Marzo 1960. Il professor Franco Coppi ha poco più di vent’anni quando per un evento fortuito si ritrova in auto con l’avvocato Alfredo De Marsico. Suo nipote Giovanni gli ha chiesto di accompagnarlo alla commemorazione di Enrico de Nicola che di lì a poco il giurista napoletano avrebbe tenuto. Coppi non sta nella pelle. Non può credere di condividere l’angusto spazio di una 600 con un «personaggio di tale levatura». «Tra timore e impudenza della giovinezza, non trovai neanche il coraggio di domandargli qualcosa», racconta oggi Coppi. Che comincia così, con questo aneddoto, il suo ricordo di Alfredo De Marsico. L’occasione è una commemorazione che si è tenuta ieri presso la sede del Consiglio Nazionale Forense a Roma, con un evento promosso dall’Associazione ItaliaStatoDiDiritto per «rendere testimonianza delle ragioni che hanno fatto di De Marsico un mito dell’avvocatura e dell’accademia». “Alfredo de Marsico e i garanti, attuali e futuri, della sua preziosa eredità”, recita il titolo dell’incontro con il quale l’avvocatura rende omaggio al giurista scomparso 1985.

Uomo di diritto, senatore, ministro di Grazia e Giustizia nel governo Mussolini, De Marsico è considerato tra i più importanti avvocati del secolo scorso.

Un maestro, per chi maestro lo è per molti altri, come Franco Coppi. A ricordarlo è anche il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, che per la prima volta ha ascoltato le parole di De Marsico attraverso suo padre, penalista. «L’avvocato penalista si riconosce dalla sua cultura extra giuridica – dice Sisto –, perché il diritto penale è un software che anima tutte le altre forme di cultura». «De Marsico ci ha insegnato questo, la nobiltà del gesto del penalista, il cui compito è di stare a 30 centimetri dal proprio cliente, condividerne il dramma umano, senza diventarne paladino indipendentemente da ciò che bisogna dimostrare nel processo», aggiunge Sisto. Che da viceministro ricorda come oggi il compito della giustizia sia di «restituire fiducia al rapporto tra cittadini e aule giudiziarie». «Questo è lo scopo che condividiamo ogni giorno con la presidente Maria Masi, e con un Cnf attivo, mobile e presente. Da questo punto di vista – conclude Sisto - l’avvocatura può essere il protagonista di una nuova stagione de diritti».

Del ruolo dell’avvocatura, d’altronde, è stato portavoce lo stesso De Marsico, da uomo delle istituzioni politiche e forensi. Sia come consigliere dell’allora Consiglio Nazionale Forense, che come presidente dell’Ordine degli avvocati di Napoli, ruolo che ha ricoperto fino alla morte. Anche se del suo passaggio al Cnf non vi è traccia scritta, a causa di un incendio che coinvolse la sede del ministero, la sua eredità è custodita «nella memoria di chi ha avuto il privilegio di conoscerlo» o di approcciarsi ai suoi studi, di cui una parte è conservata nella biblioteca del Consiglio. A sottolinearlo è la presidente del Maria Masi, che in apertura dell’evento ricorda «l’aspetto talentuoso» del De Marsico avvocato e accademico. Il quale, ricorda Masi, considerava

l’avvocatura un baluardo delle libertà. «De Marsico ha sempre rivendicato l’indipendenza e l’autonomia dell’avvocato rispetto all’ideologia politica», sottolinea invece il consigliere del Cnf Francesco Caia. Che da ex presidente del Consiglio dell’Ordine di Napoli ricorda che «la tradizione forense», e in questo caso l’eredità di De Marsico, «non è un valore del passato, ma un valore importante da tradurre nei difficili tempi che viviamo, per recuperare lo spirito del ruolo dell’avvocato e tracciare le linee di indirizzo della nostra professione». Caia ricorda quindi le parole di De Marsico, per il quale «l’avvocatura è l’unica suprema assise delle libertà dell’animo umano, perché non è degno di esercitarla colui che ne subordina l’esercizio al rispetto di una ideologia». E ricorda anche il discorso funebre dell’allora presidente dell’Ordine di Napoli in occasione dello svelamento del busto posto in Castel Capuano, che testimonia la «profondità del sapere e la sovraumana capacità» del penalista napoletano, che ha avuto anche un «ruolo profetico rispetto ad alcuni temi che allora appena si intravedevano e che oggi hanno grande visibilità».

Di «fulgido esempio per le generazioni future» parla anche Guido Camera, presidente di Italia-StatoDiDiritto, che non trattiene l’emozione nel ripercorrere le arringhe e le pagine scritte da De Marsico. Che da «esule dal mondo delle lettere», vide «nell’esercizio della professione uno spazio che abbraccia l’universo». Ecco la sua modernità, la capacità di rimettere al centro l’imputato, di ridare importanza alla storia intesa come ricerca critica delle fonti, e soprattutto di mettere al centro il ruolo della difesa. Una ragione in più, ricorda Camera, per ricordarlo in un tempo in cui l’importanza del difensore è compressa. «Le arringhe di De Marsico sono un contributo incredibile, attraverso le quali intravediamo lo spaccato della società di allora», sottolinea Camera. Alla cui commozione si aggiunge quella dell’intera sala e di Franco Coppi, nelle cui parole ritroviamo il vivido ritratto del giurista a tutto tondo. «Avvocato di eccezionale levatura, oratore inimitabile, ascoltandolo pensavi che non fosse lui ad essere nato per la parola, ma che la parola fosse nata per mettersi al suo servizio. De Marsico ha scritto parole indimenticabili, dalle quali emerge l’ideale e il culto che egli aveva dell’arringa», racconta Coppi. Che nella sua “magistrale” commemorazione ricorda tappa dopo tappa l’immensa produzione di De Marsico, dai saggi alle prolusioni pronunciate nelle università, e la sua grande conoscenza della dottrina. Che lo hanno reso, in sintesi, «un mito dell’avvocatura».