Trentaquattro omicidi, 22 violenze sessuali documentate, torture sistematiche e detenzioni arbitrarie. È questo il ritratto del generale libico Njeem Osama Almasri, capo della Polizia giudiziaria di Tripoli liberato dal governo italiano lo scorso gennaio, dopo l’arresto avvenuto a Torino su ordine della Corte penale internazionale. Un ritratto tracciato da Federico Gianassi, deputato del Pd, nella relazione letta in Giunta per le Autorizzazioni sulla richiesta di procedere nei confronti dei ministri Carlo Nordio (Giustizia) e Matteo Piantedosi (Interno), e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Tutti e tre sono accusati di favoreggiamento; a Piantedosi e Mantovano si contesta anche il peculato, mentre a Nordio l’omissione di atti d’ufficio.

La questione arriva alla Camera 24 ore dopo la diffusione della notizia dell’iscrizione sul registro degli indagati di Giusi Bartolozzi, capo di Gabinetto di Nordio, accusata di false dichiarazioni davanti al Tribunale dei Ministri. Intorno alla sua figura il centrodestra ha tentato di accendere un faro, sostenendo la necessità di chiarire se a dover procedere sia il Tribunale ordinario o quello dei Ministri. A sollevare il tema, il capogruppo FdI in Giunta Dario Iaia, sostenuto da Forza Italia, Lega e Noi Moderati. Secondo Iaia, «potrebbe ipotizzarsi una connessione tra i reati contestati a Bartolozzi e quelli contestati al ministro Nordio» e quindi «potrebbe esserci un’attrazione di quel reato sulle contestazioni rivolte al guardasigilli». Ciò avrebbe dunque obbligato il Tribunale dei Ministri, stando al suo ragionamento, a chiedere l’autorizzazione a procedere anche per la capo di Gabinetto, cosa che non è avvenuta.

Per ora si tratta di un ragionamento tecnico, rispetto al quale Iaia ha chiesto un approfondimento agli uffici, ma non è escluso che il centrodestra possa chiedere all’Ufficio di presidenza di Montecitorio di sollevare davanti alla Consulta un conflitto di attribuzioni tra Camera e autorità giudiziaria. Ciò non bloccherebbe l’iter in Giunta, mentre nel frattempo, come da prassi, l’indagine su Bartolozzi rimane comunque “congelata” fino alla fine del procedimento principale.

Il M5S ha reagito con durezza: «Vogliono addirittura estendere l’immunità a una persona che non è parlamentare e che non è accusata di concorso nei medesimi reati dei ministri?», si legge in una nota congiunta delle deputate Daniela Torto, Enrica Alifano e Carla Giuliano. «Se così fosse, noi diremmo no. Sarebbe al di là di ogni logica, l’ennesima forzatura delle norme da parte del centrodestra». Il presidente della Giunta, Devis Dori (Avs), ha precisato che «la questione non esiste in questo organismo parlamentare».

La relazione di Gianassi ha ricostruito gli eventi legati al caso Almasri: «Nell’arco dei tre giorni (19-21 gennaio) si sono tenute riunioni di emergenza (...) per valutare le conseguenze dell’arresto di Almasri, le possibili ritorsioni contro il Governo italiano e la gestione della cooperazione con la Cpi». L’Aise avrebbe segnalato «il rischio di tensioni a Tripoli», con possibili azioni ostili contro cittadini italiani e interessi economici, in particolare l’impianto Eni a Mellitah, in un contesto di rapporti rafforzati con la milizia libica Rada. Sulla strategia del governo, Gianassi evidenzia come Meloni avesse dichiarato che l’espulsione era per «ragioni di sicurezza nazionale», conseguenza della «scelta autonoma della magistratura di disporre la scarcerazione dell’esponente libico». Tuttavia, dall’istruttoria emerge «la strategia condivisa dai membri del governo nelle riunioni del 19 e 20 gennaio sul “mancato intervento” del ministero della Giustizia, condizione che ha determinato la liberazione dell’Almasri».

La relazione ricostruisce anche i crimini di Almasri. Il mandato della Corte penale internazionale lo accusa di crimini contro l’umanità e di guerra, consumati nella prigione di Mitiga, dove avrebbe avuto un ruolo direttivo nella milizia Sdf/Rada. Le violenze sistematiche hanno riguardato oltre 5.000 detenuti, con torture, percosse, privazioni di cibo, maltrattamenti sessuali e omicidi, quattro per arma da fuoco, dodici per torture, sedici per mancanza di cure mediche e due per esposizione a condizioni climatiche estreme. La Corte ha rilevato anche persecuzioni, lavori forzati e discriminazioni basate su religione, credo, genere, orientamento sessuale e opinioni politiche. Almasri è ritenuto responsabile come autore materiale, coautore, mandante, istigatore o complice, ordinando le violenze senza lasciare tracce visibili e punendo le guardie che mostravano clemenza. Accuse per le quali le opposizioni chiedono chiarimenti in aula, alla luce delle dinamiche ricostruite dal Tribunale dei Ministri.

A replicare è stato il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri: «Forse (i capigruppo di opposizione, ndr) si sono distratti perché non solo c'è stata già una discussione al Senato sul tema - ha detto - ma è in corso nel Parlamento una discussione sulle richieste di processare i ministri, si sta discutendo proprio oggi nella giunta della Camera».

Altro tema affrontato in Giunta è stato l’accesso ai documenti. Dori ha depositato una proposta di modifica dell’articolo 18-bis del Regolamento della Camera, per consentire ai deputati non membri della Giunta di consultare gli atti trasmessi dal Tribunale dei Ministri «solo dopo che la Giunta abbia concluso l’esame e depositato la relazione in Assemblea». E a invocare la pubblicità dei documenti è stato il deputato di Forza Italia Enrico Costa, secondo cui limitare l’accesso solo alla richiesta del Tribunale dei ministri impedirebbe ai deputati di fare valutazioni libere anche sugli atti non valorizzati dal Tribunale stesso.

Dori, nel frattempo, ha invitato Piantedosi, Nordio e Mantovano a presentarsi in audizione il 17 o 18 settembre, o alternativamente a depositare memorie entro il 15 settembre. La possibilità di audizione appare però remota. Il calendario, dunque, dovrebbe andare avanti come stabilito, fino al voto del 30 settembre. A difesa di Bartolozzi, intanto, è intervenuta Mariastella Gelmini (Noi Moderati): «Su Giusy Bartolozzi si è subito alzata la solita ridda di attacchi giustizialisti, ma non ci si dimette per un avviso di garanzia. Il governo sul caso Almasri ha fatto quello che era giusto e necessario per tutelare la sicurezza dell’Italia, nel pieno rispetto della legalità. Bartolozzi è il capo di gabinetto del ministro Nordio, non è membro del governo, ma la sua posizione è del tutto sistemica con quella dei membri dell’esecutivo. Pertanto, penso che per lei si debba valutare e chiedere l’autorizzazione alla Giunta per le autorizzazioni».