DISSIDENTI

Botte, minacce, insulti: gli avvocati russi non si arrendono e lottano sul fronte della difesa dei diritti di chi si oppone alle censure del Cremlino.

Ma le toghe russe pagano le conseguenze di questa loro scelta e ormai le denunce di maltrattamenti, perquisizioni e veri e propri arresti arbitrari sono all’ordine del giorno. Ma la gran parte di loro non ha alcuna intenzione di arrendersi alle violenze del regime e anzi rilanciano: «Siamo certi che un giorno non lontano - spiegano - anche il presidente Putin avrà bisogno di

legale...».

Scene di ordinario eroismo a San Pietroburgo: la lezione di chi indossa la toga e difende i diritti

Fare l’avvocato in Russia comporta non pochi rischi. Due giorni fa, per la prima volta, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, il giornale degli avvocati russi, AG ( Advocate Gazeta), ha riportato la notizia di minacce e violenze ai danni dei legali di alcuni manifestanti scesi in piazza per protestare contro la decisione di Putin di invadere l’Ucraina. Il dissenso non è ammesso e lo dimostra la strada intrapresa dalla Duma, la Camera bassa del Parlamento, che all’inizio di questo mese ha approvato all’unanimità ( 401 voti favorevoli e 0 contrari) una legge che soffoca la diversità di vedute. Chi diffonde fake news sull’esercito, notizie che discreditano le forze armate impegnate nell’invasione dell’Ucraina o che incitano alle sanzioni straniere rischia il pagamento di multe salatissime e può essere condannato fino a quindici anni di carcere. Un provvedimento liberticida che ha provocato la fuga da Mosca di molti corrispondenti di giornali e televisioni straniere. Troppo pericoloso esprimere le proprie idee, troppo pericoloso fare il proprio il proprio lavoro.

Dal 6 marzo sono state arrestate più di 5mila persone scese in strada per protestare contro la guerra. La morsa incomincia adesso a stringersi pure nei confronti degli avvocati. La testata AG, in un articolo di Zinaida Pavlova, rilanciato dal sito della Camera federale degli avvocati della Federazione Russa, racconta la storia di alcuni legali di San Pietroburgo malmenati mentre cercavano di entrare in contatto con i loro assistiti, fermati dopo essere scesi in piazza in occasione di alcune manifestazioni. Nello specifico viene raccolta la testimonianza dell’avvocato Aleksey Kalugin, recatosi il 7 marzo scorso con un collega nel 31° Dipartimento di polizia per assistere un suo cliente nel frattempo fermato. Kalugin, come riporta AG, ha ricevuto il secco rifiuto della polizia a fronte della richiesta di entrare negli uffici. Ha quindi ha iniziato a filmare con il suo smartphone la conversazione con alcuni poliziotti. Una mossa che ha indispettito un alto ufficiale, tale K., come lo identifica il giornale degli avvocati russi, che, senza pensarci due volte, ha afferrato per la giacca l’avvocato facendolo cadere rovinosamente. La dimostrazione di forza del poliziotto non si è fermata lì. Aleksey Kalugin è stato ammanettato e sbattuto contro il cancello della caserma per poi essere trasferito all’interno, come l’ultimo dei criminali. Qui alcuni agenti di polizia hanno iniziato a insultarlo e a minacciarlo, riferendo che gli sarebbero stati contestati reati gravissimi. A quel punto, come riporta sempre AG, il colonnello K. ha iniziato ad interrogare il legale con metodi sbrigativi paventando addirittura la perdita dello status di avvocato per la condotta assunta: recarsi in un posto di polizia per assistere legalmente un cittadino non si può più, a quanto pare. Kalugin ha detto di avere subito una serie di pressioni psicologiche; la dimostrazione del clima pesantissimo delle ultime settimane.

L’avvocata Yana Nepovinnova ha riferito che il 24 febbraio con una collega non ha potuto incontrare i suoi assistiti nella caserma di polizia del distretto Vasileostrovsky di San Pietroburgo. Le avvocate hanno dovuto attendere oltre otto ore prima di vedere le persone fermate in piazza che hanno chiesto la loro assistenza legale. «Siamo state costrette – ha raccontato Nepovinnova – a sporgere due denunce indirizzate al Capo del dipartimento di polizia e abbiamo segnalato l’accaduto all’organismo di tutela dei diritti professionali dell’avvocatura» . Diritto di difesa compresso per l’avvocata Ksenia Brixa, anche lei di San Pietroburgo. La professionista ha raccontato le difficoltà ad entrare nel Tribunale distrettuale di Nevsky il 7 marzo scorso per assistere un suo cliente. In questo caso la polizia ha usato un metodo meno violento, riferendo che le restrizioni anti- Covid impedivano l’ingresso in aula. La conseguenza è stata che alcuni manifestanti fermati sono comparsi davanti al giudice senza difensore.

La tensione che si respira è stata evidenziata da Evgeny Tonkov, presidente della Commissione per la protezione dei diritti professionali dell’avvocatura. Tonkov si è detto preoccupato per i comportamenti assunti soprattutto dalla polizia. «Le forze dell’ordine – ha commentato l’avvocato con studio a San Pietroburgo - perdono spesso il controllo. Dobbiamo capire cosa li spinge a muoversi in questa maniera. Le violazioni del diritto di difesa non possono essere messe a tacere e devono essere denunciate». Svetlana Volodina, vicepresidente della Camera federale degli avvocati della Federazione Russa, in una intervista rilasciata sempre ad AG, ha sottolineato che la professione legale è «una vocazione e che implica diverse capacità e abilità». Difficile però in questo contesto per tanti avvocati russi lavorare bene, con serenità e mettere in pratica le conoscenze giuridiche. L’accanimento al quale stiamo assistendo nella Russia di Putin dimostra la deriva autoritaria, raggiunta, comunque, già da molto tempo, ma che si sta accentuando sempre di più con la guerra in corso in Ucraina. Eppure lo stesso presidente Putin dovrebbe sapere che avrà bisogno degli avvocati - i migliori del suo Paese prima di tutto - nel momento in cui sarà al cospetto della giustizia internazionale.

LE PROTESTE CONTRO L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA CON PERSONE CHE SONO SCESE PER LE STRADE DI MOSCA E SAN PIETROBURGO NONOSTANTE GLI ARRESTI DI MASSA

DMITRI LOVETSKY