“Combatterò per riabilitare il mio nome”, dice Amanda Knox. Ma la cittadina statunitense incarcerata in Italia e poi assolta per l'omicidio della propria compagna di stanza nel 2007, non ci sta: dopo 16 anni a lei tocca continua la tua battaglia, mentre l'uomo condannato per il crimine è "libero dal carcere" e continua a lanciare accuse riguardo al suo coinvolgimento nell'omicidio di Meredith Kercher.

Nonostante i procedimenti legali tuttora in corso, la 36enne Knox ha detto di essere "eccitata" alla prospettiva di ottenere giustizia "una volta per tutte". In una serie di post via social, ha aggiunto che non ha "paura di tornare in Italia e di prendere posizione", difendendosi dalle accuse. Anche se non era disposta a farlo oltre dieci anni fa, "tutti questi anni dopo, finalmente lo sono", ha scritto Knox. "Voglio che mia figlia e mio figlio vedano cosa vuol dire difendere la verità e i propri principi".

Knox aveva solo 20 anni quando lei e il suo fidanzato dell'epoca, Raffaele Sollecito, furono accusati di aver ucciso Meredith Kercher durante un soggiorno di studio all'estero, nella città di Perugia. Il 7 novembre 2007, Kercher è stata trovata nuda sotto una coperta con la gola tagliata, sul pavimento della camera da letto che condivideva con la Knox nei dormitori della Hilltop University. Le autorità identificarono quasi immediatamente la Knox e il suo amante italiano come sospettati nel caso, che rapidamente attirò i titoli dei giornali internazionali, molti dei quali includevano il soprannome di "Foxy Knoxy". 

Il nuovo processo davanti alla Corte di Assise d’Appello riguarda la condanna di Knox  a tre anni per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba. La Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla difesa della ragazza americana e annullato con rinvio la sentenza. In un primo momento Knox accusò il suo datore di lavoro dell’omicidio della compagna di casa inglese. Lumumba per questo finì in carcere per una decina di giorni, fin quando, grazie ad un testimone, si risalì alla sua innocenza. Il ricorso è stato possibile grazie all’art. 628-bis cpp introdotto dalla Riforma Cartabia che consente la riapertura dei procedimenti penali “viziati” da violazioni convenzionali accertate dalla Corte di Strasburgo. Proprio la Cedu nel 2019 aveva ravvisato nel processo a carico della Knox per calunnia verso Patrick Lumumba alcune violazioni della Convenzione.