Gaja CenciarelliTommaso Labranca detesta la retorica dei buoni sentimenti e le frasi fatte e io sono qui a scrivere al presente, stando molto attenta a non deluderlo. È una delle persone più colte che io abbia mai conosciuto, forse la più preparata in assoluto. La biblioteca della sua casa di Pantigliate è composta di testi che, al novanta per cento, non ho mai sentito nominare - e non sono propriamente una lettrice improvvisata.Con Labranca ci siamo conosciuti su Facebook nel settembre 2008. Eravamo ancora in pochi, e lui ne intuì subito le potenzialità linguistiche. Chi era con me li ricorda ancora come i "tempi d'oro" del virtuale. Se ne stancò presto, e quando se ne andò, anche Facebook cambiò irrimediabilmente. Mi sono avvicinata a lui con una buona dose di soggezione. Lo conoscevo di fama e mi pareva incredibile che potesse rivolgermi la parola, anche solo virtualmente. Entrambi ipocondriaci, entrambi amanti del cinema di Dino Risi, comunicavamo a colpi di citazioni tratte dal film Il vedovo. Io ero la sua Elvira, lui il mio Cretinetti. È talmente colto da poter essere l'unico, vero interprete del trash e del pop. Chaltron Hescon, Estasi del pecoreccio, Andy Warhol era un coatto, Il piccolo isolazionista, 78.08 sono stati uno spartiacque nella cultura letteraria italiana. Ha fatto parte dei "cannibali", il movimento letterario nato dall'antologia Gioventù cannibale, pubblicata da Einaudi nel 1996 e curata da Daniele Brolli. È stato tra gli autori di Anima mia, il programma condotto da Fabio Fazio e Claudio Baglioni che nel 1997 ha avuto un successo tale da assurgere a cult televisivo. È anche un traduttore sensibile e raffinato, perché la sua preparazione gli consente di affrontare qualsiasi ambito artistico, in un rimescolamento continuo di registri - l'alto e il basso - di incontestabile ricchezza. Negli ultimi anni ha fondato la casa editrice 20090, pubblicato Progetto Elvira e dato l'avvio alla bellissima rivista, stampata nel Canton Ticino, "Tipografia Helvetica".Attento ai particolari, preciso e puntuale fino alla pignoleria, era infaticabile. Milanese e profondo conoscitore delle tradizioni meneghine si era dedicato, appassionandosene, allo studio delle civiltà nordiche: l'Islanda, in particolare, lo aveva ispirato per il suo progetto chiamato Ansi Sæmur, in cui si esibiva, per pochi privilegiati, suonando uno xilofono ed emettendo vocalizzi. Tommaso Labranca è una persona geniale, con la vista acuta, uno spietato e lucidissimo dissezionatore dei nostri tempi: il suo Il re è nudo era gigantesco e crudele e non risparmiava nessuno. È l'unico a vedere con chiarezza che viviamo in un clima di basso impero, e a rifiutarsi di partecipare ai cori di esultanza che individuano un genio dietro ogni angolo. Ha rifiutato collaborazioni in ambito televisivo che avrebbero fatto la gioia di chiunque, me compresa. Mi diceva: «Voglio dormire tranquillo, chi me lo fa fare? E poi alla mia età posso permettermi di dire quello che penso». E lo diceva, fin troppo, come un vecchio zio bisbetico e incontentabile cui si porta la cena calda ogni sera, e che ogni sera ti rimprovera perché è insipida. E che si continua ad amare incondizionatamente.Tommaso Labranca, me lo auguro, diventerà autore di culto, il suo leggendario brutto carattere aiuterà gli esegeti a costruire il personaggio. I suoi testi sono troppo importanti, e il panorama culturale e letterario attuale troppo misero e bisognoso per concedersi il lusso di lasciarseli sfuggire. Repubblica, il Corriere, la Stampa, il Fatto e tutti i maggiori quotidiani italiani, insieme con i blog letterari più seguiti, riportano la notizia della sua morte, definendolo "outsider". Certamente era "al di fuori": non era organico al mondo editoriale così come lo conosciamo, nelle sue varie declinazioni e manifestazioni. Certamente sapeva essere feroce, eccessivamente spietato, livoroso, talvolta gratuito. Ma era geniale e lungimirante, sapeva cogliere lo spirito dei tempi, rielaborarlo, e raccontarlo. E del resto, di persone scontrose e intrattabili il macrocosmo dell'arte e della cultura è pieno. Tuttavia, lui restava out.Il nostro mondo, oggi, è come quando Tommaso Labranca se ne andò da Facebook: irrimediabilmente cambiato. Io, per parte mia, me ne sto sdraiata a mangiare una fetta di melone, sperando che arrivi alle mie spalle e mi gridi: CRETINETTI! Ma la speranza vuole tempo e di tempo non ce n'è.