di andare avanti insieme si è progressivamente esaurito e con esso la capacità di agire con efficacia, con “tempestività”, nell’interesse del Paese. Come ho detto in Consiglio dei Ministri, il voto di giovedì scorso ha certificato la fine del patto di fiducia che ha tenuto insieme questa maggioranza. Non votare la fiducia a un governo di cui si fa parte è un gesto politico chiaro, che ha un significato evidente. Non è possibile ignorarlo, perché equivarrebbe a ignorare il Parlamento. Non è possibile contenerlo, perché vorrebbe dire che chiunque può ripeterlo. Non è possibile minimizzarlo, perché viene dopo mesi di strappi ed ultimatum. L’unica strada, se vogliamo ancora restare insieme, è ricostruire da capo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità. A chiederlo sono soprattutto gli italiani. La mobilitazione di questi giorni da parte di cittadini, associazioni, territori a favore della prosecuzione del Governo è senza precedenti e impossibile da ignorare. Ha coinvolto il terzo settore, la scuola e l’università, il mondo dell’economia, delle professioni e dell’imprenditoria, lo sport. Si tratta di un sostegno immeritato, ma per il quale sono enormemente grato. Due appelli mi hanno colpito in modo particolare. Il primo è quello di circa 2mila sindaci, autorità abituate a confrontarsi quotidianamente con i problemi delle loro comunità. Il secondo è quello del personale sanitario, gli eroi della pandemia, verso cui la nostra gratitudine collettiva è immensa. Questa domanda di stabilità impone a noi tutti di decidere se sia possibile ricreare le condizioni con cui il Governo può davvero governare. È questo il cuore della nostra discussione di oggi. È questo il senso dell’impegno su cui dobbiamo confrontarci davanti ai cittadini. L’Italia ha bisogno di un governo capace di muoversi con efficacia e tempestività su almeno quattro fronti. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è un’occasione unica per migliorare la nostra crescita di lungo periodo, creare opportunità per i giovani e le donne, sanare le diseguaglianze a partire da quelle tra Nord e Sud. Entro la fine di quest’anno, dobbiamo raggiungere 55 obiettivi, che ci permetteranno di ricevere una nuova rata da 19 miliardi di euro. (...) Per quanto riguarda la giustizia, abbiamo approvato la riforma del processo penale, del processo civile e delle procedure fallimentari e portato in Parlamento la riforma della giustizia tributaria. Queste riforme sono essenziali per avere processi giusti e rapidi, come ci chiedono gli italiani. È una questione di libertà, democrazia, e anche prosperità. Le scadenze segnate dal PNRR sono molto precise. Dobbiamo ultimare entro fine anno la procedura prevista per i decreti di attuazione della legge delega civile e penale. La legge di riforma della giustizia tributaria è in discussione al Senato, e deve essere approvata entro fine anno. Infine, l’autunno scorso il Governo ha dato il via al disegno di legge delega per la revisione del fisco. (...) Accanto al PNRR, c’è bisogno di una vera agenda sociale, che parta dai più deboli, come i disabili e gli anziani non autosufficienti. L’aumento dei costi dell’energia e il ritorno dell’inflazione hanno causato nuove disuguaglianze, che aggravano quelle prodotte dalla pandemia. (...) A livello europeo è in via di approvazione definitiva una direttiva sul salario minimo, ed è in questa direzione che dobbiamo muoverci, insieme alle parti sociali, assicurando livelli salariali dignitosi alle fasce di lavoratori più in sofferenza. Il reddito di cittadinanza è una misura importante per ridurre la povertà, ma può essere migliorato per favorire chi ha più bisogno e ridurre gli effetti negativi sul mercato del lavoro. C’è bisogno di una riforma delle pensioni che garantisca meccanismi di flessibilità in uscita e un impianto sostenibile, ancorato al sistema contributivo. (...) Come promesso nel mio discorso di insediamento, e da voi sostenuto in quest’aula, questo governo si identifica pienamente nell’Unione Europea, nel legame transatlantico. La nostra posizione è chiara e forte: nel cuore dell’Unione Europea, del G7, della NATO. Dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina in ogni modo, come questo Parlamento ha impegnato il Governo a fare con una risoluzione parlamentare. Come mi ha ripetuto ieri al telefono il Presidente Zelensky, armare l’Ucraina è il solo modo per permettere agli ucraini di difendersi. Allo stesso tempo, occorre continuare a impegnarci per cercare soluzioni negoziali, a partire dalla crisi del grano. E dobbiamo aumentare gli sforzi per combattere le interferenze da parte della Russia e delle altre autocrazie nella nostra politica, nella nostra società. L’Italia è un Paese libero e democratico. Davanti a chi vuole provare a sedurci con il suo modello autoritario, dobbiamo rispondere con la forza dei valori europei. L’Unione Europea è la nostra casa e al suo interno dobbiamo portare avanti sfide ambiziose. (...) Ci sono altri impegni che l’esecutivo vuole assumere che riguardano, ad esempio, la riforma del sistema dei medici di base e la discussione per il riconoscimento di forme di autonomia differenziata. Ma tutto questo richiede un Governo che sia davvero forte e coeso e un Parlamento che lo accompagni con convinzione, nel reciproco rispetto dei ruoli. All’Italia non serve una fiducia di facciata, che svanisca davanti ai provvedimenti scomodi. Serve un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese. I partiti e voi parlamentari - siete pronti a ricostruire questo patto? Siete pronti a confermare quello sforzo che avete compiuto nei primi mesi, e che si è poi affievolito? Sono qui, in quest’aula, oggi, a questo punto della discussione, solo perché gli italiani lo hanno chiesto. Questa risposta a queste domande non la dovete dare a me, ma la dovete dare a tutti gli italiani.