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La Corte suprema israeliana ha bocciato una norma “clou” della controversa riforma giudiziaria varata dal governo guidato da Benjamin Netanyahu. Nei mesi scorsi, decine di migliaia di israeliani hanno manifestato contro l’esecutivo di estrema destra e contro la sua riforma del sistema giudiziario. La misura cassata dalla Corte prevedeva in particolare di togliere alla magistratura il diritto di pronunciarsi sulla “ragionevolezza” delle decisioni del governo o della Knesset, il parlamento israeliano. In una nota, la Corte Suprema riferisce che otto giudici su 15 si sono pronunciati contro un emendamento approvato dal Parlamento a luglio che eliminava la cosiddetta clausola di “ragionevolezza”, utilizzata dalla Corte per annullare le decisioni del governo ritenute incostituzionali. «Ciò è dovuto al danno grave e senza precedenti alle caratteristiche fondamentali dello Stato di Israele come Stato democratico», si legge nella nota.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva sostenuto che l’ampio pacchetto di riforme della Giustizia, presentato un anno fa, era necessario per riequilibrare i poteri tra giudici e politici. Ma i suoi detrattori sostengono che l’iniziativa apre la strada a un governo autoritario e potrebbe essere utilizzata da Netanyahu per annullare possibili condanne a suo cario; un’accusa che il premier ha sempre negato. Decine di migliaia di manifestanti si erano radunati settimanalmente contro le riforme del governo, e le proteste si sono concluse solo a causa dello scoppio della guerra tra Israele e Hamas a ottobre. La “clausola di ragionevolezza” - l’unico provvedimento finora adottato della contesta riforma giudiziaria del governo Netanyahu - è stato anche uno dei passi più controversi poiché tentava di frenare il controllo del potere giudiziario sul governo. Quando a luglio gli alleati di Netanyahu hanno votato per eliminare la “clausola di ragionevolezza”, i parlamentari dell’opposizione sono usciti dall’aula gridando “vergogna”. La clausola è stata citata solo in una manciata di decisioni giudiziarie, inclusa una sentenza di alto profilo dello scorso anno che ha vietato a un alleato di Netanyahu di prestare servizio nel gabinetto a causa di una precedente condanna per evasione fiscale.
Dure le reazioni dei ministri del governo Netanyahu. Il ministro israeliano della Giustizia, Yariv Levin, artefice della controversa proposta di riforma giudiziaria, come riporta il Times of Israel ha accusato i giudici della Corte Suprema di «prendere nelle loro mani tutti i poteri che in una democrazia sono divisi tra i tre rami del governo». La misura cassata dalla Corte prevedeva in particolare di togliere alla magistratura il diritto di pronunciarsi sulla «ragionevolezza» delle decisioni del governo o della Knesset, il parlamento israeliano. La decisione della Corte «non ci fermerà», ha aggiunto il ministro, assicurando allo stesso tempo che il governo «continuerà ad agire con moderazione e responsabilità» durante la guerra.
Parole dure anche dal ministro della Cultura e dello Sport del Likud, Miki Zohar. «Sarebbe stato meglio se questa sentenza fosse uscita dopo questi giorni difficili, anche solo per evitare il ritorno di discorsi controversi», ha detto riferendosi alla guerra in corso contro Hamas. «Dobbiamo mostrare responsabilità e mantenere l’unità. Questa è la nostra responsabilità verso i caduti», ha proseguito. Il ministro dell’Immigrazione, Ofir Sofer, afferma che la tempistica della sentenza è «sfortunata, scandalosa e mostra principalmente una disconnessione» . «Siamo ancora nel pieno di una guerra difficile e la sfida nel Nord è ancora davanti a noi. Il discorso deve concentrarsi solo sulla nostra lotta unita», ha ammonito Sofer.
Dal canto suo, il ministro delle Comunicazioni Shlomo Karhi ha denunciato che «i giudici dell’Alta Corte insistono nel dimostrarci ancora una volta quanto siano disconnessi e non rappresentativi del popolo», mentre «tutti noi mettiamo da parte le nostre differenze per ora per unirci e condurre Israele alla vittoria completa sui nostri nemici».